Il bambinese
Molti genitori si chiedono come si possa comunicare con i bambini se non c’è un canale verbale da utilizzare: di certo tutto diventa più complicato, come lo è parlare con uno straniero di cui non conosciamo la lingua. La comunicazione non è fatta solo di parole, esiste il preziosissimo linguaggio non verbale: gesti, sguardi, sorrisi, pianti sono gli stratagemmi comunicativi che mettono in atto i bambini.
Anche a pochi mesi i bambini emettono dei suoni che non sono esattamente delle parole (è un fenomeno che si chiama lallazione). Molto spesso, a dire il vero più di quanto pensiate, i bambini parlano senza che voi ve ne rendiate conto. Alcuni versi che fanno, alcuni suoni che producono sono parole primordiali, esperimenti fonetici e fonologici che i bambini compiono e che, una volta perfezionati, diventeranno vere e proprie parole.

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Un genitore che vuole stimolare l’apprendimento del linguaggio può fare attenzione a questi “esperimenti” ed utilizzarli come un vero e proprio esercizio che consiste nell’imitare i versi del bambino. L’utilità di questo gesto è tanto importante quanto semplice: il bambino che ci sente ripetere una “parola” che ha appena pronunciato crederà di essere riuscito a comunicare. Sarà, questa, la giusta motivazione per spingerlo a migliorarsi e a proseguire nell’apprendimento evitando di impigrirsi.
Attenzione però, questo consiglio può essere facilmente male interpretato, per cui è necessaria una precisazione: per “imitate i suoni dei vostri bambini” non intendo dire che dovete parlare come loro, il bambinese è dannoso. Il cosiddetto bambinese ha come effetto quello di rallentare l’apprendimento della competenza linguistica, viene acquisito come una lingua a sé stante che sostituisce letteralmente la lingua madre. Per questo motivo il linguaggio che utilizziamo per comunicare con i nostri piccoli deve essere un adattamento del linguaggio adulto alla loro capacità di comprensione, ma non un rimodellamento.
Non è utile parlare ai bambini come se fossero degli adulti, con costruzioni linguistiche complesse e frasi troppo lunghe, ma le parole devono rimanere quelle che sono, con tutta la loro “complessità”.
Quando diciamo “pappa” al posto di “pastina”, quando diciamo “nanna” al posto di “dormire”, quando diciamo “acca” al posto di “acqua” crediamo di fornire, in quel modo, parole più facili da produrre, ma non è così. Non è affatto una buona strategia da adottare quella di semplificare il linguaggio, piuttosto è utile spezzettare le parole in sillabe, parlare più lentamente, accentuare le parole con un’intonazione. Accentuare l’intonazione e l’enfasi aiuta il bambino a memorizzare meglio le parole, per cui esagerate molto con i toni di sorpresa, di gioia e tutti i rinforzi positivi, evitate i rinforzi negativi.
I nostri bambini devono già imparare tanto, non è necessario che imparino parole storpiate per poi doverle sistemare dopo, sarebbe un doppio lavoro.