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Se il bambino vede i genitori che fanno sesso

di Redazione PianetaMamma - 24.07.2013 Scrivici

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Nonostante ci si stia attenti può capitare di essere sorpresi dal proprio bambino durante i rapporti sessuali. Una faccenda delicata, che in genere i genitori non sanno come affrontare

Dott.ssa Isabella Ricci
Psicologa

Cosa accade se il bambino vede i propri genitori che fanno sesso?

Nonostante ci si stia attenti può capitare di essere sorpresi dal proprio bambino durante i rapporti sessuali. Una faccenda delicata, che in genere i genitori non sanno come affrontare. In parte ciò è attribuibile al fatto che per moltissimo tempo la psicoanalisi ha considerato traumatico il fatto che il bambino avesse potuto vedere i genitori intenti in attività sessuali (LEGGI). Nel 1914, nel famoso caso clinico dell’Uomo dei lupi, Sigmund Freud (1914) fa riferimento a questa situazione con il nome di “scena primaria”. In particolare la nevrosi del paziente viene attribuita dal padre della psicoanalisi proprio alla mancata elaborazione della sconvolgente visione di un rapporto sessuale tra i genitori, quando il paziente era piccolo. 


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Per Freud non sarebbe tanto la scena in sé ad essere traumatizzante, quanto il fatto che un bambino piccolo, con ridotte capacità di elaborazione mentale, interpreterebbe l’atto sessuale come un qualcosa di connotato da aggressività e violenza (LEGGI). La mancata rielaborazione di questa scena in età edipica, che si fissa nella memoria del bambino, andando a costituire un ricordo traumatico, un’immagine mentale perturbante, sarebbe la causa di una serie di possibili sintomi, come tic ed altri tipi di nevrosi. Il concetto di trauma psichico inconscio alla base della sintomatologia delle nevrosi viene successivamente corretto dallo stesso Freud con l’idea che non solo gli eventi reali possono essere alla base dei sintomi nevrotici, ma anche le fantasie inconsce: esse investirebbero l’Io di angoscia con lo stesso potere degli eventi reali, costringendolo a mobilitare meccanismi di difesa, in primis la rimozione.

Il fascino e contemporaneamente il limite della psicoanalisi risiede proprio in questa misteriosa possibilità di rintracciare nel bambino di ieri l’adulto di oggi, tramite l’interpretazione dell’inconscio del paziente.

Limite perché riflette una concezione deterministica della vita psichica, secondo la quale ogni sintomo è riconducibile ad una precisa causa, ma che finisce per deresponsabilizzare il paziente, attribuendo sempre al passato, alle figure genitoriali, alle fantasie inconsce l’origine di un malessere che si manifesta a distanza di molti anni. Come a dire che oggi si è nevrotici perché da piccoli si è assistito alla scena primaria, o perché non è stato superato il complesso di Edipo, perché ci si è fissati alla tal fase dello sviluppo psicosessuale. Che continuiamo a cercare uomini o donne di un certo tipo perché nostro padre o nostra madre erano in quel modo.

I traumi esistono, questo è un dato di fatto, ma non esiste un trauma oggettivo, nel senso che assistere ad un determinato evento per alcuni soggetti può essere fonte di successivo disagio, per altri no. L’esito dell’esposizione ad un evento potenzialmente traumatico dipende da molti fattori: caratteristiche individuali, caratteristiche dell’evento e soprattutto dalle possibilità offerte dal contesto di elaborare attraverso la narrazione le presunte componenti traumatiche. Ma anche in caso di un effettivo trauma non è obbligatorio decidere che quell’evento, per quanto sconvolgente, debba condizionare il resto delle nostre scelte per il resto dei nostri giorni.

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In particolare non è detto che se il bambino scopra i genitori nel coito debba restarne traumatizzato.
Se poi fin da piccolo i genitori hanno affrontato l’argomento della sessualità, presentandola come un’attività spontanea e naturale degli adulti (LEGGI), basterà discuterne con il bambino, senza imbarazzo e senza dire bugie improbabili. Magari per le volte successive si cercherà di evitare di essere colti sul fatto: ma non bisogna torturarsi se non è stato possibile evitare questo delicato incidente, nè temere che quest’ultimo avrà conseguenze drammatiche ed irrimediabili sullo sviluppo psico-affettivo del proprio figlio

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