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La comunicazione non verbale dei bambini

di Parlare con i bambini - 08.01.2015 Scrivici

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Fonte: shutterstock
L'importanza della comunicazione non verbale (CNV) per genitori ed insegnanti. Ce ne parla Alberto De Panfilis, Ideatore e Trainer del metodo MetaDidattica

Comunicazione non verbale 

In seguito all'incontro che si è tenuto a Roma dal titolo "La Comunicazione Non Verbale (CNV) per Genitori ed Insegnanti" abbiamo rivolto qualche domanda ad Alberto De Panfilis, Ideatore e Trainer del metodo MetaDidattica e docente del corso, per farci raccontare cos'è la Comunicazione Non Verbale e come può essere utilizzata da genitori e insegnanti nelle relazioni di tutti i giorni.

  • Alberto, ci dici come si può definire la Comunicazione Non Verbale?

La Comunicazione Non Verbale è quello strumento che mi permette di capire se gradisci o meno l’argomento di cui ti sto parlando (o di cui tu mi stai parlando), mi aiuta a cogliere le emozioni che provi in relazione a qualcosa che per te è importante; volendo mi consente anche di individuare eventuali bugie. Ma procediamo con ordine: sappiamo tutti che, quando comunichiamo, non ci limitiamo a farlo soltanto con le parole (la parte verbale), ma inevitabilmente mettiamo in campo anche il corpo e le caratteristiche “sonore e ritmiche” della nostra voce.

Questi aspetti, insieme, compongono la cosiddetta Comunicazione Non Verbale (CNV), fatta di linguaggio del corpo e di paraverbale. In sostanza il nostro corpo, e la nostra voce, parlano: lo fanno attraverso un vero e proprio linguaggio fatto di gesti, movimenti, espressioni del viso, posture, respiri e sospiri, distanze prossemiche, colpi di tosse, deglutizioni, ecc.

Insomma, stiamo parlando di una vera e propria miniera di informazioni, inaccessibile (o solo grossolanamente esplorata) se non attraverso un suo attento studio.

  • Che messaggi ci comunica questo codice parallelo?

Uno dei postulati più importanti della comunicazione umana afferma che non è possibile non comunicare. Questo perché ogni comportamento ci comunica qualcosa e non è possibile “non comportarsi”. Il fatto che il nostro corpo esprima sempre quello che stiamo provando a livello emozionale, dipende dal funzionamento del nostro sistema nervoso centrale: questo, attraverso il sistema limbico (una delle parti più “antiche” del nostro cervello, il cosiddetto paleoencefalo), ci fa reagire alle sensazioni/emozioni interne anche attraverso segnali visibili all’esterno.

Non parliamo soltanto di comportamenti volontari (che solitamente sono quelli a cui siamo più abituati a prestare attenzione), ma anche di segnali involontari, ma ben specifici. 

  • Quando può essere utile conoscere meglio gli aspetti non verbali della comunicazione?

La CNV ci consente di comprendere meglio gli altri (prestando un livello di attenzione “speciale” ai loro bisogni); al contempo rappresenta un ottimo strumento di consapevolezza, aiutandoci a conoscere meglio anche noi stessi. Infine ci dà strumenti strategici per relazionarci con più efficacia alle persone per noi importanti: i nostri figli e le loro innumerevoli esigenze, gli studenti e i loro genitori, i nostri familiari, i colleghi di lavoro… insomma, laddove c’è relazione, la CNV può aiutarci.

Per chiunque poi creda nel valore dell’ascolto, poter contare su occhi e orecchie ben allenate a “leggere tra le righe” innalzerà in modo consistente la qualità della nostra attenzione. Penso ad esempio a tutte quelle volte che per un genitore può risultare determinante cogliere quale emozione risiede alla base di un determinato comportamento del figlio, in modo da potergli offrire il sostegno di cui ha bisogno.

Faccio un esempio per spiegarmi: ho assistito spesso ad interventi di madri preoccupate per la rabbia che il figlio raccontava di provare nei confronti di ingiustizie vissute a scuola (per esempio da parte degli insegnanti, oppure a causa di angherie messe a segno dai compagnetti più grandi). Di fronte ad un bambino arrabbiato si cerca di placarlo un po’… ma che dire di quando la CNV del bambino ci avrebbe fatto cogliere un’altra emozione alla base dei suoi racconti? È ben diverso provare rabbia verso una determinata situazione, o nascondere una paura. 

Lo stesso vale per il nostro bambino che ci racconta di aver ormai superato un momento di difficoltà, presentando invece sul suo viso microespressioni di tristezza (questi particolari segnali si chiamano “micro” in quanto durano pochissimo nel tempo: fino ad un venticinquesimo di secondo).

Molti insegnanti poi utilizzano la Comunicazione Non Verbale per praticare un Ascolto Attivo ancora più efficace: saper leggere il linguaggio del corpo, infatti, consente di rintracciare in modo più affidabile le cosiddette “parole calde” (cioè particolarmente significative per chi ci sta parlando) e comprendere a fondo le sensazioni vissute del nostro interlocutore. Questo significa avere inevitabilmente più informazioni a disposizione e, soprattutto, riuscire ad investire ancor più sulla relazione.

  • Quali strumenti consigli a chi vuole approfondire le sue conoscenze su questo tema?

Per arrivare a poter contare su questi preziosi strumenti è necessario conoscere la materia (per farlo si può frequentare un corso di formazione valido o leggere uno fra i tanti manuali in commercio), ma soprattutto fare tanta pratica per allenarsi e divenire abili nel rintracciare e ben interpretare i numerosi segnali. Ad una cosa bisogna però stare attenti: guai ad illudersi di “aver capito” gli altri, sarebbe uno dei migliori modi per peggiorare le relazioni anziché arricchirle. L’uso della CNV invece dovrà far crescere i nostri livelli di attenzione, allenandoci ad un uso più consapevole della nostra comunicazione: i nostri bambini e studenti ne hanno davvero un gran bisogno.

Per maggiori informazioni sul corso in programma a Roma (ma anche a Bologna e Pescara) clicca qui... o invia una mail all'indirizzo info@metadidattica.com

Come riconoscere le emozioni
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