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Madri anonime che non vogliono incontrare i figli

di Redazione PianetaMamma - 17.06.2015 Scrivici

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Una donna si rifiuta di incontrare sua figlia abbandonata anni fa. Parto in anonimato, un diritto da tutelare?

La legge tutela il diritto di partorire in anonimato. Uno strumento che permette alle donne di dare alla luce il proprio bambino in ospedale, con tutta l’assistenza necessaria, e poi di rimanere anonima e dare il bambino in adozione.

Ma due anni fa una sentenza della Corte Costituzionale ha chiesto al governo di lavorare affinché la legge garantisca non soltanto l’anonimato alla madre, ma anche il diritto dei figli di venire a conoscenza del nome della mamma, per motivi legati alla salute per esempio.

Il numero di persone che si mettono in cerca dei loro genitori biologici è sempre più alto. In molti casi questa ricerca nasce dalla necessità di sciogliere il nodo delle proprie origini, di sapere da dove si proviene, in altri casi invece nasce dall’urgenza di risolvere un problema di salute che può avere basi genetiche.

E’ il caso della figlia di Adele che si è messa in cerca di sua madre per incontrarla ed avere anche informazioni legate alla salute, ma ha ricevuto solo queste ultime perché sua madre biologica si è rifiutata di incontrarla.

Intervistata da Repubblica questa mamma, che partorì in anonimato quando aveva 16 anni e fu costretta da suo padre ad abbandonare la figlia, oggi ha una vita serena, 4 figli, un lavoro e di fronte alla richiesta dell’assistente sociale di incontrare sua figlia che la cercava ha detto di no.

Ho studiato, mi sono diplomata, a vent'anni mi sono sposata la prima volta. Non sono mai riuscita a dimenticare, ma la mia vita è andata avanti, ho un lavoro che ho costruito a fatica, tanti figli. Tutti bravi ragazzi. Ma quel segreto è restato un segreto. Forse è stato il condizionamento di mio padre, o la vergogna di aver abbandonato la bambina.

Ma non potevo difendermi, ero prigioniera della mia famiglia e della mia giovinezza. Ho vissuto il presente, seppellendo il passato. Riaprire dopo 35 anni quel capitolo sarebbe un disastro per tutti

Il diritto all’anonimato va dunque tutelato? Alcune donne che hanno dato in adozione i loro bambini si sono avvalse di tale diritto e hanno detto No ai figli che le cercavano e volevano conoscerle. Come spiega  Melita Cavallo, presidente del Tribunale per i minori di Roma, "su quindici istanze di figli che hanno chiesto alle madri di rimuovere l'anonimato, tredici donne hanno accettato e due hanno detto di no".

I cambiamenti legislativi che avverranno nei prossimi tempi dovranno quindi tenere conto dei diritti di tutti e dei tempi che cambiano: non sottrarre forza e concretezza al diritto al parto in anonimato (che rappresenta uno strumento prezioso per ridurre il  numero di aborti ed infanticidi e consente al neonato e alla madre di essere assistiti in ospedale) ma aprire alla possibilità che l’adottato, arrivato a 25 anni, possa rivolersi al tribunale dei minori che è tenuto a richiedere ai genitori naturali il loro consenso al superamento dell’anonimato.

I genitori biologici potranno sempre dire di no. Come suggerisce Assuntina Morresi

Non si deve togliere niente alla tutela che adesso hanno queste donne, ma si tratta di aggiungere una possibilità in più: quella di ripensarci. Perché negarla?

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