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Auguri a te, papà dalle spalle larghe!

di Quasi Padre - 19.03.2019 Scrivici

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Fonte: iStock
In occasione della Festa del Papà diamo voce alla dedica bellissima di mamma Roberta al suo compagno, uomo e papà dalle spalle larghe! Una storia commovente riscritta da QuasiPadre

La lettera di mamma Roberta 

Ci sono storie che ti girano intorno e sei costretto a sederti per il mal di testa, e storie che ti entrano dentro e ti bloccano il respiro. Ho scelto una donna che aveva bisogno di dire per continuare a respirare, ho scelto un uomo che aveva bisogno di sentire per continuare a sorridere. Ho scelto chi per diventare genitore ha dovuto scalare una montagna e ora nasconde la stanchezza dietro a un sorriso. Auguri a te, papà dalle spalle larghe.

"Ciao, come stai? Come inizio non è un gran che, lo so, ma capisci l'imbarazzo nello scriverti questa lettera. Mi conosci. Ci ho pensato tanto prima di farlo, ho aspettato l'ultimo giorno utile per partecipare, le diciassette e trentasette dell'ultimo giorno. E alla fine eccomi qui, alla fine eccoci qui. Io e te, rannicchiati dietro le parole, io e te abbracciati nella pausa di una virgola, io e te letti da migliaia di persone. La nostra storia stesa su una pagina bianca, stropicciata seppur virtuale. Chissà quante ne saranno arrivate di più intense, più interessanti, però noi siamo noi. E tu lo sai bene anche se non me lo dici spesso, se non guardandomi di nascosto, con quegli occhi lì.

Ci ho pensato tanto se scriverti in pubblico perché non volevo far pena a nessuno, ma sai cosa ti dico? Che noi facciamo invidia al mondo, altro che! Trovali due che si stringono le mani nonostante sudino, trovali due che continuano a disegnare una linea retta nonostante quelle mani ancora tremino. Trovali due castelli di sabbia sgretolati che continuano ancora a voler bene al mare. Perciò eccoci qui. Adesso però siediti, magari chiudi la porta che altrimenti lei entra e tu non puoi fare a meno di morderle le gambette.

Mi sarebbe piaciuto raccontare la nostra storia da quando ci siamo baciati per la prima volta ma quello è un tempo sospeso e va bene che rimanga su, insieme alle cose belle che sono volate via.

Undici anni fa abbiamo deciso di avere un figlio, ricordo quando facemmo l'amore con quella consapevolezza, con l'idea del “per sempre”. Sembrava una roba diversa, come una promessa. Peccato che nessuno ci aveva avvertito che sarebbe stato un viaggio lunghissimo, difficile, un viaggio che non è colpa delle scarpe strette se ci fanno ancora male i piedi. Sono incinta, ti ho detto una sera. E abbiamo aperto una bottiglia di vino, nonostante io non potessi bere.

Le beta erano salite, ma il sogno è durato poco. Aborto spontaneo”, si chiama così. E a noi di spontaneo veniva fuori tutt'altro. Poi ci abbiamo riprovato, ci siamo riusciti ma di nuovo un aborto, il secondo, sempre spontaneo, e tu lì, ad accompagnarmi dai vari medici, attraversando quei corridoi bianchi abitati da macchinette automatiche con le solite quattro merendine confezionate. Mi giravo sempre sai, per controllare che ci fossi. Era importante averti accanto. Poi altra bella notizia, stavolta soffochiamo la gioia in un sospiro, ma le beta crescono, speriamo sia la volta buona, pensiamo senza dircelo. Infatti puntuali arrivano i dolori, la corsa in ospedale, l'operazione urgente per una gravidanza extrauterina e tu che hai paura di perdermi, e io che ho paura di perderti. Invece ci siamo rialzati, di nuovo. Perché noi siamo noi, giusto? Noi facciamo invidia a tutti.

Fecondazione assistita, andiamo a informarci. Io leggo un sacco di cose su internet, tu sei pronto a renderci felici, e ti chiudi in una stanza con i muri spogli davanti a un giornaletto porno che non guardi nemmeno. Ti viene da sorridere pensando che è come quando eri ragazzino che ti nascondevi da tua madre per quelle robe lì, e sorridiamo insieme, ci sentiamo che è la volta buona.

Nel 2017 resto incinta di due gemelli. Un maschietto e una femminuccia. Esultiamo, ci abbracciamo, chi se ne frega della superstizione.

Ecco, se dovessi descrivere la felicità, farei il fermo immagine su quel momento. Io e te. Il cardiologo però ci fa ripiombare nell'incertezza, dandoci La Notizia. - Il maschietto ha metà cuore. Dice proprio così "metà cuore". Io mi danno a cercare una soluzione, andrei alla ricerca dell'altra metà se potessi. Tu non parli per un mese.

A 33 settimane nascono entrambi, sono minuscoli, sono i nostri figli. Ricordo quel senso d’impotenza, quegli auguri congelati, quel bisogno di prenderli in braccio e portarli a casa con noi. Rapirli dalle cose brutte. Poi, a due mesi e due chili e mezzo di vita, quelle dieci ore di intervento che non immaginavamo potessero durare per sempre, e la tua faccia, i tuoi occhi. E noi. Tre.

Oggi è la festa del papàe ti ho voluto scrivere questa lettera per dirti quanto sei bello quando giochi con lei, quando fai le smorfie, quando le sussurri che tanto per il primo fidanzatino dovrà aspettare i vent'anni compiuti. Volevo dirti che sei il nostro guerriero e che a combattere di continuo alla fine si possono pure perdere pezzi dell'armatura, ma nudi siamo sì più fragili ma anche più veri, a me piaci così. E allora piangi, se ne hai bisogno. Urla se pensi possa servirti a vomitare un po' di dolore. Ma ti prego, non darti colpe se gli avevi promesso di portarlo a vedere il mare e non ci sei riuscito. Gli eroi non hanno colpe. Io e te siamo due vasi rotti ormai, ma dobbiamo prenderci cura del nostro fiore, ed è una responsabilità grandiosa. Un dono.

Sei un papà eccezionale, a volte entrerei dentro i tuoi silenzi per buttarci una risata. Ti meriti la felicità di questo mondo e la bellezza delle cose sospese. Non hai mai mollato me, non hai mai mollato la tua famiglia.

È vero, nostro figlio aveva metà cuore, ora lo ha completo perché metà del nostro è andato con lui. Ora apri la porta che la piccola peste di cerca per darti un bacio. Io sono in cucina e volevo dirti che ti amo.

Roberta...

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