Ho paura di non saper fare la mamma
Molte donne in prossimità della nascita del primo figlio possono sentirsi particolarmente ansiose ed insicure circa le loro capacità materne. Questi timori possono acuirsi nei giorni immediatamente successivi alla nascita del bambino, quando avviene il passaggio dal mondo dell’immaginario alla realtà, che può anche assumere delle caratteristiche molto diverse rispetto a quello che si è sentito dire o a ciò che si era immaginato. Cosa fare se si ha paura di non saper fare la mamma?
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Prima di farsi prendere dal panico e di sviluppare pensieri negativi circa le proprie capacità o la propria adeguatezza al ruolo materno è indispensabile ricordarsi che essere mamma è qualcosa che si impara poco a poco, attraverso l’interazione quotidiana e continuativa con il proprio bambino. Non esistono manuali che possano insegnare tutti i comportamenti e le risposte che una mamma ideale dovrebbe fornire al proprio figlio, così come solo relativamente utili possono essere i consigli del medico o delle altre figure professionali.
Ogni diade madre-bambino costituisce un insieme unico e del tutto particolare che deve trovare un proprio equilibrio ed una sintonizzazione reciproca, che non può essere studiata a tavolino, ma che deriva unicamente da un vicendevole incontro che ha luogo ogni volta per la prima volta quando la coppia sta svolgendo una qualsiasi attività. A questo proposito mi sembra opportuno citare Winnicott, grandissimo psichiatra e pediatra, che affermava che ogni qual volta nasce un bambino nasce anche una madre.
Cioè non esiste una madre prototipica, con delle caratteristiche ideali, ma una madre in funzione di quello specifico bambino: nessuno meglio di lei infatti si può rendere conto dei bisogni e delle necessità del suo piccolo.
Insomma quello che si va profilando all’interno della relazione madre-bambino è una sorta di “learning by doing”, un imparare ad essere madre facendo, un tipo di apprendimento che deriva unicamente dalla pratica.
Questo comporta necessariamente la possibilità dell’errore, ma non per questo bisogna sentirsi inadeguate e non deve venir meno la fiducia di poter imparare nel tempo gli stili di risposta più adeguati alle specifiche richieste del bambino.
Per citare Lackmann, in ogni interazione tra madre e bambino esiste la possibilità di una difficoltà di sintonizzazione reciproca: l’importante però non è l’errore, ma le strategie di riparazione dell’errore. Facciamo l’esempio di un’interazione tra madre e bambino durante l’allattamento: nel momento in cui il bambino è sazio darà un segnale comunicativo alla madre, come girare il viso quando viene offerto il seno, o il pianto, o un segnale di impazienza. Se la madre continuerà ad offrire il seno con insistenza il piccolo reagirà piangendo ancora più forte e sarà difficile consolarlo.
Mentre se la madre, una volta compreso il messaggio del bambino inizierà una sequenza comunicativa, ma non-nutritiva, come giocare con lui, parlargli o sorridergli, noterà che si calmerà molto presto. In questo senso sul piano della relazione l’iniziale momento di incomprensione è stato efficacemente riparato. La prossima volta la madre saprà come comportarsi nel momento in cui il figlio mostrerà un segnale di sazietà, senza interrompere una sequenza interattiva piacevole per entrambi i membri della coppia.
Essere una brava madre o una “madre sufficientemente buona” per dirla con Winnicott è qualcosa di estremamente naturale, che si impara giorno dopo giorno, interagendo con il proprio figlio.
E’ pertanto sufficiente fidarsi di sè e non dare ascolto a chi vuole insinuare dubbi sulla propria adeguatezza o competenza imponendo le proprie regole.