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L’angoscia dell’ottavo mese

di Isabella Ricci - 26.07.2016 Scrivici

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Fonte: iStock
L'angoscia del bambino a otto mesi è un fenomeno assai diffuso ed è spesso legata alla presenza di un estraneo

L'angoscia del bambino a otto mesi

Un fenomeno molto frequente nei bambini intorno agli otto mesi è l’angoscia legata alla presenza di un estraneo, soprattutto se si verifica l’allontanamento momentaneo della madre. Quest’ansia molto forte si manifesta generalmente con un pianto inconsolabile e in certi casi con stati di vero terrore.

Il primo a mettere in luce la valenza di questo comportamento ai fini dell’organizzazione della personalità è stato lo psicoanalista Renè Spitz, nella prima metà del Novecento. Egli ha osservato che la psiche infantile passerebbe nel corso del primo anno di vita da uno stato di disorganizzazione, che lo renderebbe in un rapporto quasi simbiotico con la madre, a uno stato di maggiore individuazione, riscontrabile attraverso la comparsa di tre comportamenti osservabili: il primo è il sorriso sociale, che si manifesta intorno al terzo mese di vita. Esso va differenziato dal sorriso endogeno, che è una risposta riflessa riscontrabile anche nei neonati, al quale viene erroneamente attribuita una valenza intenzionale.

A questo sorriso Spitz attribuisce il ruolo di primo organizzatore psichico, ovvero un elemento che testimonierebbe uno stato di maggiore differenziazione del proprio Sé rispetto alla madre.

Intorno all’ottavo mese emerge l’angoscia dell’estraneo, il secondo organizzatore, che testimonia il fatto che il bambino riconosce la madre e la differenzia da tutte le altre persone, al punto che è angosciato in presenza di una persona non familiare.

L’ultimo organizzatore è la capacità di dire no del bambino, che emerge intorno ai 15 mesi, e che renderebbe conto dell’avvenuto processo di individuazione del bambino rispetto alla madre, in quanto da questo momento egli sarebbe in grado di opporre la propria individualità a quella materna.

Ma Spitz ha fornito un’interpretazione di questo comportamento, che non è univoca. Infatti il comportamento può anche non manifestarsi affatto o comparire in ritardo e comunque le teorie psicoanalitiche sul passaggio del bambino da uno stato simbiotico con la figura materna, anche noto come narcisismo primario, ad uno stato di progressiva differenziazione, non sono accompagnate da studi scientifici metodologicamente validi.

Sebbene in Spiz si ha per la prima volta un’attenzione maggiore al rigore scientifico, attraverso l’introduzione di metodologie come l’osservazione diretta del bambino, non possiamo attribuire a questi studi altro che un valore storico. Infatti, numerosissimi contributi, a partire dagli Anni ’80, come quelli di Daniel Stern o le ricerche condotte nell’ambito della Psicologia dello Sviluppo, hanno smentito il mito del neonato come creatura immersa in uno stato pesudo-autistico, privo di individualità e in balia totale della madre ed hanno invece mostrato un neonato attivo fin dai primi giorni di vita, competente a livello interpersonale e dotato di tantissime capacità.

Quanto all’angoscia dell’estraneo siamo certi che questo fenomeno dipende dal fatto che il bambino realmente riconosce la madre e la elegge in genere a figura di riferimento, tanto da sentirsi angosciato in presenza di persone che non conosce. Ma sappiamo anche che allo stesso bambino basterà guardare il volto della madre e decidere in base alla sua espressione se preoccuparsi o meno di ciò che sta avvenendo. E’ normale che in età pre-linguistica il bambino utilizzi il canale non verbale per ottenere informazioni rilevanti in base alle quali regolare il proprio stato emotivo.

Anche il pianto di fronte all’estraneo deve essere considerato una reazione normale e sana. Anzi, alcuni autori considerano patologica la socievolezza indistinta del bambino, perché essa testimonierebbe la mancanza di discriminazione di una principale figura di attaccamento.

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