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Qual è la differenza tra violenza psicologica e punizioni sui bambini

di Emmanuella Ameruoso - 17.10.2018 Scrivici

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La psicologa ci spiega quali sono le differenze tra violenza psicologica e punizioni sui bambini

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Differenza tra violenza psicologica e punizioni sui bambini

Che cos’è la violenza psicologica e qual è la differenza con le punizioni? A volte si pensa che una punizione troppo severa possa sconfinare nella violenza. Ma è possibile delineare la differenza tra le due realtà?

La punizione subentra allorquando si trasgredisce una regola esplicita o tacita da parte di qualcuno: riferendoci ai bambini, quando mettono in atto un comportamento non condiviso dall’adulto. Il rispetto delle regole da parte dei piccoli è fondamentale poiché permette di essere contenuti sul piano comportamentale: il principio base di un’educazione corretta è proprio rispettare tali limiti. Quando i figli comprendono dove hanno sbagliato sanno di poter ricevere un’ammonizione e pertanto cominciano ad avere paura delle reazioni dei genitori o comunque dell’effetto del loro atteggiamento. Tale riconoscimento da parte del bambino permette a quest’ultimo di individuare la sua figura di riferimento che ha il compito di tutelarlo e proteggerlo quando ne ha bisogno. Diversamente la situazione si ribalterebbe e sarebbe il figlio stesso ad avere il sopravvento sul genitore che non verrà più riconosciuto nel suo ruolo di educatore ma nella persona che avrà accontentato tutti i bisogni fondamentali e non (capricci) del bambino.

Le

regole

e i possibili

divieti

possono essere concordate tra genitori e figli ma quest’ultimi spesso non sono in grado di rispettarle. Ed ecco che subentra il divieto molto importante poiché

stabilisce dei confin

i e diviene fondamentale per una crescita corretta e autonoma al fine di rapportarsi, da adulti, in maniera più adeguata dinanzi ai ‘no’, a possibili frustrazioni, all’accettazione dei propri e altrui limiti.

Vi sono però delle situazioni nelle quali  si trascende la punizione stessa tanto che diviene, se protratta nel tempo, una vera e propria violenza.

Dove inizia la violenza?

Una punizione protratta quali continue urla, divieti eccessivi rispetto al malfatto, l’assenza di un dialogo o un’ammonizione particolarmente crudele e che va a ledere l’autostima del bambino può essere considerata una violenza. È difficile però stabilire qual è il confine e delinearlo in maniera precisa soprattutto perché rispetto a tempi remoti, il concetto di violenza è decisamente cambiato e ciò che prima risultava ‘accettabile’  o ‘normale’ adesso risulterebbe una brutalità.

Quando un adulto comunica al figlio il proprio disappunto utilizzando una metodo educativo troppo severo o incisivo può scivolare nella violenza psicologica. Mentre sgridarlo, offenderlo, prenderlo in giro o isolarlo sono più evidenti sul piano comportamentale, le ferite emotive sono meno visibili ma più profonde.

Quando si può parlare di abuso psicologico sui minori?

Rientra nella definizione di violenza psicologica l’abuso, anche se non è di tipo fisico si può considerare la reiterazione di comportamenti che trasmettono al bambino il messaggio che ‘vale poco’, ‘che non è importante’, tutto ciò che dice è stupido, critiche e differenze tra i vari fratelli comportano una serie di maltrattamenti difficili da tollerare a lungo tempo. Gli stessi lasciano tracce emotive che poi sfociano in comportamenti problematici poiché l’Io non si struttura in modo adeguato per poter affrontare situazioni nelle quali il soggetto dovrà autodeterminarsi e auto affermarsi.

Conseguenze sul bambino

Un bambino abusato ha un atteggiamento differente nei confronti della vita e degli altri. Può esprimere rabbia, frustrazione, può mettere in atto, crescendo, comportamenti devianti, assumere droghe o alcool.

Al contrario può chiudersi in se stesso e diventare ipersensibile nei confronti di qualsiasi tipo di relazione, giudizio o commento rivolti a lui quale per esempio essere preso in giro dai compagni. Un bambino che subisce non sviluppa una sana forza dell’Io e può presentare diversi disturbi tra cui ansia da prestazione, fobia sociale, depressione e anche patologie molto più serie.

Come intervenire?

I soggetti che subiscono violenza psicologica hanno bisogno di riacquistare la propria autostima, la  propria capacità di discernere ciò che è stato inflitto da ciò che è reale, di riappropriarsi del proprio diritto all’esistenza, di elaborare il vissuto, l’aggressione, l’ingiustizia comminata da una figura che avrebbe dovuto essere una guida, un educatore, un genitore.

Non è semplice recuperare in poco tempo questi aspetti di Sé poiché molti sintomi, come conseguenza dell’abuso subìto, si presentano a distanza di anni  e per anni.

È possibile, invece, poter intervenire attraverso la prevenzione primaria che mira ad informare i genitori e i figli sulle possibili conseguenza di questo tipo di maltrattamento sia in termini emotivo/psicologici che giuridici. È opportuno, infatti, segnalare casi di questo tipo ai servizi sociali, alle forze dell’ordine quando si percepisce che all’interno di un contesto familiare succede l’imprevedibile, mentre per i più piccoli anche se l’età della consapevolezza è piuttosto lontana, rivolgersi a centri specifici o associazioni che offrono servizi di ascolto telefonico o online.

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