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Mia figlia passa ore davanti allo smartphone! Come gestire la situazione

di Associazione Pollicino e Centro Crisi Genitori Onlus - 18.09.2019 Scrivici

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Fonte: Shutterstock
“Mia figlia passa ore davanti allo smartphone!”: i consigli dell'Associazione Pollicino onlus e Centro Crisi Genitori per gestire la situazione

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“Mia figlia passa ore davanti allo smartphone!”

Quanto spesso ci è capitato di dire, sentire o pensare queste parole? Una volta in tono di appello rabbioso, un’altra magari sotto forma di una supplica silenziosa. E lo possiamo dire, quest’invocazione è più che sensata! Il fatto che gli adolescenti (ma non soltanto loro) passino gran parte della loro giornata utilizzando device digitali è un’evidenza che s’impone anche allo sguardo più distratto. Quello che si propone qui è però di fare un passo verso di loro, verso il loro mondo, chiedendoci: e cosa fanno davanti allo smartphone?

I ragazzi e il loro smartphone

Guardando alle ricerche, il sito più frequentato dai giovani tra i quattordici e i vent’anni è Instagram, in cui vengono immesse o “postate” circa cento milioni di fotografie al giorno.

I ragazzi vivono così una parte considerevole del proprio tempo in un “mondo visivo”; e se si dovesse pensare a un’invocazione adolescenziale contemporanea, una proposta potrebbe essere: vogliamo vedere!

Una risposta possibile alla nostra domanda è quindi che i figli passino ore davanti, dentro, insieme alle immagini. Un’ipotesi probabile, e che non rassicura i genitori, considerati i rischi insiti nella rete che spaziano dal cyberbullismo alla pedopornografia. Ma senza andare a toccare questi pericoli grandi e sfuggenti, le paure sono anche molto più semplici, naturali: un padre che si preoccupa che la figlia passi tutto il tempo chiusa in camera, scattando, condividendo e guardando fotografie, dimenticandosi che c’è un mondo fuori dalla sua stanza.

Come dicevamo, quest’ipotesi non rassicura ma permette di comprendere qualcosa in più sui giovanissimi: lo smartphone sembra quasi essere una parte del proprio corpo, un mezzo che li accompagna nella ricerca della loro identità – e non dimentichiamoci che la sfida a cui gli adolescenti sono chiamati a rispondere è proprio quella di costruirsi un’identità!

Questa non è sicuramente una novità, ciò che è cambiato è il digitale, uno strumento potentissimo e sconosciuto – o meglio, spesso più conosciuto dai ragazzi che dai genitori.

Il fatto che questo apparecchio sia inesplorato e sconosciuto anche per chi, come i genitori, deve far rispettare le regole unendole, intessendole di un significato, porta con sé delle importanti conseguenze: primo fra tutti un certo grado di disorientamento nel momento in cui devono regolare la relazione tra i figli e l’utilizzo dei device digitali.

Una realtà in perenne e impetuosa evoluzione contribuisce così ad acuire la fisiologica “preoccupazione genitoriale” –una dimensione che da sempre trova ascolto e valorizzazione all’interno dell’Associazione Pollicino e Centro Crisi Genitori.

Il potere del selfie

Occorre prestare attenzione al fatto che anche le “ansie” si trasformano insieme alla società. Un esempio di una nuova paura riguarda il potere delle immagini, e l’effetto di questo potere, su un individuo nell’età dello sviluppo. A cui si aggiunge il timore che i più piccoli incontrino quella che si potrebbe definire un’idea disonesta di bellezza, veicolata attraverso immagini modificate, ritoccate; in un certo senso: false. 

Per questo il classico lamento genitoriale “passa ore davanti allo specchio!” non è la vecchia versione del “passa ore davanti allo smartphone!”. È sufficiente pensare a come questo specchio sia potenzialmente sotto gli occhi di tantissime persone per accorgersi della rivoluzione che è in atto. Una trasformazione che sta ridefinendo il confine tra sé stessi e l’altro, tra un individuo e questa terra di mezzo, il mondo digitale. Il “selfie” è soltanto il più famoso dei nuovi modi con cui si può incontrare il sociale, investigare e costruire la propria identità.

Cosa fare?

Come porsi quindi di fronte a questo contesto inedito e a domande, come quella sulle regole, che chiedono risposte? Una risposta univoca, standardizzata, tradirebbe la natura del fenomeno, ma anche quella del rapporto, sempre unico, tra un genitore e un figlio.

Ci limitiamo qui a offrire degli spunti, a riconoscere delle particolarità.

  1. La prima è la proposta di cercare di comprendere quale sia il significato che il proprio figlio attribuisce a quella singola immagine, a quel “selfie”, a quella community online di cui è membro attivo.
  2. In secondo luogo, trasmettere il valore di accostarsi all’altro con delicatezza e rispetto, nonché prudenza, è un insegnamento che acquista nuova importanza in un’epoca in cui basta un click per entrare in contatto con uno sconosciuto. E se le immagini immesse nella rete sono divenute una parte imprescindibile dei giovani, allora può essere utile riportare l’attenzione sull’importanza di “tenerci” alle proprie fotografie, non abbandonando pezzi di sé nel web; in poche parole: curarsi di questo neonato legame tra sé e il proprio alter-ego digitale, certamente in una maniera sana, regolata e dotata di determinati confini.

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