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Depressione post parto: sintomi, durata, rimedi e prevenzione

di Valentina Colmi - 17.06.2020 Scrivici

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Che cos'è la depressione post parto, quali sono i sintomi e come affrontarla? Bisogna parlare e soprattutto non vergognarsi, senza sentirsi in colpa, e avere un colloquio con lo psicologo prima del parto

In questo articolo

Depressione post parto

Dopo la nascita di un bambino può capitare che la donna non si senta così felice come pensava di essere o come le hanno fatto credere che sarebbe stata. Al contrario potrebbe sentirsi sbagliata, inadeguata nel suo nuovo ruolo, triste senza motivo, irritabile e potrebbe soffrire di depressione post parto; una malattia sempre più diffusa, ma sottovalutata da molti. 

Cosa è?

Se di depressione dopo il parto si parla ancora poco, figuriamoci quando si cominciano ad avere dei possibili disturbi in gravidanza. La nostra società ci impone di vedere i cambiamenti fisici e emotivi dell’attesa solo in maniera positiva. Quante volte per esempio si nascondono i disagi di una gravidanza difficoltosa - magari per via delle nausee o di altri problemi - dicendo che va tutto bene? Anche nei corsi pre parto non se ne si fa quasi mai accenno. Ecco allora quello che ho scritto, perché - come sostengo ormai da sempre - bisogna parlare, e soprattutto non vergognarsi per capire come affrontare la depressione post parto.

Guardi i social e vedi foto di mamme che posano con il loro pancione in crescita. Sotto, la didascalia dell’immagine dice: “Non vedo l’ora che tu sia qui, sei il mio amore più grande”. Ti commuovi, metti un “mi piace” e poi rivolgi lo sguardo verso il basso: anche tu aspetti un bambino. Ti ritrovi a sorridere, a immaginare come sarà. Non hai idea, ti piace abbandonarti ai tuoi pensieri: sarà biondo o castano? Avrà i capelli? A chi assomiglierà la forma del naso? E intanto il tempo passa, il tuo ventre diventa sempre più tondo. Ti informi sui libri e sui manuali di puericultura: cerchi di reperire più informazioni possibili sulla nanna, sulle coliche, sul rapporto con il neonato perché anche se non puoi sapere come sarà, vuoi avere un minimo di preparazione.

Continui con la tua vita di prima, lavori, vedi gli amici, vai a cena, stai con il tuo compagno e discuti su quale trio e culla sono i migliori per i suoi primi sonni a casa. Ti piace avere tutta l’attenzione per te: tutti ti guardano, ti sorridono, ti lasciano persino il posto sul tram, cosa che prima non facevano mai. La tua famiglia ti tratta come una dea: non devi fare sforzi, non devi stancarti, devi riposarti. E tu sei felice, vorresti che questa felicità non finisse mai. Che ti trattassero sempre così, che la pancia non se ne andasse più via. Sei contenta quando senti il bambino scalciare, ti preoccupi se magari non lo avverti per qualche tempo, vai a fare le ecografie trepidante.

Depressione Post Partum: cause, sintomi e come intervenire?

In questo podcast la Dott.ssa Emmanuella Ameruoso, psicologa clinica, psicoterapeuta individuale e di gruppo, specialista in sessuologia e psicologia forense, ci parla della depressione post partum. 

Il blog della Dott.ssa Emmanuella Ameruoso

Depressione post parto quando arriva?

Alcune volte quando parli con tua madre pensi al tuo rapporto con lei. Magari non ne hai mai avuto uno particolarmente coinvolgente, ma non ci avevi fatto caso fino ad ora. Che tipo di mamma sarò? Ti viene da pensare. Una cosa è certa: cercherai di non assomigliarle, perché assomigliarle troppo comunque non va bene. Tu sei tu. Però mai come ora ti rendi conto che ti senti ancora figlia: vorresti essere coccolata di nuovo, rassicurata, vorresti parole buone, vorresti essere protetta come quando avevi paura. E adesso di paura ne hai tanta. Non lo devi dare a vedere però.

Tutti si aspettano che tu sappia cosa fare: tuo marito, i futuri nonni, le tue amiche. Non hanno il minimo dubbio sul tuo percorso come genitore. Se tutti fanno figli non sarà poi così difficile. Improvvisamente ti rendi conto che non sarai più sola.

Da una parte ti senti appagata, ma dall’altra non sai se ti piacerà. Non sai se sarai davvero preparata a prenderti cura in tutto e per tutto di un’altra vita; a svegliarti la notte, a cascare dal sonno, a rinunciare - almeno i primi tempi - ad un pezzettino di te stessa per darlo al tuo bambino. Quando ti vengono questi pensieri però li scacci via come le mosche: essere mamma è naturale, è la cosa più bella della vita, l’amore per il tuo bambino sarà assoluto, se non saprai fare qualcosa c’è l’istinto materno.

E se non ce l’ho l’istinto materno? No, ce l’hanno tutte, è impossibile”. “E se non riuscissi ad allattare?” “Figuriamoci, non sarà mica così complicato

Eppure a volte, nonostante quella felicità, senti una specie di rumore di sottofondo che provi ad ignorare, che è sempre lì e che ti fa pensare alla domanda delle domande: “Sarò in grado di fare la madre?”. Ti rispondi subito un “ma certo” e per non alzare il volume a quel rumore ti riempi la giornata di cose da fare: acquisti per il nascituro, tutine, corso di yoga prenatale, corso di acquaticità. E perché no anche l’ecografia in 3 e 4D: il bambino così lo puoi vedere, ma non lo vedi davvero. È lì nella tua pancia, così perfetto, eppure è ancora un’idea. E finché sarà un’idea tu puoi stare tranquilla.

Ad un certo punto del tuo percorso di gravidanza, andrai ad un corso pre parto. L’ostetrica sarà brava, simpatica, è la prima volta che ne vedi una in vita tua. Con le altre mamme vorresti provare ad andare oltre un “io sono alle 34esima settimana, ho le gambe gonfie e sempre la voglia di fare pipì”. Sembra che tutte sappiano cosa fare, come comportarsi, sono tutte al settimo cielo.

Anche tu lo sei, per carità, però ti piacerebbe parlare dei tuoi dubbi, non solo legati al parto, ma anche al rapporto con tuo figlio. Invece ti parlano di cambio di pannolino, di cura del bebè e di allattamento (che solitamente è dato per scontato). Ti portano anche una bambolotto con cui esercitarti. Allora è vero che quando si sta per diventare madri si ritorna anche bambine.

Tutto è bello, bellissimo, dipinto di rosa. Eppure ci sarà anche qualche risvolto negativo. Ci saranno dei momenti in cui non se ne potrà più, in cui si vorrà uscire da sole, in cui si vorrà fare una doccia senza nessuno che piange. Oppure potrebbe accadere di non stare bene. Forse per non avere un dopo traumatico, bisognerebbe che qualcuno si occupasse del prima. E come fai se anche tu stessa quando provi ad ascoltarti hai un terrore indicibile che possa capitare a te di essere una di quelle mamme che non vogliono il proprio figlio?

Innanzitutto stai tranquilla: se stai aspettando un bambino e non ti riconosci nello stereotipo della donna in attesa che vive “uno stato di grazia”, non sei sbagliata.

  • Ti capiterà di provare dei sentimenti ambivalenti, soprattutto legati all’ansia di non sapere che cosa ti riserverà il futuro o di come sarà accudire un bambino.
  • Magari anche una predisposizione caratteriale può esporti ad un maggiore stato di agitazione. Se hai un caso di depressione in famiglia o tu stessa in passato ne hai sofferto, può essere che ciò ti influenzi anche nel rapporto con il nascituro.
  • O ancora se hai una situazione economica precaria, se il padre di tuo figlio non è presente o sei molto giovane e questo può diventare un motivo di preoccupazione tanto da non dormirci la notte o al contrario da dormire sempre perché non vuoi pensare, non hai motivo di sentirti diversa o ingrata verso chi non può avere figli mentre tu sei incinta.

Tra i sintomi più evidenti fisici e psicologici:

  • sentirsi quasi sempre agitate, tristi
  • avere voglia di piangere spesso
  • non avere energie
  • difficoltà a respirare, tachicardia
  • inappetenza e perdita del peso
  • mangiare in maniera eccessiva
  • preoccupazione costante nei confronti del bambino per qualsiasi cosa
  • disinteresse nei confronti del neonato
  • sentimenti di colpa
  • timore di far male al neonato
  • disistima
  • perdita di interesse verso tutti e tutto

Se dovesse accaderti tutto questo non saresti meno madre, non saresti un mostro, semplicemente avresti bisogno di un po’ di aiuto per capire cosa sta succedendo. Non bisogna fare finta di nulla. La maternità è uno degli eventi più sconvolgenti nella vita di una donna, porta con sé un tumulto di emozioni, perché negarlo? Perché non permetti di dire a te stessa che anche se a volte tuo figlio ti starà antipatico, lo amerai comunque. I rapporti d’amore - quelli più profondi e veri - sono fatti appunto di ambivalenza. Non si capisce perché solo quello tra madre e figlio debba essere di amore assoluto, senza ombre e incertezze. Basterebbe così poco. Basterebbe chiederti anche in forma anonima con un questionario come stai vivendo la gravidanza. Se hai appunto ansia, insonnia, se hai dei pensieri negativi verso te stessa o verso il bambino.

Depressione post parto dopo un anno

La depressione post parto può apparire subito dopo la nascita del bambino o presentarsi anche dopo un anno. Secondo alcuni studi la sintomatologia può prolungarsi fino a due anni di vita del bambino. È sempre necessario valutare la situazione con il proprio medico per diagnosticare il problema e iniziare una terapia adeguata.

Si tratta di una malattia, la cui manifestazione è indipendente dall’ordine di nascita del bambino: non è detto che una madre che non ne abbia sofferto in seguito alla nascita del primo figlio non possa soffrirne dopo la nascita di altri figli.

 

  • Potresti magari avere un colloquio con lo psicologo prima del parto per raccontargli un po’ di te e di che cosa ti preoccupa. Spesso non è il futuro a preoccupare, ma il passato, anche se non te ne rendi conto. Se hai avuto una famiglia troppo presente che ti ha impedito di vivere come volevi tu, se non hai molta fiducia in te stessa o se appunto il tuo compagno magari non è molto presente e non ti supporta tanto. Magari ti può capitare di piangere spesso e non sono per gli ormoni. Tutti segnali e sintomi da considerare, senza però sentirsi in colpa. Prendi solo atto che quel rumore di sottofondo va ascoltato e non ignorato.
  • Al corso di accompagnamento alla nascita - ecco appunto dovrebbero accompagnare in tutto e per tutto, anche nelle avversità - dovrebbero parlare anche di quello che non si vorrebbe sentire. Nessuno sembra però prendere in considerazione che qualcosa possa accadere. Gli incontri con gli psicologi sono facoltativi, oppure in una lezione dove nessuna avrà il coraggio di aprirsi davanti a delle sconosciute. Tu stessa non avresti il coraggio di farlo, ma riflettendoci sai che non c’è niente di male. Ma quanto ne sanno le ostetriche e i ginecologi del dopo? Ecco perché i corsi pre parto dovrebbero iniziare ben prima della fine della gravidanza, ma attorno al 4 mese, quando si incominciano a sentire i movimenti del bambino. In questo modo si potrebbero condividere più intensamente tutte le emozioni che si stanno attraversando lungo il percorso. Si aiuterebbero le mamme ad essere informate su ciò che succederà loro e così si potrebbero sentire più accolte, protette e ascoltate. Eppure sembra che non ci sia mai tempo.
  • Fortunatamente ci sono degli esempi virtuosi: alcuni ospedali - come il San Carlo Borromeo di Milano, il Macedonio Melloni o quello Manzoni di Lecco - si adoperano per individuare chi è difficoltà prima del parto attraverso la formazione di operatori sanitari e poi intervenendo sulle donne. E poi ancora delle associazioni come L’Oasi delle Mamme di Pesaro che si prendono carico delle future mamme proponendo dei corsi pre parto “alternativi” che affrontano anche l’aspetto emotivo e psicologico della gravidanza. Sono esempi virtuosi, talmente tanto da dover essere nominati come eccellenze. E invece potrebbe essere così ovunque, l’eccezione potrebbe diventare la regola. 
  • Si dovrebbe educare alla maternità da subito, dal momento in cui quelle due lineette appaiono sul test. Perché anche vivere i primi tre mesi con il terrore che qualcosa possa andare male non è una passeggiata. Dovrebbero accoglierti e dedicarti del tempo. Purtroppo non sempre in ospedale, soprattutto nei grossi punti nascita, si riesce a farlo. Allora ci si potrebbe rivolgere ai consultori, ma anche questi a volte non sono in grado di gestire il lavoro, non per cattiva volontà, solo perché non c’è personale o i fondi per i progetti interessanti non si trovano.
  • Si dovrebbe avere il coraggio di pronunciare quello che viene considerato l’indicibile: si può avere paura, a volte quasi terrore, si può essere a conoscenza del fatto che quando il bambino nascerà potrebbe non esserci fin da subito una gioia e il percorso potrebbe iniziare in salita. Però non bisogna nascondersi, non devi farlo mamma e soprattutto non vergognartene. Comincia a condividere se c’è qualcosa che non va: al corso pre parto, con il tuo ginecologo, con l’ostetrica. Non importa se all’inizio non otterrai risposte, vedrai che a furia di parlarne, il velo di omertà verrà scostato.
  • E soprattutto dillo a tuo marito, a tua madre, al le tue amiche: non sei sola, anche se a volte ti sembra di sì. Perché diventare mamma è un viaggio meraviglioso, pieno di incognite e cose da imparare. Solo tu sai qual è la chiave per vivere bene il tuo bambino: non esitare. E non esiti anche chi segue la donna durante la gravidanza: la strada è ancora lunga, ma insieme il percorso può essere meno duro.

Come affrontare la depressione post parto

Ecco alcuni dei consigli del Dottor Luigi Mastronardi su come affrontare la depressione post parto:

  • Prendiamoci del tempo per noi stesse, anche solo 15 minuti al giorno. Possiamo leggere, dedicarci a creare qualcosa, fare un bagno, meditare, insomma dedicarci a qualcosa che ci dia piacere e ci rilassi.
  • Cerchiamo di riposare. Approfittiamo dei momenti in cui il piccolo dorme.
  • Facciamo attività fisica. È sufficiente fare qualche giro intorno all’isolato: l’aumento del metabolismo e il fatto di ‘aver preso aria’, arrecherà un immediato benessere psicofisico.
  • Rilassiamoci. Respiriamo profondamente e facciamo ricorso ad immagini rilassanti, per ritrovare uno stato di calma e serenità.
  • Nutriamoci bene con una corretta dieta post parto, prediligendo, frutta, cereali e verdura. Limitiamo l’uso di caffeina, alcol e zuccheri.
  • Teniamo un diario. Scrivere dei nostri sentimenti ed emozioni può essere un modo per “scaricarci”. Appena ci sentiremo meglio potremmo rileggere il diario e notare i progressi fatti.
  • Accontentiamoci di portare a termine anche una sola cosa in una giornata. Ci saranno giorni in cui non saremo riusciti a concludere niente: accade a molti neo-genitori.
  • Ricordiamoci che è normale sentirci sopraffatte dai tanti nuovi impegni. Ci vuole del tempo per adattarsi ai cambiamenti che un figlio comporta.
  • Soprattutto, cerchiamo di mantenere il legame con nostro figlio. Non è facile quando si è depresse, ma è fondamentale per un neonato poter mantenere un legame con la propria madre per un’adeguata crescita fisica ed emotiva.

Come mantenere il legame con il neonato

Ecco cosa possiamo fare praticamente per mantenere questo legame:

  1. Allattiamo spesso (ogni 2-3 ore), appartandoci in un posto tranquillo in cui sappiamo che non saremo disturbate. Rilassiamoci, cerchiamo di godere del contatto con il bambino, guardandolo negli occhi. Lo stesso vale se il nostro bambino non è allattato al seno, ma con il biberon, lasciando però trascorrere il tempo necessario tra una poppata e l’altra.
  2. Facciamo in modo che il bambino possa riposare in un luogo tranquillo e approfittiamone per riposare anche noi insieme a lui. Il riposo è fondamentale per entrambi.
  3.  Prendiamo spesso in braccio il bambino e parliamogli dolcemente. Cambiamogli spesso il pannolino, facciamo in modo che non senta troppo caldo o troppo freddo.
  4. Coinvolgiamo il partner, parenti e amici nella cura del bambino.
  5. Se abbiamo già un bambino, ricordiamoci che potrebbe soffrire per la quantità di attenzioni prestate al nuovo arrivato. Prendiamoci del tempo per stare con ognuno dei bambini e dimostriamo ad entrambi il nostro affetto. Incoraggiamo il bambino più grande a prendersi cura o a giocare con il neonato.
  6. Non rintaniamoci in casa: uscire con il nostro bambino farà bene ad entrambi.
  7. Se ci sentiamo sole, stanche, frustrate o arrabbiate, lasciamo pure il bambino a qualcuno di cui ci fidiamo e prendiamoci del tempo per noi stesse. Non sentiamoci in colpa per questo. Solo se saremo serene potremo trasmettere benessere e serenità ai nostri figli: quindi facciamo del nostro meglio per farci del bene.

C'è chi è riuscita a lottare contro la depressione post parto, ma ci sono anche donne che ne sono rimaste vittime.

Io ne ho sofferto e a 3 mesi dalla nascita di mia figlia Paola; ho chiesto aiuto e ho portato avanti un percorso di rinascita che mi ha portato a desiderare un altro bambino. Sono stata fortunata. La depressione post partum in realtà è stata una benedizione, un disegno per rendermi più forte, avere più fiducia in me stessa.  

La depressione post parto si può prevenire e va trattata subito alla prima insorgenza, per evitare che sfoci in una malattia, più difficile da combattere. Ci sono dei fattori di rischi e indicatori da indivuare per intervenire in tempo. Qualora si riscontrino sintomi anche durante la gravidanza, è necessario assistere subito la gestante con la psicoterapia, un'assistenza e una cura adeguata.

L'espressione inglese baby blues significa letteralmente bambino triste, ma viene utilizzata per indicare l'umore della mamma. Si tratta di un disturbo fisiologico legato alla produzione di ormoni che si presentano nella fase di normalizzazione del corpo e dell'allattamento. Il cambiamento ormonale influenza lo stato d'animo della neomamma che prova un senso di inadeguatezza, irritabilità e tristezza inspiegabile. A differenza della depressione post parto, che è un problema di salute pubblica di notevole importanza, il baby blues è un disturbo transitorio, di breve durata. Raggiunge il suo apice circa 4 giorni dopo il parto, ma poi svanisce nel giro di pochi giorni, o comunque non oltre due settimane dal parto.

Depressione post parto non curata 

La depressione post parto viene spesso sottovalutata, non accettata o riconosciuta dalle stesse donne che ne soffrono. C'è un velo di omertà, di paura e vergogna nell'esprimere i propri sentimenti e i propri limiti. Ma l'emozione prevalente è un senso di colpa che pesa come un macigno sulla donna, perché si sente inadeguata, sbagliata, cattiva e giudicata da un esercito di mamme perfettine. L'atteggiamento è quindi spesso quello di chiudersi a riccio, far finta di nulla e sperare che la paura, la tristezza, l'ansia e le preoccupazioni spariscano.

Spesso si dimentica che la depressione post parto se non viene curata e trattata tempestivamente può avere ripercussioni serie non solo sulla psiche della mamma, ma anche sulla vita di coppia e sulla crescita e lo sviluppo del bambino.

In genere, nella maggior parte dei casi, la depressione post parto, se riconosciuta e trattata in tempo, può lentamente sparire. Ma secondo una ricerca dell'Università belga di Leuven, una percentuale variabile di donne non riesce a superare questo "mostro" che ciclicamente tornerà e si presenterà nei periodi di maggiore stress e non solo.

Può quindi diventare un disturbo cronico ed essere il consolidamento di un problema già esistente in passato. Per questo è fondamentale intervenire subito e fornire un'adeguata assistenza alle donne che chiedono aiuto e vogliono liberarsi di questa forma di depressione che inquina il legame tra neomamma e bambino.

Durata della malattia

Quanto dura la depressione post parto? Non c'è una risposta univoca a questa domanda, in quanto può variare e dipende da diversi fattori e dalla gravità del quadro clinico. Nella maggior parte dei casi gli episodi depressivi più lievi hanno una durata non che può andare da qualche settimana a pochi mesi. Mentre stati depressivi più gravi o cronici possono durare da un anno a diversi anni.

Se una mamma lavora e soffre di depressione post parto, quali sono i suoi diritti? In caso la malattia venga diagnosticata durante il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro non cambia nulla, in quanto eventuali malattie in questo periodo non si conteggiano a parte e non estendono i termini dei 5 mesi. Se invece la mamma si ammalasse nel periodo di maternità facoltativa, può chiedere la sospensione della fruizione del congedo parentale e richiedere l'indennità per malattia. Questa scelta va comunicata al datore di lavoro mediante un certificato medico. La lavoratrice è tenuta a rispettare gli orari di reperibilità delle visite fiscali.

Anche l'uomo non è escluso da una serie di stravolgimenti a livello psichico nel momento in cui diventa padre. La sintomatologia può variare come per le donne: vomito, crampi allo stomaco, inappetenza, disturbi del sonno, mal di testa, ma anche ansia e depressione. Diversi studi hanno dimostrato che anche gli uomini hanno un coinvolgimento emozionale durante la gestazione che prende spunto dalla sindrome della couvade. E come nel caso delle neomamme, anche per i neopapà è importante intervenire subito per ottenere sostegno e assistenza necessaria in modo da poter superare la malattia e godersi la paternità.  

Letture consigliate sulla depressione post parto

Tra i libri che vi consigliamo sull'argomento:

  • Out of the blue- Rinascere Mamma

"Valentina ha dato alla luce la sua bambina, ma qualcosa non quadra: piange, è sempre triste. Non se lo aspetta, avendo tanto desiderato la sua primogenita, ma sta soffrendo di depressione post parto. Valentina decide di chiedere aiuto ad una psicologa e questo momento così difficile si rivelerà un'opportunità di crescita inaspettata. Dopo mesi di terapia, finalmente il peso sul cuore diminuisce e la neo mamma decide di mettere a disposizione la sua esperienza, per far sì che altre non si sentano sole come lei." L'intervista di PianetaMamma qui ->Intervista a Valentina Colmi, autrice di Out of the Blue

Contatti
Dott. Luigi MASTRONARDI
Via Giorgio Baglivi,6
00161-Roma
Tel. 06.440.43.69
lmastronardi@iaform.it

Domande e risposte

Depressione post parto: quanto tempo posso assentarmi dal lavoro nel periodo di congedo parentale?

La mamma lavoratrice può decidere di sospendere il congedo parentale (un’indennità giornaliera pari al 30% della retribuzione) per ottenere l’indennità per malattia, cioè la retribuzione che il lavoratore riceve in busta paga in caso di assenza per problemi di salute. Il compenso è dovuto dall'INPS, ma anticipato dall'azienda

Esiste la depressione post partum maschile?

Esiste anche tra i padri la depressione post partum e in Italia ne soffre circa il 4% degli uomini. Sono più a rischio i papà con la nascita del primo figlio. Assenza  di sonno e scarso appetito sono i segnali più frequenti

Depressione post parto: quanto tempo posso assentarmi dal lavoro durante la maternità?

La mamma che soffre di depressione post partum può assentarsi dal lavoro per un periodo non superiore alla maternità, pari a 5 mesi totali. (Di solito si tratta dei due mesi precedenti la data presunta del parto e i tre mesi dopo il parto oppure un mese prima e quattro dopo a seconda della scelta che la lavoratrice decide di fare.

Depressione post partum. A chi rivolgersi?

Quando i sintomi della depressione post partumm non vanno via, è bene rivolgersi a uno specialista o a un centro dedicato come quelli che troverete nel sito depressionepostpartum.it

Come aiutare chi soffre di depressione post partum?

Aiutate la mamma che ne soffre, ascoltando, facendola parlare. Datele un sostegno nella gestione del neonato e della casa. Aiutatela ad affrontare i cambiamenti che ci saranno nella sua vita. Inoltre è importante spingerla a rivolgersi ad un esperto, soprattutto nel caso in cui i sintomi perdurino

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