A cura di Parlare con i bambini
La sicurezza del parto
per mamma e bambini è una conquista molto importante, che rischia però di far passare in secondo piano tutto il resto. Con tutto il resto intendo l'evento
nascita
nel suo valore più profondo, come vissuto emotivo e relazionale da parte di mamma e bambini (e papà).
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Su questo piano è intervenuto, negli anni Settanta, il ginecologo e ostetrico francese
Frédérick Leboyer,
considerato il precursore del cosiddetto
parto dolce o parto senza violenza
(noto anche come metodo Leboyer), descritto nel testo: “Per una nascita senza violenza. Il parto dal punto di vista del bambino.” Quello che Leboyer prova a ricostruire è, appunto, la
percezione della nascita da parte del nascituro
: le sensazioni di accoglienza nel pancione, le sensazione di lotta nel momento del parto, le sensazioni alla nascita...
Secondo Leboyer, molte delle pratiche mediche non tengono conto di questo aspetto della nascita, cioè del punto di vista dei bambini. Le misurazioni e il controllo su quello che succede (o potrebbe succedere) prendono il sopravvento nella pratica clinica e nessuno spazio viene lasciato alla cura delle sensazioni e delle emozioni dei neonati. Fino a non molto tempo fa, era diffusa l'idea che non solo i feti, ma nemmeno i neonati avessero coscienza e sensazioni: oggi, le neuroscienze ci dicono che è vero il contrario e che, per fare un esempio,
le sensazioni tattili sono attive a partire dall'ottava settimana di gestazione
.
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Per questo, “
la nascita, lungi dall'essere un inizio, non è altro che un passaggio
. E l'esserino che ci guarda e ci interroga 'era' già da molto tempo” e “questo primo sguardo è indimenticabile. Dicono, quegli occhi immensi, gravi, intensi, profondi: 'Dove sono, cosa mi è successo?'” Il modo migliore per vivere il passaggio, e rispondere a queste domande, è ripensare al parto dal punto di vista del piccolo, cominciando ad attenuare luci e rumori, lasciandogli ritrovare la mamma che conosce già bene.
Le indicazioni consigliate da Leboyer sono oggi prassi comune in molte strutture, però può anche accadere che non sia così. La lettura di questo testo, nella mia esperienza, è molto utile in entrambi i casi: in quelli in cui tutto va come dovrebbe andare e il personale che assiste la nascita l'asseconda nella sua naturalità; ma anche in quelli in cui non tutto si svolgerà, o si è è svolto (se il libro si legge dopo la nascita), secondo questi criteri di
rispetto e delicatezza.
Il suo messaggio, infatti, va oltre il discorso rivolto ai colleghi, destinatari del suo dire, va oltre le linee guida proposte per il parto e ci aiuta a capire l'aspetto di cui forse siamo meno coscienti, come persone e come società: che al momento della nascita di una bambina, di un bambino, accade una cosa preziosa che forse meriterebbe più attenzione delle procedure stesse, se non fosse che queste ne sono in parte strumento, e cioè
il trovarsi e ritrovarsi, per sempre, di mamma e bambino
: “coricato sul caro petto, con l'orecchio contro il cuore, ritrova il tamburo familiare, il suo ritmo. Tutto è compiuto, tutto è perfetto. I due hanno lottato selvaggiamente, questi due sono ormai uno.”
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