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Quando i figli prendono il sopravvento: violenti e irrispettosi nei confronti dei genitori

di Emmanuella Ameruoso - 21.09.2015 Scrivici

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I consigli della psicologa per gestire i figli quando prendono il sopravvento e diventano violenti e irrispettosi

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Sopraffazione figli su genitori

Le relazioni hanno sempre qualcosa di particolare, a volte difficoltose, altre più semplici da tollerare e da vivere. Anche il rapporto tra genitori e figli è contornato da mille sfaccettature e capita che qualcuno viva le itterizie dei propri figlioli in maniera piuttosto faticosa.

Anche i bambini o i prepuberi possono quindi essere violenti nonostante la mentalità comune di considerare i piccoli come soggetti da proteggere e da tutelare. Questo non significa rispondere con la stessa modalità ma cercare di comprendere il motivo reale del loro essere. Tante volte violenza, rabbia, urla e offese fanno prendere in seria considerazione la possibilità che il legame manchi di affettività. Ma così non è. In effetti, una situazione di questo tipo nasconde tanto bisogno di attenzione e amore, solo che viene manifestato nel modo più sbagliato.

Anche se, alla fine, è l’unica forma conosciuta. Quando in una famiglia il modello comportamentale è violento e aggressivo, è facile che i bambini e i ragazzi possano riproporlo in qualsiasi contesto. Se, invece, tra genitori e fratelli c’è un clima di rispetto e bonarietà, il contegno del bambino pare fuori luogo e qui ci si domanda come sia possibile. La frustrazione è alla base di tale condotta. Ciò significa che dare adito al ragazzo di soddisfare tutte le sue necessità comporta il non poter più tollerare situazioni di continuo appagamento. Paradossalmente il poter “uscire dalle righe” gli permette di “sfogare” la sua rabbia nei confronti di regole, serietà e educazione. Essere cioè trattato da “principe”, e quindi vivere un ruolo di privilegio in casa, gli permette poi di trasgredire e diventare prepotente soprattutto col genitore al quale è maggiormente legato e col quale passa più tempo. Generalmente con la mamma.

Una mamma sola e dedita alla sua educazione, dato che il marito è al lavoro o assente sul piano relazionale, e che soddisfa tutte le richieste del suo pargolo, poiché pressata dalle stesse, si trova a dover gestire un altro problema quello cioè della sopraffazione del proprio figlio. Ed ecco che quest’ultimo diventa irrispettoso, aggressivo e violento.

Le forme di maltrattamento possono essere sia verbali che fisiche e tanto più è alto il livello di frustrazione tanto maggiore sarà la rabbia che sfogherà. Il figlio tanto amabile ed educato si trasforma ad un certo punto in un tiranno che offende, manipola e che resta in balìa di se stesso poiché nessuno è in grado di contenerlo.

Un bambino “usato” come trait d’union in una coppia conflittuale funge un po’ da “collante” vivendo questa condizione come artificiosa, oppure un ragazzo terribilmente compiacente nei confronti dei genitori poiché in dubbio rispetto al loro affetto esprimerà dopo anni la rabbia accumulata. O, ancora, investito di un ruolo che non gli compete.

Cosa fare di fronte a figli violenti e irrispettosi?

Non è semplice gestire situazioni di questo tipo poiché si resta sconcertati dinanzi ad una condotta prima ineccepibile. È giusto, quindi, per prima cosa cercare di comunicare il proprio malessere emotivo rispetto al suo comportamento e non “alla sua persona”: “il tuo atteggiamento, ciò che mi fa soffrire, mi fa stare male” tentando di sviscerare assieme l’emozione sottostante.

  • Ristabilire i ruoli, definendo perfettamente chi è il genitore e chi il figlio e manifestare la propria autorevolezza cercando di recuperare il rispetto reciproco.
  • Coinvolgere l’altro genitore per essere al pari del proprio figlio, cioè far capire che la coppia genitoriale è compatta dinanzi a tale problematica così da “sottrarre” tacitamente il ruolo che il bambino/ragazzo ha conquistato “illecitamente”.
  • Se ciò risulta difficile poiché la situazione è ormai degenerata è bene rivolgersi ad un professionista in modo da facilitare il processo comunicativo e l’assunzione della propria funzione all’interno del contesto familiare e delle relazioni in genere.

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