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L'alimentazione in famiglia
La famiglia è il primo luogo simbolico in cui i bambini si interfacciano con i concetti di alimentazione e cibo, così come la casa è il primo luogo concreto in cui si pratica la nutrizione. È in questo contesto che i bambini apprendono la duplice valenza dell'atto nutritivo: quella fisiologica, in quanto le pietanze garantiscono la sopravvivenza, e quella affettiva, in quanto fin dalla prima infanzia, principalmente attraverso l'allattamento ma non solo, il cibo viene investito di un ruolo affettivo appunto e, tramite gli sguardi, le carezze e le parole che accompagnano il pasto, si crea un connubio indissolubile tra cibo e amore. La stretta relazione tra alimentazione e soddisfazione di un bisogno emotivo, oltre che fisiologico, si costruisce e si radica in ogni bambino a partire dall'inizio della vita, all'interno del proprio contesto familiare, e viene poi estesa e applicata anche ad altri contesti esterni in cui si verifica l'atto di mangiare, primo tra tutti la mensa scolastica.
L'alimentazione a scuola e in mensa
In generale, l'ingresso a scuola rappresenta una delle prime esperienze di distacco dal luogo materno e familiare e consente di sperimentare le prime forme di autonomia e responsabilità. Questo è vero anche per l'ambito nutrizionale, in cui il bambino, nel particolare ambiente costituito dalla mensa scolastica, si trova davanti a un dilemma: assaggiare o non assaggiare? Interrogativo che può essere assimilato a "fidarsi o non fidarsi"? Mangiare significa, infatti, accettare e accogliere qualcosa di esterno, concedendo quindi fiducia a una relazione e a uno spazio che però, in questa fase evolutiva, sono ancora del tutto nuovi e inesplorati.
Il cibo come messaggio d'amore
È chiaro che, per ragioni che vanno oltre all'oggettiva bontà del cibo, i piatti preparati dalla mamma non saranno mai come quelli proposti dalla mensa scolastica, che non possono certo essere portatori dello stesso messaggio di amore. Tuttavia, il tavolo della mensa può veicolare messaggi affettivi e di fiducia altrettanto validi, creando così una continuità tra l'esperienza dell'alimentazione domestica e quella dell'alimentazione scolastica.
All'interno di quel luogo e di quel momento, infatti, il bambino possiede il proprio posto alla tavola di un gruppo di cui può iniziare a sentirsi parte, imparando ad accettare il cibo da altri rispetto ai genitori e a condividerlo con loro: la mensa, grazie al clima convivale che garantisce, offre un'occasione di socializzazione, acquisizione di regole comuni, condivisione di esperienze con i pari, costruzione di un senso di appartenenza a una comunità altra rispetto alla famiglia.
Inoltre, a scuola, i bambini hanno la possibilità di assaporare pietanze nuove, diverse da quelle a cui sono abituati, con colori e consistenze differenti da quelle della tradizione familiare. Attraverso la bocca, infatti, i piccoli esplorano, conoscono e si aprono al mondo esterno; tuttavia, non tutti sono ugualmente aperti alle nuove esperienze e per questo alcuni potrebbero essere reticenti verso un'alimentazione diversa, una distanza che può portare a inappetenza, rifiuto o restrizione nell'ambiente scolastico, disagi che spesso rischiano di estendersi anche all'ambiente domestico. In questo senso le insegnanti, preziosi modelli di riferimento, giocano un ruolo fondamentale: i loro metodi educativi non dovrebbero mai essere eccessivamente insistenti, rigidi e punitivi, né tantomeno impersonali, ma dovrebbero porre attenzione alle particolarità di ogni alunno, caratterizzato da tempi, fatiche e risorse uniche.
Formalità e rigidità a tavola? No, grazie
In conclusione, sarebbe bene che la mensa scolastica, così come la tavola familiare, fossero esenti dalle formalità e dalla rigidità che caratterizzano altri momenti dei contesti educativi, poiché l'atto nutritivo comporta sempre apertura, fiducia e condivisione, elementi che non possono prescindere dalla gentilezza e flessibilità con cui il cibo stesso può essere offerto e accolto a tavola.