L’Italia è il Paese europeo dove si effettuano più
cesarei. I dati diffusi dalla
Società Italiana di Medicina Generale mostrano che il 38,4% delle donne partorisce con un
cesareo, contro il 14% dell’Olanda o il 25% del Regno Unito.
Il parto cesareo dovrebbe rappresentare un’eccezione, un intervento chirurgico che va eseguito solo in caso di effettiva
necessità, per salvaguardare il bene della mamma o del bambino.
Invece poco meno della metà delle donne partorisce con il cesareo, una tendenza che si sta lentamente modificando, anche grazie alle campagne di promozione del parto vaginale e alle pressioni esercitate dalle istituzioni sulle strutture sanitarie, ma che resta comunque preoccupante.
Il cesareo resta sempre e comunque un intervento chirurgico, e quindi comporta dei rischi, soprattutto per la madre. Tuttavia c’è da sottolineare che, nonostante l’alta percentuale di cesarei, l’Italia è uno dei Paesi più sicuri d’Europa in cui partorire, con una mortalità materna in linea con le medie europee pari a 11.8 su centomila nati.
Resta il nodo relativo ai rischi legati all’anestesia e all’intervento in sé e ai tempi di
ripresa che sono generalmente più lunghi di quelli di un parto vaginale.
Partendo dai dati e dalle riflessioni espresse da
LaVoce.it e da
Giornalettismo vale la pena dare uno sguardo innanzitutto alla distribuzione dei cesarei in Italia. Man mano che si scende verso
sud la percentuale di cesarei aumenta e questo essenzialmente perché i medici che operano nei punti nascita più piccoli (quelli che effettuano meno di 500 parti l’anno e che il Ministero della Salute giudica poco sicuri al punto tale da volerli chiudere) preferiscono programmare un cesareo perché non è garantita assistenza 24 ore su 24.
Ma ci sono anche altre ragioni per cui i cesarei sono così frequenti.
Il parto cesareo costa molto di più di un parto vaginale. Basta dare un’occhiata alle statistiche delle cliniche convenzionate, dove si toccano le più alte percentuali di cesarei, per sospettare che dietro la maggior parte dei cesarei che vengono eseguiti con una motivazione medica in realtà ci sia la volontà di battere cassa e di guadagnare di più.
Inoltre spesso sono proprio le partorienti che preferiscono partorire con un cesareo: una data programmata e l’idea che col cesareo si soffra di meno. Per questo le Linee guida più recenti diffuse dal Ministero e finalizzate a promuovere la naturalità del parto puntano molto sui corsi di preparazione al parto e sulla sempre maggiore diffusione di strumenti che possano aiutare le donne ad arrivare preparate al momento del parto.
Ma ancora forse non si è centrato il problema. Se si preferisce un cesareo perchè si teme il
dolore forse un buon modo per abbattere la percentuale di cesarei sarebbe quello di promuovere e garantire a tutte le donne l’accesso gratuito
all’epidurale. Una parola che nel nostro Paese è ancora carica di pregiudizio. Resta ferma la convinzione che il parto
DEBBA essere doloroso e naturale e quindi niente cesareo e nemmeno
l’epidurale. Quando guardiamo a ciò che accade all’estero dimentichiamo troppo facilmente che proprio nei Paesi dove si fanno meno cesarei il parto indolore e l’accesso all’epidurale sono diritti garantiti a tutte le donne.
Proprio nei giorni scorsi la Società italiana di anestesia analgesia rianimazione e terapia intensiva (Siaarti) ha denunciato l’anomalia tutta italiana: solo al 20% delle donne viene concesso di partorire con l’epidurale.
Eppure negli ospedali che offrono l’epidurale 24 ore su 24 ne viene fatta richiesta dal 90% delle partorienti.
Cosa si può fare? Se si agisce concretamente si riesce ad invertire la tendenza. Lo dimostra la
Lombardia che ha equiparato i rimborsi per cesareo e
parto naturale e ha incentivato il ricorso al parto naturale analgesico riuscendo ad abbattere la percentuale di cesarei.