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Perché non forzare i bambini a dimostrazioni di affetto? Risponde la psicologa

di Emmanuella Ameruoso - 31.01.2017 Scrivici

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Perché non forzare i bambini a dimostrazioni di affetto? La psicologa ci spiega perché lasciarli liberi di scegliere risulta essere importante per una crescita sana

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Perché non forzare i bambini a dimostrazioni di affetto

Forzare i bambini a manifestazioni d’affetto può aiutarli a sviluppare delle competenze affettive? I bambini sono in grado di esprimere la propria affettività a prescindere da ciò che viene loro richiesto. Alcuni sono più coccoloni e altri un po’ ritrosi. Tendenzialmente imitano i grandi nelle loro effusioni, nel loro stile di attaccamento e anche nella loro emotività.

Lo sviluppo dell’espressione emotiva

Il bambino tende a sviluppare le proprie competenze emotive in base a quanto interiorizza dalle relazioni genitoriali, dal tipo di scambio affettivo che egli stesso ha con ogni singolo genitore e dalle opportunità date dall’ambiente esterno. È quindi un’evoluzione dinamica e un adattamento agli stimoli ambientali. Da essi acquisisce la propria capacità di regolare gli stati emotivi interni e la duttilità al cambiamento. Ma molto dipende dall’indole del bambino.

Tutti possiedono sin dalla nascita la capacità di socializzare e creare relazioni di scambio affettivo e di attaccamento, ed è all’interno della relazione con i genitori che si strutturano quindi le prime esperienze affettive. Attraverso l’osservazione diretta della relazione madre-bambino si è potuta constatare la funzionalità dei ‘neuroni specchio’ i quali permettono un reciproco scambio e riconoscimento tra i bisogni del bambino e la capacità della mamma di sintonizzarsi sui suoi diversi stati emotivi. Tramite questo processo sano il piccolo si confronta con le emozioni quali la paura, l’ansia, la tristezza in maniera meno ‘traumatica’ poiché riuscirà a gestirle non spaventandosi. Se la mamma, invece, non saprà riconoscere le effettive richieste del figlio, l’impatto che quest’ultimo avrà con le sue emozioni potrà essere di diverso tipo.

Distogliendolo, infatti, da un’espressione spontanea di sé e ‘mascherandola’ con una di diverso tipo, la stessa apparirà ‘falsa’: ciò significa che se dinanzi ad una sua manifestazione di tristezza la mamma sorriderà o gli chiederà di esprimere felicità, il bambino capirà che la sua esigenza non potrà essere soddisfatta.

Avvertirà quindi una incongruenza tra ciò che sente e ciò che gli viene chiesto di esprimere. Una modalità che sarà acquisita dal bambino e che si manifesterà in maniera finta, accondiscendendo così i bisogni altrui e non i propri. Creerà ciò che Bowlby definisce ‘il falso sé’ come conseguenza di un'inadeguata risposta materna ai suoi bisogni.

Tale ‘costruzione’ compenserà un vuoto affettivo non soddisfatto dall’altro: il vero Sé sarà presente in relazione ad un falso Sé che è riconducibile al modo in cui ognuno di noi ha percezione del proprio corpo e della sua rappresentazione mentale, in questo caso distorta.

La richiesta ai piccoli di mostrare affetto

La manifestazione di tenerezza tra genitori e figli è una prerogativa della loro intimità, come può essere un bacio o un abbraccio. Per molte mamme continuare a offrire le proprie labbra per creare il contatto intimo con i propri piccoli è anche sinonimo di possesso e amore incondizionato. Pertanto andrebbe evitata qualsiasi altra richiesta che riguarda invece gli estranei. Capita che i bimbi rifiutino categoricamente di baciare amici o parenti dietro richiesta dei genitori poiché l’azione racchiude in sé un significato profondo e condividerla con gente sconosciuta può essere un’invadenza. Pertanto il loro tentativo di svincolarsi va rispettato. Non è poi così semplice baciare o abbracciare tutti!

Ogni bambino ha quindi una propria individualità e un proprio carattere. Quando risponde esclusivamente alle esigenze dell’adulto elude le proprie, dando così maggiore rilievo agli altri. Analogamente avviene per la sua affettività. “Dai un bacio alla zia”, “abbraccia la nonna”, “saluta la maestra”! Dei piccoli comandi imposti come se non fosse da solo in grado di scegliere. Concedere questa libertà, significherebbe permettergli di capire come e quando esprimersi…

Il bambino impara così a dar valore ai suoi gesti, alla sua emotività e a ciò che sente, e riesce a farlo naturalmente quando è libero da vincoli o costrizioni. Se invece questi comportamenti vengono forzati allora il significato cambia.

Non è più spontaneo ma è obbligato. È così che i suoi baci e i suoi abbracci vengono espressi per piacere e compiacere l’altro, in primis i genitori, magari con un senso si fastidio e imbarazzo. E’ facile che possa chiudersi in se stesso poiché la manifestazione dei suoi sentimenti non ha altra possibilità se non quella di accontentare.

Lo stesso quando gli si chiede di dare un bacio o abbracciare l’altro in cambio di qualcosa, un gioco, un dolce..allora è chiaro che assocerà le due cose tra loro. Alcuni bambini rispondono immediatamente a tali richieste, mentre altri non lo fanno poiché non ne hanno voglia. Alcuni identificano la richiesta come una seccatura e imparano a difendersi dicendo di no, altri hanno la tendenza a provare disagio e ad associare l’approvazione tramite lo scambio di effusioni anche se controvoglia.

Il corpo, il contatto che avviene tramite un abbraccio e la bocca rappresentano parti molto intime e personali. Le prime esperienze rappresentative e significative che ognuno di noi ha riguardano i primi mesi di vita sono uniche e ineguagliabili nel ricordo chi le vive soprattutto nella memoria del bimbo e della mamma. È quindi palese quanto la manifestazione di affetto deve avvenire se realmente desiderata da chi la compie. Pensiamo per un attimo di lasciar libero il bambino di scegliere, quali benefici per lui? Ogni genitore ha bisogno di sapere che il proprio figlio è amorevole e socievole con tutti e la mancanza di manifestazioni d’affetto da parte sua può dar adito a mille interpretazioni: ‘è un bambino scontroso’, ‘ è piuttosto difficile’, ‘è decisamente ritroso’.

Ma la possibilità di scegliere e porre una distanza tra sé e le persone, risulta essere una risorsa significativa per la sua sana crescita.

  • Impara a distinguere le richieste ‘strane’ degli adulti e impara a difendersi da queste.
  • Capisce la differenza tra sé e i suoi coetanei e osserva più obiettivamente le situazioni nelle quali aprirsi, se lo sente.
  • Impara ad avere il controllo sul proprio corpo e capisce come gestire la propria affettività: decide liberamente a chi avvicinarsi. Il suo corpo e la sua fisicità diventano importanti per esprimere se stesso in relazione agli altri, decidere quanto dare di sé e come.
  • Impara che gli adulti non possono toccarlo quando non vuole, ma soprattutto a dire di no! Così i parenti assumono un’importanza marginale rispetto ai genitori e a chi decide lui.
  • Comprende quanto sia importante mantenere un distacco con gli estranei, nel rispetto di sé e della propria integrità.
  • Sviluppa, inoltre, una maggiore sicurezza di sé e del proprio corpo non accondiscendendo necessariamente alla sua valorizzazione tramite l’apprezzamento esterno. Insomma, se vorrà abbracciare la nonna o dare un bacio alla zia potrà farlo liberamente poiché lo sentirà in modo spontaneo e naturale!
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