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Essere genitori di un figlio disabile
Essere genitori è un gran bel lavoro, dalla prima volta che apprendiamo la notizia dell’arrivo in casa di un bebè la nostra mente inizia a fare salti di gioia e immaginare come sarà la nostra vita con quell’esserino da amare, coccolare, proteggere, educare. Speriamo, con tutte le nostre forze, che vada sempre tutto bene che cresca forte, sano che il suo ingresso al mondo sia sì complicato, va bene, ma non tanto complicato.
Essere genitore significa essere speciale perché ti viene affidata una vita e le responsabilità sono enormi e continue.
Ci sono però altri genitori che a mio avviso sono ancora più speciali perché da accudire non hanno solo un bambino, ma un bambino che porta dietro delle difficoltà, superabili nel minor tempo possibile si spera.
Sono quelle famiglie che davanti la notizia della diagnosi del figlio con difficoltà comportamentali-relazionali avvertono un senso di smarrimento totale. Non mi sono mai piaciute le etichette perciò volutamente non scriverò ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività) o DOP (Disturbo Oppositivo Provocatorio) o Disturbo dello Spettro Autistico, giusto per fare una piccola precisazione.
Tra questi super genitori ovviamente fanno parte tutti coloro che lottano ogni giorno per far valere i diritti dei propri figli con disabilità e difficoltà.
Il senso di colpa
Analizziamo da vicino come vive la coppia tale notizia. Tra tutti i sentimenti e le domande che si fanno i genitori una volta appresa la notizia che qualcosa nel figlio non stia funzionando come dovrebbe c’è il senso di colpa. E’ soprattutto la madre che si pone mille domande ripercorrendo tutta la gravidanza, gli esami fatti, le visite compiute e le attenzioni anche al minimo particolare eppure è come se il protocollo della gestante perfetta non fosse stato portato a termine.
Cosa è andato storto allora? La coppia inizia l’iter dei vari esami, va a ricercare ogni dettaglio che possa dare la risposta, quella risposta che attendono con ansia per cercare di capire perché il loro adorato figlio presenti delle difficoltà, perché non parli e comunichi come gli altri bambini della sua età.
La continua ricerca della causa diventa l’ossessione di queste famiglie e spesso lo strumento di sfogo e di indagine diventa internet che propone vari ipotesi a cui la madre e il padre trovano conforto. Il web diventa improvvisamente, soprattutto i primi tempi, l’esperto della situazione a cui rivolgere domande e trovare risposte e soluzioni. Tutto ciò porta purtroppo solo ad aggiungere altra confusione in soggetti già di per sé frustrati e addolorati.
Parlando con alcuni genitori mi è stato riportato che cercare su internet tutto ciò che abbia a che fare con la difficoltà che sta vivendo il proprio figlio o la propria figlia dà un senso di chiarezza fittizia, ovvero riconoscono perfettamente che quanto letto possa non combaciare al vero, ma quasi come un ancora di salvezza si rifugiano nel mondo virtuale per trovare le famose risposte.
Ma non solo, si apre davanti i loro occhi una stragrande varietà di genitori che condividono le stesse preoccupazioni, chi meglio di loro li può capire infatti. Ogni dolore o gioia che sia viene compresa perfettamente solo da chi ha vissuto la nostra esperienza.
Nella mente di queste famiglie si mescolano emozioni contrastanti. Disperazione, rabbia, paura per il “dopo di noi” sono solo tra le più diffuse. A queste poi si vanno ad aggiungere tutti quei comportamenti e atteggiamenti che dal di fuori è difficile comprendere.
Ci sono alcuni genitori che presi dalla loro ansia nel vedere il proprio bambino “diverso” iniziano a documentarsi, a studiare seriamente il problema. Passano in pratica dal web ai libri e iniziano, anche qui in maniera caotica e confusionaria, ad acquistare ogni sorta di manuale scientifico che possa tornargli utile. Sono preparatissimi sui vari convegni ed eventi organizzati sull’argomento, conoscono le varie strutture specialistiche presenti in tutta Italia e le tante associazioni. Cercano in questo modo di placare in qualche modo quel senso di colpa iniziale, “mi documento quindi non sono un cattivo genitore”.
Ancora, altri genitori vivono con una sorta di benda sugli occhi, non si rendono conto del problema del figlio e le loro richieste didattiche a volte appaiono eccessive. Il genitore di un bambino autistico con grave ritardo cognitivo e linguistico preferisce non vedere la realtà e continua a comprare libri con schede didattiche perché secondo lui il figlio è in grado di poter svolgere pur conoscendo perfettamente la gravità della situazione.
Qualche consiglio
Nessuno giudica l’operato di un genitore, soprattutto in questi casi così delicati, ma proprio perché alcuni, non tutti sia chiaro, nascondono la loro fragilità con una sicurezza che non gli appartiene è dovere degli specialisti far capire a queste famiglie il livello che possa essere raggiunto, in quel momento, dal bambino. Mai infatti dare false speranze proprio per non illudere i genitori di qualcosa che sarà difficile raggiungere. Il tutto ovviamente dovrà essere svolto con la delicatezza professionale che ci appartiene.
Cercare di far raggiungere a questi bambini l’autonomia personale, essere in grado cioè di andare al bagno senza un costante aiuto, eseguire un compito pratico, di vita quotidiana, solo per fare degli esempi, sono sicuramente obiettivi molto più importanti di completare una scheda di italiano in maniera corretta.
Il compito dei genitori, ma anche degli specialisti, degli insegnanti e di tutte quelle figure che vivono quotidianamente con questi bambini è quello di renderli il più indipendenti possibili, aprirli al mondo nella totale autonomia.
Creare una rete sociale, di aiuto per queste famiglie, è importante, ciò però non significa che i genitori debbano dimenticarsi di essere anche una coppia. Spesso ci si concentrata sulla difficoltà del bambino, sui suoi ritmi, sulle terapie, gli incontri da fare che si smette di essere un uomo e una donna con i loro bisogni e necessità.
Vivere isolati nel loro dolore porta a non vedere più le cose belle che la vita offre. Sono bambini che richiedono maggiori attenzioni è vero, ma non per questo vanno considerati come bambini di cristallo che basta un niente per mandarli in frantumi, sono semplicemente e meravigliosamente bambini, punto.