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Padri e figli, amici e poi nemici

di Emmanuella Ameruoso - 24.10.2017 Scrivici

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La psicologa ci parla del difficile rapporto padre e figlio durante l'adolescenza. Perché da un atteggiamento di amicizia e identificazione con il modello maschile si passa a un comportamento di rivalità e aggressività?

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Rapporto padre e figlio durante l'adolescenza

Comprendere ciò che accade nella mente di un adolescente prima in sintonia col mondo intero e poi in netto contrasto con tutti, non è cosa semplice. Da piccolo amorevole, amicone e assertivo, poi aggressivo, scostante e oppositivo. Sempre in giro per la strada con i suoi pari ed attaccato continuamente al suo telefonino. Molti padri riferiscono come cambia l’atteggiamento dei propri figli adolescenti nell’arco di breve tempo. Basta entrare nella fase della cosiddetta adolescenza che già si nota la differenza, ed il papà diventa un nemico!

Padre e figlio nemici

La rivalità tra figlio e padre fa parte della notte dei tempi ed il mito per eccellenza che richiama tale competizione è proprio l’Edipo Re di Sofocle da cui la psicoanalisi prende spunto. La più importante interpretazione, ma non l’unica, rispetto al suo significato simbolico è attribuita a Sigmund Freud che definisce a chiare linee il rapporto conflittuale tra padre e figlio attribuendo al giovane uomo il desiderio di possedere la madre.

Il suo (di Edipo) destino ci commuove soltanto perché sarebbe potuto diventare anche il nostro, perché prima della nostra nascita l'oracolo ha decretato la medesima maledizione per noi e per lui. Forse a noi tutti era dato in sorte di rivolgere il nostro primo impulso sessuale alla madre, il primo odio e il primo desiderio di violenza contro il padre: i nostri sogni ce ne danno convinzione. (...) Davanti alla persona in cui si è adempiuto quel desiderio primordiale dell'infanzia indietreggiamo inorriditi, con tutta la forza della rimozione che questi desideri hanno subito da allora nel nostro intimo. Portando alla luce della sua analisi la colpa di Edipo, il poeta ci costringe a prendere conoscenza del nostro intimo, nel quale quegli impulsi, anche se repressi, sono pur sempre presenti. (S. Freud, Interpretazione dei sogni, 1900)

Fromm, invece, considera il mito come la ribellione del figlio nei confronti dell’autorità del padre all’interno della famiglia patriarcale (Il linguaggio dimenticato, 1962).

Un'interpretazione più moderna è fornita dallo psicologo Franco Maiullari (1999) che valuta, in chiave psicoanalitica, come la scelta di Edipo non sia orientata al sapere bensì al potere, andando oltre i limiti del legame di sangue. Per ritornare a Freud, alla base della sua deduzione vi era la causa dello sviluppo psicopatologico del bambino ed il nocciolo della sua nevrosi.

L’adolescenza ed il legame con l’autorità

La famiglia nella crescita diventa un punto di riferimento fondamentale e, per questo, ognuno tende ad identificarsi con i modelli presenti al suo interno. Che significa identificarsi? Il processo di identificazione è un processo psicologico attraverso il quale un individuo si sente uguale o simile ad un altro. Il bambino prende come riferimento le figure genitoriali o comunque persone significative per la sua crescita. Un maschietto tenderà ad identificarsi nel padre, o anche il nonno o un eventuale fratello emulato. Attraverso tale processo il bambino acquisisce una propria identità definita ulteriormente dall’acquisizione di comportamenti, atteggiamenti e ruoli attribuiti al proprio sesso genetico e alla sua rispondenza nella società.

Crescendo, e divenendo adolescente, il ragazzo abbandona le modalità infantili di identificazione per trovarne di nuove: ha cioè necessità di ri-definire la sua identità di adolescente. Tale evoluzione, abbastanza complessa si riferisce alla sperimentazione di nuove funzioni all’interno dei contesti di cui fa parte: la famiglia, la scuola, il gruppo dei pari. Si trova quindi a doversi confrontare, competere, essere all’altezza della situazione per non risultare impacciato, per non essere deriso o considerato incapace.

È così che si allontana dai genitori, si chiude in se stesso, non si sente compreso e, nel tentativo di difendere la sua autonomia, rifiuta l’ala protettrice trasgredendo le regole. Si ribella quindi al padre, all’autorità che esso rappresenta. Quel padre prima idolatrato, amico, compagno di giochi, diventa un rivale, temuto, rifiutato e allontanato poiché è colui che detta le regole, e l’adolescente non vuole più seguirle.

È diventato un modello che non attrae e lui vuole mostrarsi invece indipendente, libero, adulto e capace di scegliere da solo. Non ha più necessità di rispettare gli insegnamenti paterni ma ha bisogno di sentirsi accettato dai suoi pari e dall’altro sesso che comincia a conoscere. Sperimenta la sua sessualità, le sue conquiste e gratifica il proprio Io assumendo comportamenti in contrasto con ciò che gli è stato sempre insegnato poiché attraverso gli altri si ‘riconosce’.

Un genitore svalutato

Non tutti i ragazzi mostrano tale modalità di crescita ma molti tendono a ‘rifugiarsi’ in un comportamento deviante o in situazioni al limite. Pertanto il ‘legame di sangue’ per conquistare il proprio ruolo all’interno della società, del proprio gruppo dei pari è disconosciuto. In questo atteggiamento, assunto dal ragazzo contribuisce lo stile genitoriale ossia il modo di educare che può, a seconda della modalità, ottenere una risposta non congruente con l’insegnamento.

Un padre autorevole capace di accettare, e parimenti controllare, fornisce la giusta protezione non solo nei confronti del tunnel dell’antisocialità ma anche dell’ insorgere di eventuali psicopatologie nel figlio. Un padre permissivo, al contrario, accetta e soddisfa qualsiasi richiesta fornendo altresì uno scarso controllo. Molto affettuoso certo, ma scarsamente responsabile rispetto alle decisioni dei figli e decisamente carente sul rispetto delle regole.

Un padre autoritario è temuto ma anche odiato. Controlla, ma non accetta; chiede che vengano rispettate regole e dettami ma non è propenso a nessun dialogo. È pertanto punitivo e spesso ottiene l’esatto contrario ossia la trasgressione delle regole attraverso comportamenti puramente antisociali. Se il figlio è propenso a subire in casa, assumerà lo stesso atteggiamento anche fuori. Un padre che trascura non esercita un buon stile educativo e non fornisce un modello da seguire. Viceversa, un ragazzo che ha necessità di identificarsi con un modello lo farà con altri componenti della famiglia se ha la fortuna di avere accanto altre figure maschili o che possano comunque sostenerlo, diversamente lo cercherà all’esterno con il rischio di trovarsi in situazioni al limite.

Concludendo...

È necessario comprendere il momento storico che il ragazzo sta attraversando per fornirgli il giusto apporto e sostegno senza sentirsi escluso come adulto. Avere dinanzi un muro che non vuole cedere non deve spaventare. L'adolescente ha solo necessità di stare con se stesso, di conoscersi, ha bisogno di tempo. Deve imparare a fare da solo. Ha bisogno di essere capito, spesso senza raccontarsi. Ha bisogno di essere seguito, ma la sua crescita impone di non mostrare fragilità e debolezze come farebbe invece un bambino più piccolo. È quindi importante far capire di essere sempre e comunque presenti e che nonostante questo cambiamento la famiglia, e in questo caso il papà, resterà sempre un forte punto di riferimento che in qualsiasi momento è disposto ad intervenire o ad ascoltare senza mai perdere il proprio ruolo facendo decadere le regole!

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