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Figli tolti alle madri: li maltrattavano per troppo amore morboso

di Redazione PianetaMamma - 23.04.2010 Scrivici

In una scuola elementare di Trento assistenti sociali e vigili urbani hanno “fatto irruzione” per eseguire un provvedimento di allontanamento di un minore dalla famiglia. A Ferrara un caso analogo. Di che si tratta e cosa dice la legge?

L'altro ieri, giorno 21 aprile, in una scuola elementare di Trento la ricreazione, diversamente da come dovrebbe essere, non è stata per i bimbi un sereno momento di pausa e gioco. Proprio durante la sospensione dalle lezioni, assistenti sociali e vigili urbani hanno “fatto irruzione” nella scuola per eseguire un provvedimento di allontanamento di un minore dalla famiglia. L’operazione è stata compiuta in adempimento delle disposizioni del Tribunale dei minori di Trento. Quest’organo giudiziario ha decretato l’allontanamento del bambino dalla famiglia e la sua collocazione in una struttura protetta. 

In sede giudiziale è stato accertato che la mamma esercitava sul bambino un affetto “asfissiante”, tale da pregiudicare un corretto sviluppo del minore. I periti hanno sostenuto che la madre non riesce ad immaginare il figlio separato da sé; in tal senso ella esercita sul piccolo fortissimi condizionamenti, privandolo in ogni modo di spazi personali, indispensabili per l‘affermazione del proprio io.
Il provvedimento “estremo” si radica nella difficile storia familiare del minore. La mamma non pare sorretta da una struttura familiare capace di limitare i danni al bambino e, stando alle perizia, non si renderebbe neanche conto degli effetti negativi del suo comportamento. Il padre, poi, pare  non avere alcun ruolo nella vita del piccolo.

È del 14 aprile scorso la notizia di un’altra complessa storia familiare nel segno della educazione iperprotettiva. A Ferrara sono stati condannati per maltrattamenti madre, nonna e nonno. Il fatti riguardano un lungo arco di tempo dal 2004 al 2008, in questi anni la crescita e lo sviluppo del minore sarebbero stati letteralmente soffocati. Il  ragazzino, che oggi ha 13 anni, paga lo scotto d’un affetto asfissiante e paranoico: ha problemi nella deambulazione, fino all'età di sette anni non era in grado di affrontare una rampa di scale; ha difficoltà nel rapporto con il cibo per lungo tempo somministratogli in modo inadeguato alla sua età, gli davano la merenda spezzettata non permettendogli di sperimentare un modo adulto di cibarsi da solo; dimostra reticenze ad andare in bagno a scuola, perché gli è stato inculcato di fare i bisogni solo a casa propria.
Il padre del bambino si è battuto per liberare il figlio dal giogo della madre e dei nonni. Dopo la  separazione l’uomo è stato del tutto isolato e allontanato dalla famiglia, nonni e mamma raccontavano al bimbo che il padre non lo voleva o che intendeva allontanalo da loro per lasciarlo in una comunità di handicappati.

L’esame di questi angoscianti fatti pretende, in primis, un’analisi del concetto giuridico di cura del minore nell’ambito familiare.
La famiglia è considerata dalla legge la cellula primigenia della società. Osservata nella prospettiva dello sviluppo del bambino, essa è il “nido” in cui il minore nasce e deve serenamente crescere sino a spiccare il volo. I genitori, e con loro gli adulti che orbitano intorno al nucleo base della famiglia (i nonni come gli zii), devono facilitare il bambino nella affermazione di se stesso e  della propria identità, lo devono stimolare a perseguire i suoi personali obiettivi,  devono assecondarne l’indole e le inclinazioni. In questo senso per famiglia deve intendersi ogni comunità stabile di affetti, quindi anche una famiglia di fatto. Ed, altresì, deve comprendersi che i doveri familiari verso i minori, che gravano sugli adulti, non si possono mai esaurire con la disgregazione di una convivenza.

Malgrado la separazione, infatti, un genitore (come anche un nonno, secondo le più moderne tendenze dottrinali e giurisprudenziali) hanno il diritto - dovere di continuare ad esercitare il loro ruolo. E si faccia bene attenzione: i diritti genitoriali non sono diritti dei genitori sui figli, ma diritti per i figli. In questo senso, padri e madri, nel loro ruolo naturale, sono chiamati a muoversi sempre nel supremo interesse del figlio.
Lo Stato in caso di carenza genitoriale è obbligato ad intervenire. Deve farlo perché tutelando la famiglia, intesa come sua cellula originaria e basilare, tutela se stesso e l’equilibrio della collettività.
Le istituzioni opereranno preferibilmente interventi di integrazione, tuttavia la legge prevede, per i casi gravi, il ricorso a misure anche estreme, come l’allontanamento del minore dalla comunità familiare. Chiaramente, un atto tanto invasivo e traumatico per la vita di un bambino, deve essere orientato alla sua massima tutela.

Nei casi argomentati, il ricorso a provvedimenti di allontanamento e collocazione in strutture protette , si è reso necessario perché i minori erano vessati da maltrattamenti.
È appena il caso di precisare che ogni misura di allontanamento implica la decadenza o l’affievolimento della patria potestà.

Comunemente la parola maltrattamento evoca un atto fisico violento. Per la legge, invece, non è necessariamente così.
Secondo il Consiglio d’Europa integrano la fattispecie del reato di maltrattamento gli atti e le carenze che turbano gravemente il bambino, attentando alla sua integrità, non solo corporea, ma anche psichica, affettiva, intellettiva e morale. Insomma esiste una gravissima forma di maltrattamento, sommersa e difficilmente rintracciabile: è il drammatico maltrattamento psicologico. Diversamente da quello fisco, questa specie di maltrattamento troppo spesso si palesa quando i suoi effetti sono già drammatici.

L’asfittica educazione della madre e dei nonni ferraresi impediva al bambino di correre, saltare e fare le scale; essa si è manifestata a tutti quando le sue conseguenze, ovvero il ritardo motorio, avevano già afflitto il bambino. Quest’aspetto nascosto del maltrattamento psicologico è assai delicato e preoccupante, anche se lo si considera sotto il profilo delle difficoltà di accertamento dei fatti. Laddove, quando si parla di maltrattamenti, l’intervento a tutela del minore è tanto più efficace quanto più è tempestivo. Spesso, però, accertare la realtà di simili situazioni è assolutamente complicato. Tanto più che un errore in questi ambiti può causare danni enormi. Pensate a ciò che accade a quelle famiglie travolte incolpevolmente dall’onta di una accusa di maltrattamenti, pensate al dolore provocato ai bambini sottratti senza motivo dal loro nido.
In questo senso, per un corretto accertamento delle situazioni di fatto, giocano un ruolo importantissimo i pediatri di base e la scuola.

In conclusione va garantita ai minori assoluta tutela contro i maltrattamenti, ancorché psicologici e non fisici. Certo va superata con sensibile attenzione la difficoltà diagnostica e va compresa anche la riluttanza del paese ad accettare simili distorsioni educative. Tuttavia un bambino vessato psicologicamente diventerà un adulto senza autostima, con difficoltà relazionali, incapace, probabilmente di amare e farsi amare, sarà, a sua volta, esposto al rischio di fare uso della violenza come affermazione di se stesso. Chiaro è che bisogna prodigarsi perché questo non accada e per il diritto di ogni bambino ad una crescita serena

Dott.ssa Federica Federico
 

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