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Segni e segnali del bullismo
Considerare, pensare il bullismo come una forma di violenza psicologica consente di poter illuminare una parte di questo fenomeno “grigio” (poiché reticente a essere inquadrato) e complesso sotto diversi punti di vista. Perché le parole contano: infatti, parlare di “violenza” restituisce la giusta misura all’effetto tossico e brutale di atti che segnano drammaticamente la vita del soggetto che li subisce.
Non desiderando, in questo articolo, approfondire le dinamiche della particolare forma di violenza psicologica che è il bullismo (aspetti per i quali rimandiamo il lettore interessato al testo Un livido nell’anima: l’invisibile pesantezza della violenza psicologica, Mimesis 2018), ci soffermiamo ancora sull’importanza delle parole. In questo senso, un altro nome “utile” per vedere e pre-vedere questo fenomeno è “abuso”: cioè un uso sregolato della relazione, in cui sguardi, parole e comportamenti vengono utilizzati ripetutamente per ferire o manipolare l’altro, tenendolo “in pugno”.
È chiaro che il bullismo può rimandare anche a una dimensione di violenza “fisica” ma, soprattutto oggi, la dimensione cui occorre prestare grande attenzione, perché più difficile da individuare e da intercettare, è quella psicologica (il caso del cyberbullismo lo mostra bene).
La società sta cambiando rapidamente e insieme a essa anche le paure: oggi, infatti, la preoccupazione che il proprio figlio (o la propria figlia) possa essere vittima di bullismo è condivisa da molti padri, madri, nonni e fratelli di questa generazione.
Tuttavia non è facile neanche preoccuparsi (e dunque occuparsi) di questo tipo di violenza, per via della sua natura (nascosta, che non lascia segni visibili) e perché, se è difficile per chiunque parlare di ciò che fa soffrire, lo è ancor di più per un bambino, il quale utilizza spesso altri canali e comportamenti per raccontare che qualcosa non va, che qualcosa lo sta mettendo in crisi.
Per questo abbiamo pensato di creare una breve lista di segnali che possono indicare che un bambino si trova potenzialmente coinvolto in una situazione di bullismo; perché è importante tendere l’orecchio ai suoi campanelli di allarme, prestandogli la dovuta attenzione, non ignorando i segnali e non banalizzando determinati comportamenti come goliardate, scherzi.
Riprendendo il titolo del testo sopracitato potremmo dire che, nonostante questa violenza non lasci segni visibili, questi ci sono: è l’intimità della persona a essere percossa e a portare i lividi.
- Rifiuto scolastico.
- Disinteresse o rifiuto di partecipare a eventi che prima risultavano piacevoli (come feste di compleanno, feste in oratorio…).
- Intristimento o chiusura.
- Progressivo isolamento.
- Eccessiva attenzione o preoccupazione rispetto all’estetica (ad esempio, rispetto al peso).
- Somatizzazioni (come, ad esempio, nausea o disturbi gastrointestinali).
- Cambiamenti atipici o regressivi, in generale, negli atteggiamenti e nei comportamenti.
- Rituali prescolastici (ad esempio, il “dover” andare diverse volte in bagno prima di uscire per la scuola, la costante richiesta di rassicurazioni…).
- Calo del rendimento scolastico.
Prima di concludere, due cose (però molto importanti). In primis, questa breve lista è certamente “mancante”, in quanto manca proprio il soggetto di questi segnali! Ogni bambino avrà il suo particolare modo per esprimere il disagio, per parlare (senza parlare) di ciò che lo spaventa. In secondo luogo, non è tanto il singolo evento –a tutti, infatti, può capitare di sentirsi tristi, di essere agitati o di avere la nausea (magari prima di un grande giorno)– ma piuttosto il reiterarsi, il ripetersi della stessa dinamica che è bene interroghi e pre-occupi chi si prende cura del bambino.
Infine, ma ritornando all’inizio, come si può prevenire il bullismo? E come fare di fronte ai suoi segnali? Parlandone, aiutando così i piccoli, al tempo stesso, a trovare le loro parole per esprimere un disagio spesso silenzioso.