In questo articolo
- La strategia del silenzio attivo
- Perché gli adolescenti si ribellano?
- Perché evitare lo scontro verbale con un figlio adolescente
- Cos'è il silenzio attivo
- Quando ricorrere al silenzio attivo
- Silenzio attivo: da che età?
- Quanto far durare il silenzio attivo
- Quando è efficace il silenzio attivo e perché
La strategia del silenzio attivo
L'adolescenza è l'età più temuta dai genitori, quella in cui si è chiamati ad affrontare i primi segnali di insofferenza e insubordinazione da parte dei propri figli, tra litigi, botta e risposta dai toni accesi, urla, porte sbattute. Come reagire, dunque, senza correre il rischio di far peggio? Come comportarsi quando i nostri ragazzi non rispettano le regole, dicono bugie, non ascoltano? Ma soprattutto, come far capire loro che ci sono dei limiti? A queste domande risponde Daniele Novara, tra i più autorevoli pedagogisti italiani e fondatore del CPP (Centro Psicopedagogico per l'educazione e la gestione dei conflitti), nel suo libro "Punire non serve a nulla", in cui approfondisce la strategia del silenzio attivo, che si può applicare anche sui bambini. Scopriamo di cosa si tratta.
Perché gli adolescenti si ribellano?
Tutti gli adolescenti attraversano fasi come il bisogno di indipendenza, di un'identità separata, di mettere alla prova l'autorità. Fa parte della crescita ed è anche legata ai cambiamenti cerebrali che li aiuteranno a diventare adulti. Tuttavia, gli adolescenti di oggi hanno una marcia in più, poiché le pressioni sociali arrivano prima rispetto alle generazioni precedenti.
Perché evitare lo scontro verbale con un figlio adolescente
La strategia del silenzio attivo di cui parla Novara nel suo libro nasce dal presupposto che uno scontro verbale con i ragazzi non è il modo giusto per farsi ascoltare. "Gli adolescenti puntano a livello psico evolutivo ad allontanarsi dai genitori – spiega il pedagogista, in questa intervista pubblicata su NostroFiglio -: non hanno particolare interesse nella condivisione comunicativa in casa, in quanto il loro interesse è fuori dal nido materno, infantile, che ha rappresentato la dipendenza da figure adulte genitoriali. In quest'età vogliono uscire dal guscio.
Il tentativo di voler risultare genitori gradevoli, amici e dialoganti rovesciando secoli e secoli di rapporti fra genitori e figli, risulta così patetico e sfocia inevitabilmente nelle urla e nello scontro verbale in quanto non libera i ragazzi nella loro ricerca di allontanarsi dal nido.
Una buona organizzazione educativa è la premessa per aiutare questi ragazzi nella loro crescita".
Cos'è il silenzio attivo
Cominciamo col dire che ricorrere al silenzio attivo non significa dire ai propri figli una frase come 'non ti parlo più'. Al contrario, il silenzio attivo è una strategia comunicativa che non ha carattere punitivo. "È come un semaforo rosso: corrisponde a una sospensione drastica di comunicazione nel momento in cui i figli adolescenti hanno comportamenti aggressivi che violano il rispetto che occorre sia connaturato alla relazione coi genitori", spiega Novara. "È una soluzione che possiamo adottare di fronte alla trasgressione di regole – aggiunge il pedagogista - perché segnala l'oltrepassare del confine del limite educativo su cui i genitori hanno titolarità".
Quando ricorrere al silenzio attivo
Un esempio illustrato da Novara per l'applicazione della strategia del silenzio attivo, è quello di un pranzo domenicale a casa dei nonni, durante il quale l'adolescente li aggredisce verbalmente, gridando cose sgradevoli, ad esempio che preferirebbe andarli a trovare in un ospizio piuttosto che sorbirsi un'altra domenica a pranzo da loro, e ponendosi in maniera conflittuale nei confronti di tutta la famiglia. Cosa fare in questo caso? "Di fronte a un'aggressione del genere, si può decidere che per mezza giornata la comunicazione è sospesa. Si chiarisce al figlio cosa ha portato a questa decisione e si mantiene il proprio proposito", spiega il pedagogista.
Silenzio attivo: da che età?
Stando a quanto appurato da Novara nei sui anni di studio della strategia del silenzio attivo e di osservazione della suddetta tecnica applicata dai genitori sui bambini più piccoli, il silenzio attivo è ritenuto adatto già a partire dai 3 anni. Anche per i più piccoli, valgono le condizioni viste con gli adolescenti, ovvero:
- bisogna comunicare per quale trasgressione si sta adottando questa soluzione
- i genitori devono essere d'accordo e collaborare
Quanto far durare il silenzio attivo
Se si vuole provare ad applicare la strategia del silenzio attivo sui bambini piccoli, già dai 3 anni di età, è bene che duri giusto qualche minuto. Quando saranno più grandi, si può aumentare la durata, arrivando a mantenere il silenzio per alcune ore con bambini fino ai nove anni e più là anche per mezza giornata.
Quando è efficace il silenzio attivo e perché
"Il silenzio attivo è particolarmente efficace nella preadolescenza - spiega Novara - e tenere una sospensione della comunicazione per un paio d'ore è una misura assolutamente adeguata. Già più in là negli anni è meno efficace: pensiamo a un diciassettenne, vedrà l'assenza di dialogo come un regalo ed è il caso di fare leva su altro a lui caro, il denaro ad esempio".
Tuttavia, il pedagogista precisa che non bisogna abusare di questo metodo, suggerendo di non utilizzarlo più di una volta a settimana. "Il silenzio attivo deve rappresentare qualcosa che viene vissuto come grave, non come una routine comunicativa. Il ragazzo deve, in quell'occasione, riflettere e stabilire un contatto con quello che che è successo", precisa Novara.
Nel suo libro "Punire non serve a nulla", Novara spiega come, con la buona organizzazione, si possa educare senza punizioni, facendosi ascoltare davvero dai figli e costruendo con loro un rapporto più forte e profondo.