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Quando è il momento giusto per avere un figlio
Esiste realmente un momento specifico per avere un bambino? Forse sì. La distinzione tra desiderio di maternità e il desiderio di gravidanza ha permesso di definire due distinti vissuti nella vita di ogni singola donna, a volte non coincidenti tra loro. Questa differenziazione non sempre viene posta poiché non si conosce la reale e diversa percezione di tale condizione.
Il desiderio di gravidanza
La vita biologica di una donna, molto significativa dal punto di vista psicologico, è caratterizzata da due principali fasi: il menarca e la menopausa. Ciò determina la sua capacità procreativa dall’adolescenza sino all’età matura e che dura circa 37 anni. La gravidanza rappresenta quindi una prova rispetto al proprio funzionamento fisiologico e alla propria potenzialità generativa. Molto spesso le adolescenti, che maturano sul piano fisiologico, ‘fantasticano’ su questa possibilità e sul loro processo di sviluppo, sul piano personale e sociale, per ottenere una propria autonomia dalla famiglia d’origine ed in particolare dalla madre con la quale si identificano. Una gravidanza, o un’eventuale opportunità di questo tipo, permettere di trionfare sulla genitrice ‘attestando’ la propria ‘adultità’.
Test: La vostra coppia è pronta per un figlio?
L’aspetto inconscio di tali dinamiche, naturalmente non consapevoli, non rare volte dà vita ad una gravidanza effettiva che poi sfocia in un aborto terapeutico data la giovane età delle ragazze nonché la loro acerba esperienza sul piano sessuale. La gravidanza rappresenta quindi un tentativo di separazione-individuazione dalla figura genitoriale definendone i confini e la propria femminilità. È possibile quindi che ci sia una sorta di ‘antagonismo’ vissuto dalle adolescenti che vogliono prevaricare su di una madre dominante, decisamente giovanile e femminile o a lei assomigliare per via del processo di naturale identificazione. Ma non solo.
Il desiderio di gravidanza è una condizione prettamente fisica e può riguardare anche la donna adulta che vorrebbe vivere, ‘provare’ la condizione di gestante, di cambiamento corporeo ma che differisce dal desiderare un figlio e quindi da una maternità.
Il desiderio di maternità
Tutte le donne, o la maggior parte di esse, desiderano diventare madri. La maternità dal punto di vista personale è una conseguenza dell’evoluzione psicologica della donna e si configura con una voglia di accudire, di dare, di rivolgere la propria attenzione e affettività verso qualcuno, insomma dedicarsi alla crescita di un altro essere, spostando quindi l’attenzione dalla propria persona verso qualcuno di esterno. La maternità ha degli aspetti psicologici molto profondi poiché rappresenta una crescita interiore particolarmente intima e decisiva. Assumersi la responsabilità della vita di un altro essere permette di andare oltre se stessi ed il proprio egoismo.
L’età nel concepimento non sempre coincide con il momento migliore per avere un figlio. È chiaro che l’età di spicco e di maggiore fecondità è attorno ai 25 anni poiché la capacità riproduttiva tende a diminuire mano a mano che gli anni passano, e oltre i 35 si riduce drasticamente. Ma questa è soltanto una valutazione di tipo biologica. I fattori che determinano il ‘manifestarsi’ del momento opportuno per avere un figlio è spesso una sinergia tra il desiderio di gravidanza e il desiderio di maternità condizione ottimale che delinea un evento decisivo nella vita di ogni singola donna. Per anni può capitare di non pensarci o di rimandare continuamente per via di un bisogno più impellente quale l’autoaffermazione professionale, perché si ha ancora voglia di divertimento o di fare nuove esperienze, o per questioni di tipo pratico oppure semplicemente perché non ci si sente pronti. Ma poi finalmente il momento arriva, improvvisamente magari per via dell’orologio biologico che segna il tempo e non si può fermare, o perché tutte le amiche attorno cominciano a rimanere incinte. Allora il pensiero diventa a volte un’ossessione e la sofferenza può prendere il sopravvento. Avere un figlio in giovane età significa dedicare fisicamente energie ben diverse da quelle che si hanno in età adulta.
Sovente si ragiona in termini di ‘forza fisica’ ma a frenare molte donne non è l’età bensì la realizzazione personale. È anche da considerare che diventa sempre più difficile portare avanti una relazione senza che questa possa portare a problematiche specifiche. Il numero dei soggetti single è aumentato notevolmente negli ultimi anni.
Avere un figlio in età matura, oltre i 35-40 anni, spaventa perché significa dover rinunciare a tanti aspetti della vita dello stesso dato che, una volta cresciuto, il tempo che i genitori avranno dinanzi a sé si sarà ridotto notevolmente. Allora mettere al mondo un bimbo oltre i 40 anni è considerata una forma di egoismo e quindi si decide di rinunciare. Ma chi lo stabilisce, se non la coppia stessa? Molto spesso non sono soltanto i fattori contingenti legati al lavoro o all’autoaffermazione sociale o alla voglia di protrarre l’adolescenza fino oltre il limite massimo quanto piuttosto la difficoltà a realizzare la gravidanza che non arriva.
L’infertilità sine causa è abbastanza frequente all’interno di coppie che per anni cercano di realizzare un sogno senza nessun risultato. Cosa fare? Il momento giusto per mettere al mondo un figlio è decisamente quando la coppia è pronta. L’evento, che produce un enorme stress sia dal punto di vista personale, relazionale e fisiologico, ha necessità di essere interiorizzato, accettato e poi realizzato. Qualche volta, queste fasi non sono in successione tra loro e non seguono un’evoluzione graduale poiché la coppia può trovarsi improvvisamente dinanzi ad una gravidanza inattesa mentre per altre non esiste minimamente tale opportunità e la realizzazione non completa il ciclo evolutivo.
Molti, infatti, programmano la gravidanza quando sentono di poter affrontare serenamente tutto ciò che essa comporta e quindi vivono l’attesa con una forte aspettativa di riuscita. Ma non è detto che accada sempre così. Molte gravidanze sono casuali e l’età del concepimento è varia.
Allora resta semplicemente una sola risposta alla domanda iniziale che non ha un tempo specifico ma solo una risposta interiore: quando si è pronti. Cioè quando ci si sente completi e risolti, ossia quando le problematiche adolescenziali, familiari, di coppia ma soprattutto legate alla propria persona sono state nella maggior parte elaborate. La dimensione interiore dell’accudimento non ha quindi aspetti egoistici o di vuoto che la nascita di un bambino ‘risolve’, ma è semplicemente una spontanea esigenza di far fiorire l’immagine mentale, di figlio desiderato e sognato che diventa concreto e reale.
La Bydlowsky (2004) nel suo libro ‘Sognare un figlio. L’esperienza interiore della maternità’ parla di trasparenza psichica che delinea un funzionamento psichico specifico caratterizzato da una riduzione delle resistenze abituali che la giovane donna oppone dinanzi al suo rimosso inconscio, ed è marcato da un investimento della sua storia personale e dei suoi conflitti infantili. Anche le rappresentazioni mentali, di cui parla sovente Ammaniti (2010) nelle sue ricerche sulle donne in gravidanza, sono centrate su un’innegabile polarizzazione narcisistica.
La psicoanalista (2000) sottolinea che in materia di filiazione umana, un debito inconscio lega in una catena transgenerazionale i soggetti ai loro genitori, ai loro antenati”, per cui il senso di gratitudine si esplica con il ‘dovere’ inconscio di trasmettere la vita a loro volta. Alcune delle ricerche (Bick, 2000), realizzate su donne gestanti hanno potuto evidenziare quanto il loro comportamento, e quindi la loro ‘predisposizione’ alla maternità, avrebbero cambiato degli equilibri interiori al meglio, mentre per altre il cambio di ruolo da ‘non madre’ a ‘madre che partorisce e allatta’ avrebbe creato dei forti scompensi. È quindi notevolmente importante percepire il desiderio interiormente e sentirsi pronti a realizzarlo nella realtà.