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Stress e sviluppo cerebrale dei bambini

di Silvia Casini - 28.05.2019 Scrivici

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Il dott. Luigi Mastronardi ci spiega in che modo lo stress può influenzare lo sviluppo cerebrale del bambino

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Stress e sviluppo cerebrale

Fino agli anni ‘80 molti studiosi ritenevano che la struttura del cervello fosse geneticamente determinata e già completa al momento della nascita del bambino. Non si teneva in debito conto non solo del ruolo dell’esperienza sulle strutture cerebrali in via di sviluppo, ma anche del ruolo attivo del bambino sul suo stesso sviluppo cerebrale tramite l’interazione con l’ambiente (Shore, 1997). Una serie di ricerche effettuate su animali e l’utilizzo di nuove tecniche, non invasive, per studiare lo sviluppo cerebrale umano hanno fornito risultati sorprendenti evidenizato un legame tra stress e sviluppo cerebrale. Ce ne parla il dott. Luigi Mastronardi, psicoterapeuta.

Come si sviluppa il cervello dei bambini

Alla nascita i bambini possiedono quasi tutti i neuroni, più di cento bilioni (National Cleringhouse on Child Abuse and Neglected Information, 2001). Nel corso dello sviluppo fetale i neuroni che si sono formati migrano per dare vita alle varie regioni del cervello, creando così una struttura cerebrale di base. Ma lo sviluppo del cervello si completerà nel corso dei primi anni di vita. Negli anni successivi, fino alla morte, il cervello sarà in continua evoluzione, ma i cambiamenti non saranno di tale entità e drammaticità quanto quelli che avvengono nei primi anni dopo la nascita.

Le prime aree del cervello a raggiungere il completo sviluppo sono il tronco cerebrale e  il mesencefalo; esse regolano le funzioni corporee essenziali alla sopravvivenza (respirazione, digestione, escrezione, termoregolazione), le cosiddette funzioni autonome. Le aree che si sviluppano per ultime sono il sistema limbico, in cui ha luogo la regolazione emozionale, e la corteccia cerebrale, che permette il pensiero astratto.

Man mano che il cervello si sviluppa, diventa più grande e con una maggior densità neuronale. Il cervello di un bambino di tre anni ha raggiunto quasi il 90% delle dimensioni che avrà nella piena maturità (Perry, 2000). La crescita di ogni regione del cervello dipende in larga parte dalla stimolazione che riceve e quindi dalla possibilità di creare nuove “sinapsi”, cioè nuove connessioni tra i neuroni.

Sono queste ultime l’elemento cardine dello sviluppo cerebrale. Alla nascita il bambino possiede quasi tutti i neuroni, ma non sono formati che pochi collegamenti tra di essi, solo quelli essenziali alla mera sopravvivenza fisica. Il numero e il tipo delle connessioni sinaptiche che si formeranno in seguito dipende unicamente dall’esperienza.

All’età di tre anni, nel cervello del bambino si sono formate ormai circa 1000 trilioni di sinapsi, che sono molte di più di quelle che gli serviranno. Alcune di esse si rafforzeranno e rimarranno intatte, altre andranno perse. Una volta giunto all’adolescenza il bambino avrà perso circa la metà di queste sinapsi, nel corso della sua vita ne aggiungerà relativamente poche rispetto a questi 500 trilioni formatisi finora  (Shore, 1997).

La plasticità del cervello del bambino è, in qualche modo, un ‘arma a doppio taglio: da un lato offre la possibilità all’organismo in crescita di adattarsi nel migliore dei modi all’ambiente in cui si sviluppa, dall’altro fa sì che condizioni svantaggiose nell’ambiente in cui il bambino trascorre i primi anni di vita possano avere conseguenze permanenti sul suo sviluppo cerebrale. Il modo in cui il cervello si svilupperà determinerà le capacità cognitive, affettive e sociali, nonché sulla predisposizione ad ammalarsi fisicamente o psichicamente, della persona.

Brevi periodi di stress moderato, prevedibile, non sono affatto negativi, anzi preparano i bambini ad gestire le inevitabili frustrazioni e stress della vita adulta. Diverso è quando il bambino è sottoposto a stress gravi e ripetuti, quali situazioni di maltrattamento o trascuratezza.

Lo stress cronico sensibilizza delle connessioni neurali e fa sì che le regioni del cervello coinvolte nelle risposte di ansia e di paura siano iper-sviluppate; portando spesso ad un’ ipo-sviluppo di altre connessioni neurali e altre regioni cerebrali (Shore, 1997). L’attivazione cronica di quelle parti del cervello coinvolte nella reazione di paura (come l’asse ipotalamo-ipofisi-corticosurrene), può condurre ad un sottosviluppo di altre parti del cervello quali l’ippocampo, coinvolte nella cognizione  e nella memoria (Perry, 2000).

Esperienze traumatiche sperimentate nella prima infanzia possono interferire con lo sviluppo dei sistemi limbico e sottocorticale, il che può portare a gravi stati di ansia, depressione, nonché all’incapacità di stabilire un legame di attaccamento con altre persone. Inoltre un’attivazione cronica dei circuiti neurali coinvolti nella reazione di paura può creare una “memoria” permanente che modellerà la modalità di percezione e di reazione dei bambini nei confronti dell’ambiente. Si crea uno stato di iper-attivazione: il bambino è iper-vigilante, particolarmente attento e sensibile a quei segnali dell’ambiente che hanno un significato potenzialmente minaccioso.

Inoltre, paradossalmente, il bambino potrà fare in modo da suscitare un atteggiamento minaccioso in coloro che gli sono vicini, in modo da poter affrontare una reazione a lui nota, prevedibile, dal momento che le connessioni cerebrali che si sono create gli rendono di fatto impossibile reagire positivamente ad un ambiente diverso da quello in cui è cresciuto (Perry, 1997). Probabilmente è per questo motivo che bambini abusati tentano di sedurre gli adulti con cui vengono a contatto.

Gli effetti dello stress sullo sviluppo

Drammatici sono gli effetti evidenti di una trascuratezza grave sullo sviluppo cerebrale: dalla TAC si nota che il cervello dei bambini gravemente trascurati è significativamente più piccolo rispetto alla media e mostra uno sviluppo anomalo della neocorteccia, conseguenti alla carenza di stimolazione (National Cleringhuse on Child Abuse and Neglected Information, 2001). Ciò porta ad un ritardo mentale nonché ad un’incapacità di rapportarsi in maniera soddisfacente alle altre persone.

Si è visto, infine, che maltrattamenti e trascuratezza nella prima infanzia possono portare a  diversi problemi di salute mentale in età adulta:

  • Una ridotta crescita dell’emisfero sinistro può incrementare il rischio di depressione (Teicher, 2000)
  • La facile irritabilità del sistema limbico può predisporre ad attacchi di panico o Disturbo Post-traumatico da Stress (Teicher, 2000)
  • La crescita ridotta dell’ippocampo e anormalità a livello del sistema limbico possono aumentare i rischi di Disturbi Dissociativi e deficit della memoria (Teicher, 2000)
  • Un’indebolimento delle connessioni tra i due emisferi cerebrali è risultato associato a sintomi del disturbo da Deficit dell’Attenzione/iperattività (Teicher, 2000)
  • Bambini gravemente deprivati che sono stati privati di stimolazioni sensoriali comprendenti il contatto, il movimento e i suoni sono a rischio del Disturbo dell’Integrazione Sensoriale (Parent Network for the Post-Istituzionalized Children, 1999)

Questi dati, certamente drammatici in quanto si riferiscono a situazioni di stress grave e ripetuto per i bambini, sottolineano l’importanza e la responsabilità di fornire un ambiente adeguatamente stimolante e relativamente prevedibile per i nostri bambini, a casa, a scuola e nei vari contesti da essi frequentati.

Bambini che possono contare su un ambiente che promuova un sano ed equilibrato sviluppo cerebrale, diverranno adulti capaci di adattarsi in maniera ‘sana’ alle diverse circostanze della vita, di stabilire dei legami soddisfacenti, di provare e promuovere benessere psicologico e fisico.

Bibliografia

  • National Cleringhouse on Child Abuse and Neglected Information (2001): Understanding the effects of maltreatment on early brain development.
  • Parent Network for the Post-Istituzionalized Children (Spring 1999): overview of the post-istituzionalized child. The post, 1.
  • Perry BD (1997): Incubated in terror: Neurodevelopmental factors in the ‘cicle of violence’. 
  • Perry BD (2000): Traumatized children: how childhood trauma influences brain development. 
  • Shore R. (1997): Rethinking the brain. New York: Families and the Work Institute.
  • Teicher MD (2000): Wounds that time wont’heal: the neurobiology of chikd abuse. Cerebrum: The Dana Forum on brain science, 2(4), 50-67.

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