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Perché a 2 anni non ascoltano
A due anni i bambini sembrano avere una volontà di ferro, soprattutto quando si tratta di dire NO e di rifiutarsi sistematicamente di fare qualsiasi cosa venga loro chiesto o proposito. Ma perché si comportano così? E come cercare di cambiare le cose cercando di non impazzire?
Per prima cosa, ci viene in aiuto la scienza. A due anni un bambino sta vivendo il più grande sviluppo del cervello della sua intera esistenza: è stato stimato che dalla nascita fino intorno ai tre anni il suo cervello produce circa 700 nuove connessioni neurali ogni secondo. Inoltre, a questa età il suo comportamento è guidato al 90% dall’emotività, non dalla logica. In poche parole, le sue azioni sono impulsive e guidate esclusivamente da emozioni per la maggior parte della giornata: è esattamente questo il motivo per cui è capace di chiedere a gran voce del cibo e poi rifiutarlo non appena glielo presentate davanti. Ed è anche il motivo per cui è assolutamente inutile chiedergli perché l’ha fatto: nemmeno lui lo sa. Non ha idea del perché quel cibo non gli è piaciuto. Ma probabilmente, dato che ha fame, se glielo riproporrete tra 5 minuti lo divorerà gioiosamente.
Il segreto è cercare di sintonizzarsi con lui e, in qualche modo assecondarlo, il che, attenzione, non significa rinunciare ad educarlo e crescere consciamente un piccolo selvaggio. Significa solo che noi adulte sappiamo usare la logica e capire che se ci sediamo a bere un caffè (o due!) per dieci minuti invece di insistere e tempestarlo di domande sul perché non vuole mangiare, non cambierà assolutamente nulla, anzi! A un certo punto, probabilmente sarà lui stesso ad avvicinarci e chiederci di avere il suo cibo.
Il motivo di questi comportamenti insensati - e capaci di rendere infernali le giornate no - è presto detto: questa è l’età in cui i bambini iniziano ad esplorare la loro indipendenza e sviluppare la propria immagine di sé; avete fatto caso che le parole che dicono più spesso sono “no” e “mio”? Per loro sono modi di comunicare il loro essere separati da noi, attraverso comportamenti non conformi che li aiutano a riconoscere che i desideri di mamma e papà possono non coincidere con i loro.
Non conformarsi per cercare una propria identità e crescere, quindi: un meccanismo che inizia ora e culmina con la ribellione adolescenziale.
Cosa fare?
Ma come fare per sintonizzarsi meglio con il piccolo e quindi, in qualche modo, indurlo a comportamenti accettabili? Ecco qualche dritta per voi:
- Dare delle scelte: è un ottimo compromesso, perché gli stiamo concedendo una certa libertà, ma alle nostre condizioni. Ed evitiamo gli autogol come le domande aperte (“vieni a tavola?”): la risposta, lo sapete anche voi, sarà “no” ;-)
- Parlare in un linguaggio adatto a lui: evitare le negazioni o i divieti e privilegiare invece i termini positivi e il “cosa fare” (ad esempio no a “non tirarlo” e si a “passamelo”). Cerchiamo di essere pazienti e aspettare che lui elabori l’informazione e risponda; siamo sempre amichevoli e rispettose, perché un tono imperioso non farà che spingerlo a “sfidarci”.
- Cercare il rapporto causa-effetto: parlando con lui ponendoci possibilmente all’altezza dei suoi occhi, spieghiamogli in che modo da una sua azione scaturirà una conseguenza: “quando ti laverai le mani, allora potremo metterci a tavola.”
- Cercare sempre la collaborazione: “avrei bisogno che ti vestissi” crea tra noi un legame di complicità, un gioco di squadra, che anche un bimbo così piccolo è in grado di percepire.
- Giocare d’anticipo: ogni volta che è possibile, è bene anticipare al bambino cosa bisognerà fare “tra un po’ dovremmo vestirci per andare dai nonni”; questo ci dà il tempo di tastare il terreno e capire qual è il momento opportuno per interrompere il gioco e iniziare a vestirlo, evitando capricci!