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Cos'è il diritto alla bigenitorialità e cosa dice la legge

di Francesca Capriati - 19.09.2022 Scrivici

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Fonte: shutterstock
Cos'è il diritto alla bigenitorialità: principio di bigenitorialitàe legge 54. Come funziona il mantenimento e come viene applicata la bigenitorialità

Cos'è la bigenitorialità

Si fa un gran parte sui sociale e ni salotti tv di bigenitorialità, ma cosa vuol dire davvero e quali sono le implicazioni che questa porta con sé? Vediamo cos'è la bigenitorialità e come viene applicata dopo l'introduzione della legge 54 del 2006.

In questo articolo

Principio di bigenitorialità

Cosa vuol dire bigenitorialità? Si tratta di un principio innanzitutto etico secondo il quale il bambino ha diritto a mantenere un rapporto stabile con entrambi i genitori, anche in caso di separazione o divorzio. Si tratta di un principio piuttosto semplice: non conta ciò che accade tra i genitori, ma ciò che è importante per il bambino, e il bambino ha il diritto ad avere un rapporto stabilire sia con il padre che con la madre. Il fatto che questo principio vada tutelato anche e soprattutto se i genitori si separano è stato sancito in maniera ufficiale nella Convenzione sui Diritti del Bambino del 1989.

Legge 54/2006 bigenitorialità

Nel 2006 il diritto alla bigenitorialità è stato sancito anche per legge. Con la legge 54 vennero, infatti, introdotti l'affidamento condiviso dei figli ed il principio della bigenitorialità, inteso come diritto del minore. La legge dice chiaramente che in caso di separazione dei genitori, il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.

Cosa dice la legge 54? In caso di affido condiviso: "la potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all'istruzione, all'educazione e alla salute sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli".

Viene, quindi superato il concetto di affido esclusivo, che nel 90% dei casi vedeva la madre come genitore affidatario.

Nella pratica cosa è cambiato? In caso di separazione il giudice valuta la situazione e stabilisce se sia possibile e nell'interesse del minore pronunciarsi per un affido condiviso. Sempre nell'interesse del minore, viene spesso stabilito che il bambino abbia una "collocazione prevalente" a casa di uno dei due genitori (generalmente la madre), oppure che ci sia una divisione di tempi equamente distribuita (ad esempio due settimane con ciascun genitore).

Come funziona l'affido condiviso?

L'art. 337 ter del codice civile, afferma che:

Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.

Dall'introduzione della legge 54, quindi l'affido condiviso è diventata la regola e non l'eccezione: a meno che non vi siano gravi impedimenti, il bambino verrà affidato ad entrambi i genitori.

Nella pratica quotidiana, quindi, si fa una distinzione tra scelte (e spese) ordinarie e spese e scelte straordinarie. Al primo gruppo appartengono cibo, vestiti etc.. - in questo per il figlio autonomamente – al secondo gruppo appartengono scelte come i vaccini, gli interventi chirurgici, la scelta della scuola e le spese extra che ne conseguono. In questo caso bisogna accordarsi con l'altro genitore.

Bigenitorialità e mantenimento

Ma l'affido condiviso esclude, quindi, l'assegno di mantenimento? La Corte di Cassazione, è intervenuta più volte sulla questione, ribadendo l'affido condiviso non implica che ogni genitore deve provvedere in maniera diretta e autonoma al mantenimento dei figli.

La decisione spetta al giudice che stabilirà come suddividere le spese: laddove al minore venga data una abitazione prevalente, il genitore non convivente dovrà provvedere all'assegno da corrispondere all'altro genitore, nella misura stabilita dal giudice.
Il 16 giugno 2021 la Cassazione si è espressa chiaramente:

"l'affido condiviso implica una frequentazione paritaria dei genitori con il figlio, nell'interesse morale e materiale di quest'ultimo, al quale deve essere garantito una situazione il più confacente possibile al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena. I casi in cui una vita perfettamente "suddivisa" tra i due genitori sono molto rari, per questo motivo è necessario che l'altro genitore contribuisca con il versamento di un assegno che consentirà al figlio di risentire il meno possibile della crisi familiare, sia sotto il profilo della quotidianità e delle sue abitudini, sia del suo tenore di vita".

Le criticità

Se, nella teoria, la legge sulla bigenitorialità mette al centro l'interesse del minore e il suo diritto ad avere un rapporto con entrambi i genitori, è evidente che quando si parla di divorzio le cose spesso non sono così semplici.

Chiedere ai genitori di non litigare ma di mettersi d'accordo sulle scelte importanti che riguardano al vita del minore – dalla scuola allo sport, dalle vacanze all'organizzazione dei tempi – può essere semplice per le coppie nelle quali non c'è un grave conflitto (queste coppie lo avrebbero fatto molto probabilmente indipendentemente dalla legge), mentre può essere difficile, se non impossibile, per le coppie che si separano con profonde spaccature, rancori, litigi.

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