La credenza che essere figlio unico faccia diventare il bambino una persona "peggiore" e che l'assenza di fratelli o sorelle lo caratterizzi come viziato ed egoista è estremamente diffusa.
Sono tante dunque le mamme che, dopo aver avuto il primo figlio, si chiedono cosa succederà nel caso in cui decidessero di non fare altri figli: il bambino crescerà male? Sarà sempre incentrato su sé stesso e mai sugli altri? Niente affatto. Si tratta di luoghi comuni abbondantemente smentiti dalla scienza. Ma andiamo a vedere nel dettaglio.
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Sindrome dell'essere figlio unico
C'era una volta la Sindrome del Figlio Unico, ovvero quella fantomatica sindrome studiata dagli psicologi infantili G. Stanley Hall ed E. W. Bohannon che, analizzando una lunga fila di bambini, hanno stabilito che quelli senza fratelli e sorelle possedevano una lunga lista di tratti comportamentali negativi.
Addirittura, Stanley Hall affermò che essere figlio unico era una "malattia in sé": un'affermazione dura che, già di base, avrebbe dovuto far riflettere su quanto estreme fossero queste conclusioni. Con il passare degli anni, gli studi di Hall e Bohannon sono infatti stati smentiti.
Lo sviluppo di tutti i bambini non dipende tanto dall'avere fratelli e sorelle, ma dallo stile d'attaccamento genitoriale e dalle esperienze vissute nel corso dell'infanzia. Essere figlio unico non porta affatto di default a egoismo, capricci e via discorrendo. Come per ogni persona, è la crescita e ciò che avviene nelle sue varie fasi a fare la differenza.
Perché non esiste la sindrome del figlio unico
Tra tutti coloro che hanno smentito la sindrome del figlio unico spicca la psicologa sociale Toni Falbo. La Falbo è una delle più eminenti studiose sulle dinamiche di fratellanza e lo sviluppo in solitaria di bambini e, negli ultimi 40 anni, si è specializzata proprio sui figli unici.
Tramite analisi e meta-analisi, la Falbo ha confutato qualsiasi attribuzione a priori di caratteristiche e atteggiamenti negativi dei figli unici.
Ha ricercato su campioni di bambini cresciuti da soli tracce di egocentrismo, narcisismo e scarsa maturità emotiva, mettendoli alla prova in modi molto differenti.
Ciò che ha concluso è ciò che abbiamo precedentemente accennato: un bambino cresce sano se ha dei modelli positivi di attaccamento. La mancanza di un fratello e sorella non condanna a diventare viziati o antisociali. Anzi, in alcuni casi, specie nei contesti scolastici, la Falbo ha rilevato una particolare propensione dei figli unici alla socialità e alla curiosità, oltre che alla condiscendenza e all'adattamento.
Troppe attenzioni a un solo bambino fanno male?
Sempre Toni Falbo ha sfatato un altro mito sfavorevole per i figli unici, ovvero quello che vorrebbe che le troppe attenzioni e cure dei genitori su un figlio solo possano, in qualche modo, farlo crescere adagiandolo sugli allori, farlo faticare di meno e fargli dare per scontate cose che gli altri bambini devono, in qualche modo, contendersi.
Nel corso delle sue molteplici ricerche la Falbo ha fatto paragoni ed esami su intelligenza, carattere e relazione genitore-figlio proprio per capire se le "coccole" focalizzate di mamma e papà potessero essere dannose. Il risultato è stato che non solo non erano dannose, ma anzi, nella stragrande maggioranza dei casi, queste attenzioni facevano crescere bambini più sani e sicuri.
Genitori e figli unici
In conclusione, nessun bambino nasce già con un destino scritto, a prescindere dall'avere fratelli e sorelle. Ciò che conta davvero è la relazione con i genitori, che dovranno sempre guidarlo nella maniera più serena e naturale possibile. Allo stesso modo, contano anche le reti d'amicizia che il piccolo stringerà a scuola e nel corso dell'infanzia.
Capricci e vizi sono tutto fuorché determinati: ogni bambino è un mondo a sé e apprende tutto ciò che ha intorno con grande curiosità. Non serve altro, dunque, che dare al bimbo gli insegnamenti migliori.
Fonti articolo: Tandf Online, Zenodo, Apa PsycNet