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11 anni, si suicida a Napoli: cosa è accaduto?

di Francesca Capriati - 01.10.2020 Scrivici

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Fonte: shutterstock
11 anni, si suicida a Napoli: cosa è accaduto e chi è Jonathan Galindo? Come proteggere i nostri figli dalle sfide killer del web e dei social

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11 anni, si suicida a Napoli

Napoli, la mia città, si è svegliata ieri con un misto di terrore e sgomento. Un bambino di 11 anni si è gettato dal balcone di casa sua, nel centro della Napoli bene, nel cuore della notte. Un messaggio destinato ai genitori dove si leggeva di un fantomatico uomo incappucciato e che "non c'era più tempo" ha aperto la strada all'ipotesi che il piccolo si sia tolto la vita come gesto estremo di una challenge avviata sui social.

Tutte le ipotesi sono ancora aperte e gli inquirenti stanno ancora indagando, interrogando gli amichetti, la famiglia e analizzando tutti i dispositivi digitali in uso al bambino. Le voci si rincorrono: il piccolo era un ragazzino brillante, pieno di amici, faceva sport, perfettamente integrato nella società e nella scuola, con una sorella più grande e due genitori attenti, stimati professionisti napoletani. Cosa è accaduto? Come è stato possibile?

Ce lo siamo domandati tutti, genitori di bambini preadolescenti del tutto simili al piccolo Giovanni, con il loro smartphone in mano, i video su Tik Tok e una passione per i videogiochini.

Ci dicono sempre di controllarli, di limitare il tempo di utilizzo dei dispositivi digitali, di impostare dei filtri. Personalmente controllo regolarmente il telefono di mio figlio, lui sa che a 12 anni la privacy sullo smartphone non esiste e non è ancora un suo diritto. Conosco la sua password e ho accesso a Whatsapp, inoltre con un sistema chiamato Family Link – che vi invito a scaricare qui – messo a disposizione da Google controllo dove si trova, approvo ogni download, imposto il PEGI e i limiti di tempo di utilizzo delle App.

Eppure? Non sono comunque tranquilla. Proprio come i genitori di Giovanni sono certa di avere una buona competenza digitale per poter parlare a mio figlio dei rischi dei social, per aiutarlo a farne un uso consapevole e ragionato, a non subire e a distinguere la vita reale da quella virtuale.

Ma in realtà il dramma che si è consumato ieri dimostra che nessuno è al sicuro. Perché i fenomeni pericolosi, i profili fake dietro ai quali possono nascondersi dei malintenzionati nascono a decine ogni giorno e i nostri bambini sono continuamente esposti ai pericoli. Inutile negarlo.

Ieri si è fatto un gran parlare di Jonathan Galindo. Sembra, infatti, che le parole riferite ad un uomo nero, un uomo incappucciato abbiano spinto gli investigatori sulla strada del gioco social emerso negli ultimi mesi in diversi paesi del mondo.

Ma chi è Jonathan Galindo? Esiste davvero?

L'immagine del profilo è un Pippo della Disney decisamente inquietante, un uomo travestito da Pippo che fa cose che mettono i brividi.

Per scoprire chi si nasconde dietro i profili social di Jonathan Galindo mi sono affidata a Gianmarco Zagato, uno youtuber molto seguito dai giovanissimi e proprio per questo ho poi fatto vedere questo video anche a mio figlio.

Il creatore di Jonathan Galindo è stato, nel 2010, Samuel Catnipnik. Si tratta di un produttore di effetti speciali cinematografici, capace di creare protesi in silicone e proprio lui anni fa creò, per gioco e per sperimentazione, questa maschera decisamente creepy.

Girò dei video e scattò delle foto che caricò sul web per gioco, senza alcuna intenzione di dare il via a delle challenge killer. Intervistato proprio da Gianmarco, il produttore rispose:

Sono al corrente di tutto ciò che sta succedendo con questa storia di Jonathan Galindo. Le foto e i video sono miei. Sono stati scattati nel 2012 e nel 2013. E' stato uno dei miei primi tentativi di effetti speciali con il makeup. Non dirò bugie: l'ho fatto per prendere in giro le persone. Era per mio gusto personale e non avevo l'intenzione di spaventare qualcuno. Se qualcuno riceve un messaggio per cominciare un gioco del genere, non rispondete.

Il problema è che anni dopo queste foto e i video sono stati rubati da altre persone che hanno creato diversi profili fake a nome Jonathan Galindo e hanno cominciato a chiedere l'amicizia e a contattare giovanissimi, teenager e bambini sui più usati social, come Instagram e Tik Tok.

Il contatto prosegue, poi, con la domanda "vuoi giocare con me", se l'utente accetta viene inviato un link da seguire per ricevere le istruzioni di questa challenge che sembra prevedere, passo dopo passo, sfide sempre più pericolose.

Non sappiamo se il piccolo Giovanni stesse davvero partecipando a questa challenge o se non abbia, invece, vissuto un periodo difficile a causa di problemi a scuola con i compagni. Su questi aspetti faranno luce gli inquirenti e per ora resta solo una famiglia distrutta dal dolore e lo sgomento di quanti erano vicini al ragazzino e non hanno capito, non sono riusciti ad aiutarlo.

E proprio per questo ieri ho ricordato a mio figlio che il principale compito degli adulti è proteggere i più piccoli e che, se qualcosa lo mette a disagio, deve sempre parlare con me - o con il papà, con la nonna, con il mio compagno, con gli insegnanti o con il mister - perché tutta questa rete amorosa di adulti sta lì proprio per aiutarlo e proteggerlo e non è solo.

Dobbiamo educare al digitale

Di certo, sarebbe ora che anche nelle scuole entrasse di diritto l'educazione digitale: parlare con i ragazzi in classe dei pericoli dei social, delle insidie della rete e di quanto si sia esposti nel momento in cui ci si iscrive ad un social network è ormai al giorno d'oggi indispensabile e urgente.

E non possiamo aspettarci che questa educazione venga fatta solo a casa, dove spesso ci sono genitori che a loro volta fanno un uso inconsapevole dei social o, al contrario, pongono semplicemente divieti senza capire che ormai questo è il mondo dei nostri figli e l'unica soluzione davvero possibile è esserci, educare, stabilire regole e parlare dei rischi e di come proteggersi.

Come proteggere i bambini dal fenomeno Jonathan Galindo

La Polizia Postale se n'è occupata già a luglio, quando sono uscite le prime notizie legate a questa allarmante sfida sui social.

La Polizia spiega che:

non si esclude che si possa trattare di un troll creato per spaventare i ragazzi e guadagnarsi popolarità attraverso la viralizzazione dei profili e delle immagini ma è anche possibile che, attraverso questo nome, soggetti adulti con cattive intenzioni cerchino un contatto con minori fragili e/o spaventati, con l'intento di agganciarli e manipolarli, magari anche per fini sessuali. Alcuni ragazzi ritengono un vanto avere tra i contatti un account con quel nome: in realtà si tratta di un fake dietro al quale può nascondersi chiunque, anche chi rappresenta un pericolo reale

Come comportarsi? Ecco i consigli della Polizia postale.

  • Anche se il messaggio non è ancora arrivato a vostro figlio, parlategli del "fenomeno" Jonathan Galindo così che possa essere informato e preparato sul da farsi.
  • Indicate ai più piccoli che i messaggi inviati da sconosciuti devono essere ignorati e che le eventuali minacce ricevute in rete non debbono spaventarli ma indurli a chiedere il vostro aiuto immediatamente.
  • Consigliate ai bambini e ai ragazzi di non diffondere la notizia dell'esistenza di questi profili con l'idea che avere contatti con Jonathan Galindo sia un vanto: in realtà si corre il rischio di favorire l'accesso ai profili personali a sconosciuti di cui si ignorano le intenzioni.
  • È importante inoltre che i bambini e i ragazzi non aprano mai i link contenuti nei messaggi inviati da profili sconosciuti denominati con Jonathan Galindo: in molti casi in questo modo vengono inoculati virus o altri tipi di malware che incidono negativamente sul funzionamento dei supporti.
  • Se vostro figlio ha ricevuto un messaggio da uno o più profili denominati Jonathan Galindo, bloccate il contatto, raccogliete tutte le informazioni relative al tentativo (piattaforma su cui è avvenuto il contatto, nome dell'account, orario in cui è stato inviato il messaggio etc.) e fate una segnalazione a commissariatodips.it oppure recatevi in un ufficio di Polizia per sporgere una denuncia."
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