Come si sviluppa il linguaggio nel bambino
Il linguaggio è un’abilità peculiare umana emblema della nostra natura profondamente sociale. E’ in parte ancora un mistero come il bambino riesca ad acquisire e a padroneggiare con destrezza un sistema così complesso in un arco di tempo relativamente breve.
A sei anni infatti il bambino si esprime in modo corretto, dimostrando una competenza linguistica paragonabile a quella di un adulto. In tal senso la scuola agisce come un un contesto di ampliamento e di perfezionamento di un’abilità già fortemente presente e strutturata.
Molti autori si sono interrogati, spesso dando luogo a vere e proprie dispute, sulla natura prevalentemente innata o acquisita del linguaggio. Per gli autori che sostengono una posizione innatista, come Chomsky, l’acquisizione del linguaggio sarebbe geneticamente determinata, in maniera indipendente rispetto allo sviluppo delle altre abilità cognitive. Altri autori considerano la comparsa del linguaggio in continuità con lo sviluppo cognitivo, quasi come un coronamento di quest’ultimo e attribuiscono maggiore importanza ai fattori ambientali e sociali. In questa prospettiva lo sviluppo comunicativo pre-linguistico, legato ai gesti e al paralinguaggio, viene considerato un precursore del successivo emergere della parola.
La prima forma di comunicazione è il pianto. Con esso il bambino segnala a chi se ne prende cura uno stato di disagio, connesso nei primissimi mesi di vita a bisogni di ordine fisiologico. Al terzo mese compare il sorriso sociale. Esso va distinto dal sorriso endogeno, di tipo riflesso, che si può riscontrare anche in età precedenti. Il sorriso sociale è esibito durante lo scambio comunicativo con l’adulto ed esprime il gradimento nei confronti dell’interazione.
Tra i quattro e i sei mesi il bambino inizia a sillabare. Questo fenomeno, noto come lallazione, diventa gradualmente più complesso e variato fino alla ripetizione di sillabe, che tanti genitori scambiano per protoparole.
In realtà non si può ancora parlare di linguaggio.
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In genere nello sviluppo tipico le prime parole compaiono tra i 9 e i 13 mesi. Esse sono prevalentemente legate al contesto di riferimento o connesse con le attività in corso. Gradualmente il linguaggio assume la sua caratteristica peculiare: quello di essere un sistema simbolico ed astratto, utilizzato per descrivere oggetti assenti fisicamente, oltre che presenti, o eventi passati e futuri. A 16 mesi il vocabolario medio di un bambino italiano è di circa 50 parole. La relativamente immatura capacità produttiva è compensata da una maggiore abilità di comprensione verbale.
Poi a 18 mesi si assiste al fenomeno dell’esplosione del vocabolario: i bambini cioè incrementano rapidamente il numero di parole prodotte, imparano anche più termini in una settimana, tantochè a 20 mesi il numero di vocaboli a disposizione del bambino è triplicato.
A un anno si nota il fenomeno dell’olofrase, cioè il bambino con una sola parola esprime una frase più complessa. Ad esempio può dire “pappa” per esprimere “voglio la pappa”. Con l’espansione del vocabolario, a partire dai 18 mesi, aumenta anche la capacità di comporre frasi, che contengono, intorno ai due anni, anche due o tre parole.
Tra i 24 e i 36 mesi lo sviluppo grammaticale ha una rapida accelerazione, che conduce all’acquisizione dei meccanismi morfosintattici salienti nella propria lingua madre. Anche la lunghezza media delle frasi continua ad aumentare. Compaiono le prime proposizioni dichiarative, è presente l’accordo soggetto-verbo. Dai tre anni in poi la struttura sintattica dei periodi si fa sempre più complessa, includendo le prime proposizioni subordinate, anche se sono presenti ancora delle difficoltà dal punto di vista grammaticale con gli articoli, con i plurali dei nomi e con l’uso dei pronomi, che in genere necessitano della scolarizzazione per essere completamente padroneggiati.
In ogni caso, soprattutto perché stiamo considerando l’età evolutiva, bisogna sempre ricordarsi delle differenze individuali.
Esistono cioè bambini più precoci, come bambini che pur iniziando a parlare più tardi ugualmente a tre anni hanno uno sviluppo linguistico nella media. Molto infatti dipende anche dall’ambiente e dalle stimolazioni che si ricevono all’interno dello specifico contesto evolutivo.
E’ sicuramente un fattore stimolante per lo sviluppo delle capacità linguistiche parlare e comunicare molto con il proprio bambino. Questo è valido a tutte le età.
In particolare dopo i tre anni è utile anche leggere racconti al bambino coinvolgendolo attivamente nel dialogo, facendogli delle domande. Non bisogna dimenticare che affinchè ciò che è determinato dal patrimonio genetico di ognuno possa giungere alla sua espressione è importante l’incontro con l’ambiente. In tal senso poter contare su degli stimoli ambientali adeguati facilita l’acquisizione di determinate abilità