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Il neonato e lo stadio dello specchio

di Redazione PianetaMamma - 04.10.2014 Scrivici

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Il linguaggio verbale e non verbale tra mamma e figlio ha una funzione strutturante per l’individuo. Jacques Lacan parla dell'importanza dello stadio dello specchio nella formazione della personalità del bambino

FASE DELLO SPECCHIO DI LACAN - Forse non tutte le mamme sanno che il proprio linguaggio verbale e non verbale nei confronti dei figli nei primi mesi di vita ne influenza la considerazione di se fino all'età adulta.

Una grande responsabilità insomma, se si pensa che siano le madri i dosatori dell'autostima dei propri figli. Ma vediamo come, seguendo gli studi di Jacques Lacan, uno dei maggiori esponenti della psicanalisi francese del novecento. Secondo Lacan il linguaggio materno ha una funzione strutturante per l'individuo. Infatti, il bambino fino ai sei mesi presenta una percezione di sé frammentata per cui non riesce ad immaginarsi come un unità rispetto al mondo che lo circonda. Guardandosi intorno riconosce di sé solo le strutture che rientrano nel proprio campo visivo (mani, braccia, gambe, piedini), ma non sa ancora di essere un' unità come la madre o un suo simile. Tra i sei e i diciotto mesi accadrà qualcosa che gli cambierà la vita nel vero senso della parola. 

La madre, per la prima volta nella vita del piccolo, gli presenterà la sua immagine riflessa in uno specchio, e proprio da questo momento si strutturerà l’Io dell’infante. L’aspetto strutturante del riconoscimento della propria immagine è dimostrato anche biologicamente; ad esempio, la maturazione della gonade del piccione femmina avviene necessariamente solo in seguito alla vista di un congenere, di cui poco importa il sesso. Lo stadio dello specchio rappresenta la matrice dalla quale prenderà forma l’Io ed è per questa ragione che l’espressione materna, verbale e non verbale, nel momento in cui mostra il bambino davanti allo specchio giocherà un ruolo fondamentale nella sua formazione, nel suo linguaggio e non ultimo nella sua postura.

Il bambino infatti strutturerà la sua personalità su come la madre lo descrive di fronte allo specchio.

Se la madre indicherà con entusiasmo l’immagine del bambino, egli dal tono materno e dall’espressione del suo volto scoprirà non solo di aver scoperto di essere un’ unità a se stante, ma anche di doverne andare fiero. Al contrario se la madre darà poca importanza a questo momento perché impegnata, distratta o perché non è realmente orgogliosa del proprio figlio, il bambino prenderà consapevolezza di sé ed allo stesso tempo non saprà che valore attribuirsi a causa della passività materna.

La mancata comunicazione alimenterà ancor di più il dramma della consapevolezza di sé. L’individuo passa da un corpo in frammenti ad una forma ortopedica, che si traduce nell’ indossare un’armatura di un identità alienante, che ne segnerà con la sua rigida struttura tutto lo sviluppo mentale.

Ma questo corpo in frammenti riapparirà regolarmente nei sogni o su un piano più tangibile manifestando sintomi schizofrenici o isterici. In base alla presa di coscienza di sé, grazie anche al riconoscimento della mimica materna, il bambino sviluppa un linguaggio e un suo Io conforme al desiderio dell’Altro. Questo stadio porterà quindi alla formazione di soggetti adulti fieri e orgogliosi, con un linguaggio fermo e deciso, o di adulti psicotici, frustrati, con un linguaggio monotono, un tono basso e insicuro. Morale della favola? Mamme, ricordate sempre ai vostri figli quanto sono belli!

a cura di

Rita Ciaravola, Fisioterapista

Contatti: ritaciaravola@libero.it

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