Pericoli del troppo controllo sulla vita dei figli
I genitori tendono a controllare la vita dei figli a volte più del dovuto, ma con la finalità ultima di proteggerli e seguirli. Non tollerano che possano sbagliare e cadono nell’errore di poter decidere per loro anche suggerendo comportamenti e azioni che dovrebbero tenere in determinate circostanze. ‘Non correre, potresti cadere e farti male’, ‘non sudare, potresti ammalarti’, ‘metti tutto in ordine’, ‘non mangiare fuori dagli orari del pasto’ ne sono solo alcuni esempi..
È difficile educare, certo. Ma quale potrebbe essere l’effetto di un’educazione troppo rigida e soprattutto imposta? Una madre rigida e con l’ossessione dell’ordine, guidata dalla sua ansia, con le sue richieste, produrrà lo stesso effetto nel suo bambino. Anche l’iperprotezione produce la paura di fare e di essere. Il piccolo crescerà insicuro e con difficoltà nell’effettuare delle scelte se non appoggiandosi e confrontandosi necessariamente con qualcuno. In questo modo, tutto ciò che farà sarà condizionato dal ‘giudizio’ del genitore e non maturerà spontaneamente propendendo e scegliendo cose che a lui piacciono realmente, ma seguirà le ‘indicazioni’ e le preferenze dell’adulto. La sua personalità sarà quindi un surrogato di quella genitoriale.
L’educazione impartita ai più piccoli è di sicuro costruttiva, ma se si esagera può raggiungere livelli di maniacalità. E allora i figli non son più liberi di muoversi, di sudare, di cadere, di sbagliare eseguendo soltanto delle istruzioni come se fossero dei soldatini senza coscienza e con problematiche comportamentali.
In realtà la formazione si può ripartire diversamente spiegando ai bambini qual è il significato di ogni singola richiesta. Questo consente di attribuire un’importanza diversa alla ‘pretesa’ e permette loro di vivere pienamente l’esperienza sia seguendo le ‘suppliche’ che trasgredendo.
Non tutto certo va spiegato: il gioco è pratica, è esperienza, è vita.
Ma se incorrono in situazioni di pericolo quali i fornelli della cucina è inutile negare qualcosa che tenderanno comunque a voler provare guidati dalla loro innata curiosità. È possibile invece raccomandare di stare attenti poiché potrebbero davvero farsi male vicino ad una fonte di calore.
È chiaro che i bambini difficilmente disubbidiranno e tenderanno ad avvicinarsi per saggiare, con coraggio e prudenza, e col genitore accanto, se l’indicazione è giusta o meno. Questo tipo di dinamiche favorisce anche il genitore che rivivrà la sua esperienza infantile attraverso il proprio figlio. L’identificazione e l’empatia sembrano essere gli elementi costitutivi di tale processo che determina, attraverso un rapporto di conoscenza e comprensione reciproca, una crescita affettiva, emozionale e psicologica per entrambi.
La negazione assume un valore educativo notevole se, assieme ad essa, viene comunicata l’essenza della stessa. Vissuta ed elaborata dal bambino sul piano emotivo ha il fine di proteggerlo. È importante per lui crescere con delle regole comportamentali e sociali che da adulto utilizzerà in maniera appropriata. Saprà così districarsi in contesti a lui significativi per autorealizzarsi e autoaffermarsi.
Ciò che si intende sottolineare in tali righe è la sostanziale rilevanza che ha lo sviluppare la sua autostima non intaccandola o denigrandola con continue raccomandazioni, ordini, regole e disegni di vita che lui deve eseguire pedissequamente, ma è fondamentale sostenerlo anche nelle sue scelte.
Il sentirsi libero di agire essendo protetto e seguito ha, sul piano del suo progresso e del percorso individuale, un valore differente poiché imparerà ad esprimere se stesso e le proprie virtù anche sbagliando e trasgredendo ad eventuali raccomandazioni.