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Violenza ostetrica, cos'è e come riconoscerla

di Francesca Capriati - 04.10.2022 Scrivici

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Fonte: shutterstock
Violenza ostetrica: sempre pù numerose le testimonianze di donne che hanno subito violenza ostetrica in Italia. Ma cos'è e come riconoscerla?

Violenza ostetrica

Quando si parla di violenza sulle donne si pensa comunemente alla violenza perpetrata in ambito domestico o in altre situazioni più o meno facili da individuare. Difficile pensare che una donna possa essere vittima di violenza anche durante il parto, eppure è così. Le testimonianze di donne che hanno vissuto quello che doveva essere il momento più emozionate della propria vita in un contesto privo di empatia, rispetto e carico di indifferenze e aggressività sono sempre più numerose, al punto tale che diversi studiosi, esperti e organizzazioni sono a lavoro per studiare più compiutamente cosa sia la violenza ostetrica e come sia possibile riconoscerla, ma anche prevenirla.

In questo articolo

Cos'è la violenza ostetrica

La violenza ostetrica è solitamente definita come l'appropriazione medica del corpo e dei processi riproduttivi delle donne durante il parto, che provoca una perdita di autonomia e nega alle donne il diritto di prendere decisioni sul proprio corpo.

E' comunque difficile circoscrivere l'ambito in cui la violenza ostetrica può essere perpetrata: può includere il negare alle donne il diritto di praticare importanti riti culturali durante il parto, l'abuso fisico e verbale, la coercizione per ottenere il rispetto dei consigli medici o dei protocolli ospedalieri, la fornitura di routine di interventi privi di una base di prove (come l'episiotomia o la ventosa) e senza il consenso informato delle donne.

Ricercatori e attivisti usano la definizione di violenza ostetrica per descrivere un'ampia gamma di abusi durante il parto.

Come riconoscere la violenza ostetrica

Per sapere se siamo in presenza di una violenza ostetrica basterebbe rileggere le indicazioni contenute nella Carta dell'assistenza rispettosa alla maternità, presentata dall'Osservatorio sulla Violenza Ostetrica (OVOItalia).

Ad esempio: 

  • Nessuno può costringere o sottoporre a trattamenti e/o pratiche te o il tuo neonato, senza informarti e senza avere il tuo consenso. Ogni donna ha diritto all'autonomia, a ricevere informazioni e fornire il proprio consenso informato o rifiutare le cure che le vengono offerte. Ogni genitore o tutore ha il diritto di ricevere informazioni e fornire il consenso informato o il rifiuto per le cure del proprio neonato, nel suo migliore interesse, salvo diversa disposizione di legge.
  • Nessuno è autorizzato ad umiliare, insultare verbalmente, parlare o toccare te o il tuo neonato in modo umiliante o irrispettoso. Entrambi dovete essere assistiti con rispetto e gentilezza.
  • Nessuno può impedire, negare o rifiutare, di prestare l'assistenza sanitaria necessaria, né a te né al tuo neonato. Entrambi avete diritto ad un'assistenza della massima qualità, fornita in modo tempestivo, in un ambiente pulito e sicuro, da operatori sanitari formati sulle migliori evidenze disponibili.

Violenza ostetrica in Italia

Secondo i dati emersi dalla ricerca nazionale realizzata dalla Doxa per conto dell'Osservatorio sulla violenza ostetrica in Italia in collaborazione con le associazioni La Goccia Magica e CiaoLapo Onlus, relativa agli anni dal 2003 al 2017, il 21% delle mamme italiane con figli di 0-14 anni avrebbe subito maltrattamenti fisici o verbali durante il parto nonchè azioni lesive della dignità psicofisica.

Sono dati ancora parziali? La campagna #BastaTacere, lanciata sui social nework da Elena Skoko e Alessandra Battisti del Network internazionale "Human rights in childbirth" (Diritti umani alla nascita), con l'hashtag internazionale #breakthesilence, si propone di riuscire a far emergere i tanti casi di violenza ostetrica sommersi.

C'è da precisare che, dopo la pubblicazione di questi dati, l'AOGOI (Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri) ha diffuso una nota nella quale si legge: "Nel documento diffuso sono riportate gravissime espressioni offensive che evocano deplorevoli comportamenti ascrivibili al profilo professionale ostetrico (ostetriche, medici e personale sanitario), mai tenuti e mai provati, inducendo nella mente del lettore una ingiusta ed intollerabile completa distorsione della realtà sanitaria italiana ed in particolare dell'assistenza ostetrica e al parto, conseguendo un risultato gravemente diffamatorio e lesivo della reputazione dei professionisti. Si utilizzano tanto citazioni e descrizioni tendenziose totalmente destituite di fondamento, quanto espressioni meno dirette ma non di minor pericolosità perché insidiose e suggestive là dove si parla di mamme italiane che sarebbero state vittime di una forma di violenza fisica o psicologica ad opera del personale ostetrico, o che avrebbero subìto un'assistenza al parto lesiva della propria dignità e integrità psicofisica.

Si accusa il personale sanitario, medici ed ostetriche, di praticare episiotomie "a tradimento", selvagge, inutili e dannose senza il consenso delle partorienti, praticamente menomandone la vagina e i perinei per puro sadismo, descrivendo questa come subdola e crudele pratica di menomazione genitale "senza scopo e utilità". Si descrive un desolato quadro con tanto di cifre e percentuali, di donne che quando sono meno sfortunate perché non fatte oggetto di pratiche di violenza sadica e sconsiderata, sono comunque abbandonate, trascurate, lasciate in solitudine sotto il profilo umano e assistenziale, perfino neglette nell'insorgenza di complicazioni ed esposizione a pericolo di vita.

Si conclude con l'affermazione che le violenze inferte, i danni causati, le condotte in spregio alla dignità e riservatezza, sarebbero la causa del decremento di natalità in Italia per le conseguenti decisioni delle primipare di non volere altri figli!

Appare evidente la gravità della falsa ricostruzione di una sanità italiana che è costituita da ostetriche e medici ostetrico-ginecologi sadici o incuranti della persona, che mietono vittime per pura crudeltà".

Come denunciare la violenza ostetrica?

Cosa dice la legge sulla violenza ostetrica in Italia? Attualmente non esiste una legge che tuteli le donne in sala parto contro la violenza ostetrica. La prima definizione giuridica di violenza ostetrica risale al 2007, in Venezuela, e la ritroviamo nell'articolo 15.3 della Ley Orgánica sobre el Derecho de las Mujeres a una Vida Libre de Violencia.

Tuttavia nel 2019 un passo molto importante è stato compiuto dalle Nazioni Unite. Il rapporto stilato della Relatrice Speciale sulla violenza contro le donne del Consiglio per i diritti umani, Dubravka Šimonović, che aveva analizzato i dati relativi ad oltre 128 organizzazioni governative, non governative, istituzioni indipendenti e accademiche, la violenza ostetrica va configurata come una vera e propria violenza di genere e quindi una violazione dei diritti umani.

Cosa dice l'OMS sulla violenza ostetrica?

L'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) nel 2014 ha pubblicato una Dichiarazione per la prevenzione ed eliminazione dell'abuso e della mancanza di rispetto durante l'assistenza al parto presso le strutture ospedaliere, in cui vengono elencati i tipi di trattamenti ritenuti "irrispettosi e abusanti" nei confronti delle donne da parte del personale sanitario.

A questa dichiarazione sono seguite, 4 anni dopo, le Raccomandazioni dell'Oms sull'assistenza per "un'esperienza di parto positiva" che rappresentano un punto di partenza per delle linee guida, stabilite dai vari Paesi, che sono basate sul rispetto dei diritti umani anche durante il parto.

Quindi: si può denunciare?

Dal momento che, dal 2019, la violenza ostetrica è considerata una violazione dei diritti umani oltre che una violenza di genere, si può e si deve denunciare, anche per contribuire a far emergere i casi di violenza ostetrica in Italia che troppo spesso vengono sottostimati.

Come fare? Dopo il parto denunciare gli eventi a:

  • Direzione dell'ospedale,
  • sezione del Tribunale del malato dell'ospedale,
  • Direzione generale dell'Azienda Sanitaria Provinciale,
  • Carabinieri o Polizia.

Nella segnalazione vanno indicati i nomi dei sanitari e i loro comportamenti.

Il piano del parto è uno strumento in cui noi possiamo scrivere tutte le nostre richieste e che l'ospedale in cui ci rechermo per avere un bambino è tenuto a soddisfare il più possibile.

Si tratta di un foglio che viene intestato alla direzione dell'ospedale e ai responsabili del reparto in cui è possibile fare un elenco delle proprie richieste relative al parto.

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