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Coronavirus e natalità
Uno degli effetti più interessanti e analizzati dai sociologi e dai media della pandemia da COVID-19 riguarda un eventuale boom di nascite in questo periodo. Dobbiamo aspettarci un incremento delle nascite a nove mesi dal lockdown di marzo? Vediamo cosa dicono i dati su Coronavirus e natalità.
Boom o calo delle nascite?
Una revisione intitolata How Is the COVID-19 Pandemic Affecting Our Sexualities? An Overview of the Current Media Narratives and Research Hypotheses ha analizzato diversi effetti della pandemia sulla società, compresi quelli legati alla sfera familiare e della sessualità.
L'analisi evidenzia che, da un lato, una eccessiva e stretta vicinanza con il partner può aver aumentato le probabilità di concepire – anche grazie al fatto che, in quarantena, risulta difficile reperire anticoncezionali o rivolgersi al ginecologo per l'interruzione di una gravidanza indesiderata – ma dall'altro ha anche acuito tensioni e problemi di coppia già esistenti.
Inoltre non è da sottovalutare l'aspetto psicologico: molte persone hanno perso il lavoro, hanno visto ridursi le entrate in famiglia, hanno dovuto stringere la cinghia con innegabili ripercussioni sulla sfera emotiva e psicologica della coppia. Queste difficoltà hanno influito negativamente su qualsiasi coppia, anche la più solida, e non è detto che il lockdown abbia, quindi, favorito un incremento delle gravidanze desiderate. Per lo meno non più di quanto abbia provocato tensioni e divorzi post lockdown.
Dunque, i titoli dei giornali che evocano un Baby Boom da Coronavirus non sembrano avere fondamento: sembrano essere più frutto di una suggestione che rimanda anche al passato. Ad esempio nel 1966, nove mesi dopo il grande blackout che colpì la città di New York, il New York Times titolò "Più nascite dopo il blackout", ma poi tempo dopo i dati vennero fortemente ridimensionati ed emerse che l'aumento delle nascite post blackout non era poi così evidente.
In effetti l'unico Baby Boom della storia recente riguarda il ventennio dopo la Seconda Guerra Mondiale, con un'esplosione economica e sociale che portò indubbiamente ad un desiderio generalizzato, nei Paesi industrializzati, di mettere su famiglia e lasciarsi alle spalle le difficoltà del dopoguerra.
Cosa dobbiamo aspettarci in Italia?
Kenneth Johnson, demografo della University of New Hampshire, ha dichiarato al New York Times di non credere che le coppie diranno "dai, facciamo un bambino nel mezzo della più grave epidemia da cent'anni".
E dello stesso parere, guardando alla nostra realtà nazionale, sono gli analisti dell'ISTAT che hanno pubblicato il capitolo 5 del rapporto annuale ISTAT nel quale vengono esaminate anche le ricadute sulla natalità della pandemia.
Secondo l'ISTAT:
Ci si attende che la crisi indotta dal COVID-19 peggiori l'andamento della fecondità del nostro Paese, per gli effetti sulla situazione sociale ed economica e sulla già elevata incertezza per il futuro da parte delle giovani generazioni. Le analisi condotte evidenziano una convergenza raggiunta nel tempo dei livelli di fecondità tra regioni del Centro Nord e del Mezzogiorno, con il mantenimento però di modelli di fecondità diversi tra zone del Paese. Nonostante il forte calo della fecondità nel Mezzogiorno non si è ancora affermato il modello del figlio unico. Emerge una marcata discrepanza tra tassi di fecondità desiderati ed effettivi che può rappresentare una chiave per disegnare politiche adeguate puntando alla rimozione degli ostacoli che si frappongono alla realizzazione del desiderio di avere figli ancora elevato nel Paese.
Insomma il nostro Paese, che è già a bassa fecondità, rischia di non godere di un Baby Boom post Covid. L'ISTAT precisa che il numero medio di figli per donna per generazione continua a diminuire dai primi decenni del secolo scorso. Nel 2018 sono stati iscritti all'Anagrafe 439.747 neonati, più di 18 mila in meno rispetto all'anno precedente e quasi 140 mila in meno rispetto al 2008.
Non c'è dubbio che la crisi economica abbia avuto un impatto determinante sulla formazione della famiglia con figli, e proprio le difficoltà economiche, lavorative e psicologiche legate alla pandemia non possono – secondo gli analisti e le previsioni statistiche – favorire un Baby Boom in questa fase storica.