Il parto cesareo per me è sempre stato sinonimo di tranquillità e rapidità, un metodo “indolore” - sotto ogni punto di vista - per far nascere i bambini. Il gran numero di persone che ricorrevano al cesareo programmato - non solo per motivi medici ma semplicemente per comodità - mi confermava la bontà del metodo fino a quando non ci sono passata in prima persona: la diagnosi di un fibroma di 10 cm sulla parete destra dell'utero mi impediva di partorire naturalmente ed il cesareo diventava un passaggio obbligato.
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La prima reazione è stata di delusione perché il mio primo figlio era nato con un parto naturale che, grazie all'epidurale, oggi ricordo quasi come una passeggiata nonostante le 18 ore di travaglio.

12 cose sul parto che nessuno ti dice
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Con il cesareo però, avrei evitato anche quel poco che avevo patito, avrei conosciuto il giorno esatto del parto e questo mi consentiva di organizzarmi meglio, una cosa che non mi dispiaceva affatto avendo già un bambino di 4 anni a cui pensare.
Chi era già passato per questa esperienza mi rassicurava: “tranquilla, non è nulla, passa tutto”. “Vuoi mettere? Niente fatica, niente spinte, niente sofferenza per te e per la bambina...”, “Pensi signora che in Brasile ricorrono a questo metodo moltissime donne perché non vogliono rovinarsi i genitali. Lei è fortunata!” mi dice un giorno il ginecologo. Insomma, sto cesareo sembrava veramente una panacea e cominciavo a pensare che ormai a partorire naturalmente fossero rimaste solo donne integraliste autolesioniste.
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Dopo aver ascoltato opinioni, leggende e i consigli delle “amiche” mi sono dovuta scontrare con una realtà ben diversa: il cesareo non è una passeggiata, non è un'operazione indolore, è una vera e propria operazione chirurgica, la ripresa è lenta e molto dolorosa e le ripercussioni sul fisico durano a lungo, a volte per sempre.

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Il giorno della nascita di Alice mi sono diretta in sala operatoria entusiasta, pensando solo alla bambina ma l'acciaio, gli strumenti chirurgici, gli odori... mi hanno subito fatto passare un brivido nella schiena. E' stato tutto molto veloce per i medici è una routine, gli ospedali ormai sono catene di montaggio - e freddo, nulla a che vedere con il parto naturale e l'atmosfera che lo circonda: l'anestesista che ti punzecchia per capire se sei ben sedata, l'anestesia che fa effetto fin sopra il seno, il senso di estraneità con il tuo corpo, la sensazione che ora possono fare di te quello che vogliono perché non senti più niente dal collo in giù, la nausea, il vomito che provoca l'anestesia... e poi l'odore di bruciato che ti fa pensare ad un incendio in corso mentre in realtà è il ginecologo che sta cauterizzando la ferita. Perché prima ancora che ti renda conto di quello che sta accadendo hai già un taglio di 10 cm sul pube.
Tutto è diverso rispetto al parto naturale, eccetto l'emozione che provi quando senti il primo vagito e vedi il bambino. Ma
dopo la nascita, a livello fisico il peggio deve ancora cominciare.
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Una volta che si torna in camera si è ancora sotto l'effetto dell'anestesia e non si sente alcun dolore, ma anche se l'antidolorifico viene dosato attraverso la flebo questo non copre mai il 100% del dolore.
Il secondo giorno dopo il parto è, in assoluto, il peggiore
. L'antidolorifico non basta mai soprattutto quando la strega-infermiera ti costringe ad assumere il Metergin, una terribile pozione che ti provoca contrazioni per espellere i residui di placenta. Le contrazioni, però, dopo un cesareo avvengono su un utero tagliato e il dolore che ho provato, nonostante le dosi di Toradol che mi venivano regolarmente somministrate, erano
nettamente superiori ai dolori del parto naturale.

Il momento del parto
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Sono scesa dal letto il giorno dopo l'operazione per poter andare in bagno da sola ed evitare il catetere, nonostante le fitte dei punti che tirano che mi costringevano a camminare a 90°. Il dolore si attenua un po' ogni giorno ma, anche quando si torna a casa, si deve convivere con le contrazioni del Metergin (
va preso per 10 giorni!
), il dolore della ferita, stanchezza e fiatone, che ti assalgono al minimo movimento.
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A sei mesi dall'intervento
sento ancora il formicolio sulla pelle della pancia (ma ho conosciuto persone a cui, dopo anni, ancora non è passato) e se mio figlio quattrenne mi abbraccia all'altezza della ferita sento ancora dolore. La pancia è ancora un po' evidente nonostante faccia ginnastica e nonostante sia una persona magra. Mi è stato spiegato (solo molto tempo dopo il cesareo) che nel corso dell'operazione vengono spostati tutti gli organi e che questi ci mettono diverso tempo - in genere un anno - a ritrovare la loro collocazione. Senza contare l'aria che entra e che contribuisce in misura notevole al gonfiore.
ma non risolve perché gli addominali sono stati tagliati e la sensazione che si ha è che, nonostante la fatica, i muscoli non stiano lavorando.

Il momento del parto
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Dopo aver provato sia il parto naturale che il cesareo penso che il primo - affiancato da una buona anestesia epidurale - vinca nettamente sul secondo e
non capirò mai la scelta di chi, potendo partorire naturalmente, scelga di farlo in sala operatoria.
La protagonista di questo racconto su Cesareo e post cesareo è Marta, che per Pianetamamma aveva raccontato tutta la sua gravidanza a puntata, per leggerle cliccate qui
Per discutere di parto cesareo questo è il forum di Pianetamamma sull'argomento
Parto con taglio cesareo
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