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"La sedia della riflessione": una punizione esagerata?

di Chiara Mancarella - 28.02.2018 Scrivici

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Fonte: iStock
La pedagogista ci spiega perché la sedia della riflessione è tanto inutile, quanto umiliante e come intervenire nel modo giusto quando un bambino commette un errore

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La sedia della riflessione

Quante volte sarà capitato di sentire un adulto pronunciare ad un bambino parole come “Adesso vai nell’angolo e pensi a quello che hai fatto” oppure “Finchè non rifletti su quello che hai fatto rimani girato verso il muro”. È la cosiddetta “sedia o angolo della riflessionetanto inutile quanto umiliante.

Sono solo alcune delle punizioni verbali messe in atto da genitori e insegnanti che secondo il loro punto di vista dovrebbero aiutare il bambino a sentirsi in colpa per un errore commesso e riflettere su quanto accaduto. Questo modo di reagire, sbagliato, che assume l’adulto ha, in realtà, radici ben più lontane, non si ferma al semplice rimprovero.

L’atteggiamento usato viene facile perché abbiamo di fronte un essere più “debole”, il bambino appunto. Nessuno si sognerebbe di dire al proprio capo o ad una persona fisicamente più grande di noi “Vai nell’angolino e pensa a come ti sei comportato!”. Il potere del più forte ha sempre il sopravvento e con i bambini, ahimè, succede troppo e spesso, come se venisse naturale sgridare e punire.

Quando un bambino si comporta male prima di dare la punizione bisogna capire perché ha reagito in quel determinato modo, qual è stata la causa scatenante e solo in un secondo momento intervenire, senza far passare chissà quanto tempo. Molti genitori hanno la cattiva abitudine a rimandare il rimprovero, alcuni, addirittura, preferiscono delegare ad altri la punizione senza che questi ultimi siano stati presenti al momento dei fatti.

Molte mamme prediligono che sia il padre ad intervenire perché convinte che una voce maschile possa essere più forte di una femminile e soprattutto più convincente.

Aspetti negativi della sedia della riflessione

La sedia o angolo della riflessione viene utilizzata soprattutto negli anni della scuola dell’infanzia. La classe è formata da tanti bambini, a volte capita che a gestirla durante la giornata ci sia solo una maestra e per comodità e non perdere troppo tempo con il bambino o la bambina che in quel momento sta “disturbando” le attività preferisce adottare lo “strumento di tortura”, perché di questo si tratta e in questo modo viene visto dai bambini.

  • Così come i bambini dovrebbero riflettere prima di parlare e agire la stessa cosa dovrebbero fare gli adulti che presi dalla loro “superiorità anagrafica” dimenticano nettamente chi hanno di fronte. Il compito degli insegnanti e dei genitori è sempre quello di incoraggiare i bambini a fare meglio e, a sua volta, fare meglio significa essere in grado di assecondare le richieste dei piccoli presentando però modelli educativi adeguati e sicuri, su cui fare sempre riferimento.
  • Un bambino che, messo all’angolino per “riflettere” su un suo ipotetico atteggiamento sbagliato, si sente male per vari motivi: ha mal di pancia, gli viene la febbre oppure piange, se in quel momento l’unico adulto vicino è colui o colei che lo ha punito in maniera così eclatante…a chi chiederà aiuto?
  • Mandare a riflettere un bambino di tre o cinque anni che ha una percezione del mondo basata sulla realtà, ovvero su ciò che vede ed è concreto non serve assolutamente a nulla perché pur dicendo “Sì adesso ho capito e non lo farò più” in verità non ha ben chiaro proprio niente sul cosa deve riflettere. Già la parola stessa per lui è complicata.
  • Altro aspetto negativo che si tratti a scuola o in casa è che una simile punizione è estremamente umiliante. I bambini con questo atteggiamento percepiscono che il genitore o la maestra lo sta allontanando, come se non lo volesse nel suo cerchio e vicino.
  • In presenza di fratelli o coetanei comporta un basso livello di autostima e insicurezza oltre al fatto che potrebbe essere preso in giro dagli altri bambini.

Diverso è il discorso per la scuola primaria. Il bambino ha maggiore consapevolezza di sé e dei suoi possibili errori, ma attenzione siamo sempre nel periodo delle operazioni concrete, dove abbiamo un ragionamento non astratto, salvo per alcuni bambini negli ultimi anni della ex scuola elementare poiché padroneggiano con una certa sicurezza linguaggio e ragionamento.

Nei sei-sette anni invece pratiche come l’angolo della riflessione sono ancora in uso, purtroppo.

Una volta si mettevano i bambini dietro la lavagna per farli riflettere sui loro comportamenti, oggi questa insana abitudine non c’è dovuta anche al fatto di avere lavagne supertecnologiche appese al muro. Insegnare a riflettere è uno dei primi compiti che un docente dovrebbe mettere in atto con i suoi alunni, non solo, è necessario incoraggiarli nell’esposizione e nella consapevolezza di loro stessi.

Sbagliando s’impara

E s’impara anche attraverso l’esempio che viene dato. Un bambino che subisce una simile punizione fisica mette in atto una serie di meccanismi che lo porteranno ad escludere a sua volta persone che per un errore commesso non sono degne di stare vicino a lui.

Come intervenire nel modo giusto?

Premettendo che nessun pedagogista, psicologo e qualunque altro esperto di educazione abbia la soluzione a tutti i problemi o la bacchetta magica ci sono tuttavia delle strategie da mettere in atto per evitare questa “sedia della riflessione”. Va benissimo il rimprovero verbale, il bambino commette uno sbaglio è giusto richiamarlo, senza urlare ai quattro venti, spaventare non serve a nulla.

Abbiamo di fronte bambini tutti diversi tra loro e tutti con una loro personalissima sensibilità. Solitamente, in una scuola dell’infanzia, la sequenza che si verifica è questa: Il bambino commette uno sbaglio, viene accusato da qualche compagno, la maestra lo rimprovera, il poveretto piange, la maestra lo punisce allontanandolo dal resto del gruppo, il bambino trovandosi all’angolino con il viso rivolto al muro continua a piangere, la maestra continua il rimprovero…

Come dovrebbe essere: Il bambino commette uno sbaglio, viene accusato da qualche compagno, la maestra lo rimprovera, il poveretto piange, la maestra si mette di fronte a lui seduta o in ginocchio l’importante che i visi siano uno di fronte all’altro, gli spiega dolcemente che determinate cose non si dovrebbero fare motivando la spiegazione, si invita il bambino a fare un bel sorriso perché a tutti può succedere di sbagliare.

Errare humanum est. 

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