Prima le buone notizie. Nel 2005, subito dopo l'entrata in vigore della legge 40 che regola la fecodnaizone assistita, solo una coppia su 10 riusciva a coronare il proprio sogno di avere un bambino.
Oggi ci riesce una su sei. Un miglioramento significativo, reso possibile grazie ai progressi della ricerca e delle tecniche nel nostro Paese, nonostante l’età delle donne sia in continuo aumento (LEGGI).
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"Con i nostri 36.2 anni di media e un 28,1% di over 40 che accede alla fecondazione deteniamo un vero e proprio record.
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Questo fattore incide in maniera indipendente sulla capacità procreativa che si esaurisce circa un decennio prima della menopausa” (LEGGI) spiega il prof. Andrea R. Genazzani, presidente del 15° congresso mondiale dell’ISGE (International Society of Gynecological Endocrinology), che si è svolto nei giorni scorsi a Firenze.
Insomma si fanno figli sempre più tardi, si accede alle tecniche di fecondazione assistita ancor più tardi ma - e qui arrivano le cattive notizie - ci si dimentica che la capacità riproduttiva non è infinita e soprattutto non si estingue solo nel momento in cui arriva la menopausa. Già dieci anni prima dell'entrata in menopausa questa capacità di procreare comincia ad esaurirsi e per questo decennio, in bilico tra fertilità e infertilità, gli esperti hanno coniato un termine nuovo: fertipausa.
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"Dovremmo cominciare a spiegare alla popolazione senza troppe illusioni che, nonostante i progressi compiuti, a 42/43 anni concepire, per via naturale o artificiale, è possibile ma estremamente difficile”, spiega la prof.ssa Rossella Nappi ricercatore presso il centro per la Procreazione Medicalmente Assistita dell’IRCCS Fondazione “S. Matteo” dell’Università di Pavia.
L’infertilità (GUARDA IL VIDEO) è dovuta nel 35,4% dei casi all’uomo, nel 35,5% la causa è femminile, nel 15% attribuibile a entrambi i partner e nel 13,2% è inspiegata.
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Tuttavia i grandi progressi compiuti nel campo della fecondazione assistita (LEGGI) negli ultimi anni lasciano ben sperare. “Siamo leader nelle tecniche di fecondazione in vitro con ovuli scongelati (3.284 cicli nel 2008) una scelta inizialmente “obbligata” dalla normativa ma ora sempre più diffusa a livello globale perché rappresenta una chance di conservare la fertilità per chi debba sottoporsi a terapie oncologiche Stiamo gradualmente riducendo i livelli di gravidanze plurime (oggi sono il 22,3% del totale), contiamo 350 centri, una tradizione di eccellenza eppure ogni anno ancora circa 10.000 coppie decidono di rivolgersi all’estero, una cifra pari al 30% dei 25mila europei che vanno in altre nazioni per ricorrere alla PMA”, spiega Genazzani.
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E alle donne che non si sentono ancora pronte per diventare madri o non hanno trovato l'uomo giusto, la prof.ssa Nappi ricorda che “fra le nuove opportunità da valutare vi è il “social freezing” cioè la possibilità di congelare gli ovociti in giovane età (sotto i 35 anni) (LEGGI) per poterli poi utilizzare quando la donna deciderà di diventerà madre. Oggi in Italia è possibile fare una pianificazione riproduttiva soltanto se si devono affrontare patologie come quelle oncologiche. Ma sempre più donne si informano su congelamento che potrebbe essere introdotto anche a livello generale, con costi a proprio carico”. Insomma, la ricerca non si ferma e promette di aiutare le donne a preservare la propria fertilità ancor prima di entrare nel periodo della fertipausa.