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Crisi, le famiglie tagliano su cibo e salute

di Monica De Chirico - 24.04.2013 Scrivici

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Cinque anni di crisi hanno radicalmente cambiato i consumi degli italiani. Come durante la guerra gli italiani taglierebbeo sul cibo e la salute

Cinque anni di crisi hanno radicalmente cambiato i consumi degli italiani. Gli italiani taglierebbero su "beni primari" quali cibo e salute. Sei famiglie su dieci fanno spesa al discount. Il 71% dei nuclei taglia su qualità e quantità degli alimentari, azzerate le spese mediche. Ma l'indice del clima di fiducia dei consumatori aumenta a 86,3 da 85,3 ad aprile.

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E' il presidente dell'Istat, Giovannini a comunicare i dati di un radicale mutamento nei consumi degli italiani. Nell'alimentare, ad esempio, più di sei famiglie su dieci, infatti, fanno ormai stabilmente la spesa al discount (il 62% nel 2012 per la precisione, +9% sul 2011), e la quantità e qualità dei prodotti acquistati non è più la stessa. Anche per quanto riguarda la salute, ci sono stati dei tagli notevoli, avrebbe sottolineato il presidente. Sarebbero state quasi eliminate le spese per visite mediche, analisi cliniche e radiografie, mantenendo quella per i medicinali. Naturalmente questo mutamento si è fatto più sentire tra le famiglie più povere. Il Codacons commentando le dichiarazioni del presidente dell' Istat, Enrico Giovannini, sosterrebbe quindi che gli italiani si troverebbero in una condizione di sofferenza estrema, tale da ricordare i tempi di guerra.



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Molte famiglie si sono infatti trovate a far fronte all'aumento esponenziale degli oneri fiscali (basti pensare all'Imu) mentre sono crollati ancora redditi e potere d'acquisto. Per il Codacons si tratta di dati drammatici, che confermano quanto l'associazione va dicendo da anni: "gli italiani non hanno più soldi". Una fotografia drammatica ed impietosa, che richiede al prossimo Governo una svolta. Eppure, secondo gli ultimi dati rilevati dall'Istituto di statistica, la fiducia dei consumatori italiani sarebbe orientata al rialzo su livelli che non si vedevano da tempo. Anche se si tratterebbe di un miglioramento rivolto alla situazione economica del Paese in generale e non a quella personale.


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Dal presidente dell'Istat è arrivato anche un allarme su un'altra questione centrale, che riguarda la frequenza scolastica e l'elevato abbandono da parte dei giovani stranieri: "Se un ragazzo straniero su due lascia la scuola prima dell'adempimento scolastico, nella migliore delle ipotesi stiamo creando una forza lavoro non educata e quindi inadatta, nella peggiore è una molla di rivolta sociale che in altri Paesi conosciamo molto bene", ha spiegato

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