In questo articolo
L'ex coniuge non versa il mantenimento per il figlio
Quando la famiglia si disgrega per separazione, divorzio o cessazione della convivenza dei genitori, i figli minorenni e/o maggiorenni, ma non ancora economicamente autosufficienti, hanno diritto di ottenere l’assegno di mantenimento da parte del genitore non collocatario. Ma cosa fare quando il genitore separato, tenuto a versare il mantenimento per i figli, non vi adempie? La legge tutela l’altro genitore, sia dal punto di vista civilistico che penale, che dovrà rivolgersi al Giudice per ottenere un provvedimento che quantifichi l’importo dell’assegno.
Il provvedimento del Giudice, che quantifica l’assegno, prevede anche che il medesimo venga annualmente aggiornato secondo la variazione degli indici Istat. Dopo ciò, tramite l’avvocato, invierà all’ex coniuge una lettera di diffida con cui lo si invita a provvedere al pagamento entro un termine, non solo per il futuro ma anche per il passato. Se nonostante la richiesta formale da parte dell’avvocato, l’ex continua a non pagare, ci si può rivolgere al Giudice.
Tutela civile
La legge prevede che in caso di controversie tra i genitori in ordine all’esercizio della potestà genitoriale, la parte creditrice può rivolgersi al Giudice, che tenterà di trovare una soluzione ed ove ciò non sia possibile, verificata la grave inadempienza del genitore, potrà decidere di modificare i provvedimenti esistenti. Inoltre potrà ammonire il genitore inadempiente, disporre risarcimento dei danni nei confronti del minore o dell’altro genitore e, infine, condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria. Se, invece, il genitore obbligato al mantenimento non ha i mezzi per adempiere, è possibile rivolgersi agli altri ascendenti legittimi o naturali (in primis i nonni).
Cosa succede se il coniuge continua a non pagare?
La legge, a tal proposito, prevede i seguenti rimedi:
- Sequestro dei beni del coniuge obbligato;
- L’ordine rivolto dal Giudice a terzi (es. datore di lavoro) a versare direttamente al coniuge creditore le somme dovute dal coniuge obbligato. Se c’è il sospetto che il genitore inadempiente svolga attività in nero è consigliabile cercare di fornire al Giudice la relativa prova.
- Esecuzione forzata verso i beni del genitore debitore. Possono essere pignorati beni mobili, quindi denaro giacente su conto corrente, lo stipendio, l’automobile e immobili.
Tutela penale
È anche possibile affidarsi ad una tutela penale: denunciare il genitore che, volontariamente, non paga. Infatti, chiunque abbandona il domicilio domestico o serba condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, o si sottrare agli obblighi di assistenza inerenti alla patria potestà o alla qualità di coniuge, commette un reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare. Lo scopo di tale denuncia non è quello di ottenere il mantenimento ma, in ipotesi di condanna, la reclusione fino ad un anno oppure una multa. Si precisa che, una volta presentata, la denuncia non può più essere ritirata.
Cosa fare se il coniuge obbligato non lavora?
Purtroppo non basta lo stato di disoccupazione a evitare il penale perché è necessario dimostrare qualcosa in più: che l’assenza di lavoro è involontaria. In pratica il papà deve provare di aver fatto di tutto per trovare una nuova occupazione e che, nello stesso tempo, non dispone di altre ricchezze, anche se immobilizzate. Così, ad esempio, un uomo disoccupato, ma titolare di varie proprietà come case, terreni o un solo piccolo appartamento, è tenuto, per legge, a vendere i suoi beni pur di mantenere i propri bambini. E se proprio il padre non ha i soldi per versare il mantenimento fino all’ultimo spicciolo, se vuole evitare il penale deve dare ciò che ha, anche una somma inferiore.
L’imputato ha l’onere di provare gli elementi dai quali possa desumersi la sua impossibilità di adempiere alla obbligazione, senza che basti la dimostrazione di un sola flessione degli introiti economici o la generica difficoltà economica. La Cassazione ha escluso l’applicazione del beneficio della cosiddetta “tenuità del fatto” per il mancato versamento dell’assegno in favore dei figli minori: un trattamento di favore che deve essere accordato a tutti coloro che commettono un reato punibile con una pena detentiva di non oltre cinque anni o con la sola pena pecuniaria; chi accede a tale beneficio evita qualsiasi sanzione economica e il procedimento penale viene archiviato.
Tuttavia, il giudice non riconoscere tale “scusante” a chi ha commesso il reato in modo reiterato. Pertanto, chiariscono i giudici, non può essere dichiarata la tenuità del fatto qualora venga più volte dimenticato il pagamento dell’assegno di mantenimento, configurandosi un’ipotesi di “comportamento abituale” ostativa al riconoscimento del beneficio.
Fin quando bisogna mantenere un figlio?
Non esiste un limite di età prestabilito oltre il quale il genitore non è più tenuto a provvedere al mantenimento dei figli. Di regola i genitori:
- sono tenuti a mantenere i figli fino a quando iniziano a svolgere un’attività lavorativa e il lavoro permette loro di raggiungere l’indipendenza economica;
- possono liberarsi dall’obbligo di mantenere i figli se provano che il mancato svolgimento di un’attività lavorativa dipende da inerzia, rifiuto o abbandono ingiustificato del lavoro. Ad esempio è dovuto l’assegno a favore del figlio maggiorenne studente universitario fuori sede ed è legittimo aumentare il contributo se questi incrementa le proprie esigenze economiche, vivendo e studiando in una città diversa da quella di residenza. Ciò che conta per la perdita del diritto al mantenimento è che il figlio goda di un reddito adeguato rispetto alla professionalità acquisita.
Secondo la giurisprudenza, non sempre la presenza di un guadagno fa perdere il diritto al mantenimento.
Ciò avviene ad esempio quando il figlio:
- pur avendo uno stipendio, sta completando la propria formazione;
- ha un lavoro precario e a tempo determinato: in tal caso non si può considerare raggiunta l’indipendenza economica proprio perché richiede una prospettiva concreta di continuità;
- lavora come apprendista, dal momento che il rapporto di apprendistato si distingue anche sotto il profilo retributivo dagli ordinari rapporti di lavoro subordinato;
- svolge un lavoro non qualificato rispetto al titolo di studio conseguito (come nel caso di ragazzo quasi trentenne con una laurea in legge che accetti un posto in un call center per mantenersi nella pratica);
- consegue una borsa di studio correlata ad un dottorato di ricerca.
Legge di Stabilità 2016
La legge di stabilità del 2016 prevede che se il coniuge non passa gli alimenti, lo Stato anticipa per lui. Lo Stato ha, infatti, stanziato un fondo di solidarietà a sostegno del coniuge che non ha ricevuto la quota mensile. E a beneficiarne sarebbero soprattutto donne, visto che in Italia nel 94% dei casi di separazione spetta al marito versare il mantenimento (dati Istat). La circolare del Ministero della Giustizia, datata 31 agosto 2017 indica i requisiti:
- Coppie in stato di bisogno cioè una condizione di grave disagio economico per cui non si riesce a procurarsi il necessario per mangiare, vestirsi e affrontare le spese della casa;
- Coppie che non hanno figli o i cui figli vivono altrove. Per fare richiesta, si deve presentare una domanda al Tribunale del luogo dove si risiede. Il Presidente o un giudice delegato valuteranno l'ammissibilità e assumeranno se necessario le dovute informazioni. Se la richiesta viene accolta sarà trasmessa al ministero per la liquidazione dell'importo. Ma attenzione, la norma è in fase sperimentale e riguarderà solo alcuni tribunali. Quindi, almeno in un primo momento, non tutti potranno ricorrere a questo beneficio.