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Gelosia per la figlia
"Una bella regina era seduta davanti a una finestra che aveva una cornice di ebano nero, e cuciva. “Era pieno inverno e fiocchi di neve cadevano come piume dal cielo. E mentre cuciva, guardando fuori la neve, si punse con l’ago su un dito, la regina pensò che avrebbe voluto una bambina bianca come la neve, rossa come il sangue e nera come l’ebano, e tre gocce di sangue caddero nella neve. E poiché il rosso sul bianco sembrava così bello, rosso come il sangue e nero come la cornice d’ebano. E dopo poco tempo aveva una figlia piccola, e per questo la chiamò Biancaneve”. Fratelli Grimm, 1812. "
Nella prima versione dei fratelli Grimm di Biancaneve datata 1812 è narrata una storia differente da quella che noi conosciamo: la regina, un personaggio egocentrico e decisamente vanitoso, desidera una figlia con la pelle bianca come la neve e i capelli scuri come l’ebano che, alla sua nascita, chiama proprio Biancaneve. Ma quando la bimba compie sette anni, la donna, non sopportando la sua limpida e splendente bellezza, ne diviene gelosa e chiede a un cacciatore di ucciderla e di portarle polmoni e fegato così da cucinarli con sale e pepe.
In effetti, la richiesta abominevole ha fatto sì che la favola fosse modificata e nelle versioni successive la madre biologica muore e il padre, risposandosi, accoglie in casa una donna, la cattiva matrigna che sembra autorizzata in virtù della mancanza di una parentela diretta con la fanciulla, a provare sentimenti malevoli nei confronti della candida Biancaneve.
Socialmente è difficile poter accettare che una madre provi impulsi così riprovevoli nei confronti di una figlia poiché il suo istinto di protezione dovrebbe prevalere su tutto il resto, ma tanti casi di cronaca ci dicono proprio il contrario e riportano alla nostra memoria il tema dell’infanticidio e il desiderio cannibalesco di mangiare parti del corpo dei piccoli.
Un’aggressività quasi bestiale e senza tempo.
Nonostante le variazioni apportate alla versione originale, la fiaba di Biancaneve è ancora attuale dato che la gelosia tra madre e figlia rispecchia un sentimento realistico e decisamente moderno tanto da condizionare fortemente il rapporto sin dalla tenera età. La relazione si basa, infatti, su due tipologie di vissuto:
- Un rapporto madre/figlia nel quale la genitrice si sente più madre che donna e, in questo caso l’identificazione con il proprio ruolo sessuale è più intensa. La madre troppo madre, invadente, oppressiva ed eccessivamente presente priva sua figlia di una propria identità non lasciandola libera di esprimersi e di manifestare le sue scelte senza che ci sia il suo “intervento”.
- Un rapporto donna/ragazza nel quale la mamma si considera principalmente donna più che madre e qui l’identificazione con il genere sessuale si esprime per la maggiore. La donna non riconosce nella figlia una propria identità femminile o la nega e, poiché non accetta di invecchiare, non gode né prova piacere per la sua crescita.
Specchio, specchio delle mie brame chi è la più bella del reame? Regina, voi siete la migliore qui, ma Biancaneve è ancora mille volte più bella di te!
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La “regina” madre può gratificarsi dei successi del figlio maschio ma, dinanzi alla femminuccia con la quale si immedesima, essendo donna a sua volta, manifesta la sua incompetenza di genitrice e la frustrazione dà vita alla sua invidia/gelosia. “Perché lei può essere felice e io no?” o “perché lei può ambire a divenire una persona di successo o realizzata mentre a me non è stato permesso” o ancora “non può essere migliore di me poiché io sono la più bella!”.
Il rancore nei confronti della figlia è conseguenza del confronto, un parallelo però che non ha eguali, ma viene sicuramente determinato dalle esperienze di mortificazione vissute nella sua esistenza e che riversa, a sua volta, sulla piccola.
Perché si scatena la gelosia?
La frustrazione nasce dall’impedimento alla soddisfazione di un desiderio o dalla mancata realizzazione di un’aspirazione, mentre l’invidia scaturisce dal paragone con l’altro poiché è tramite questo che affermiamo noi stessi. In esse la componente narcisistica è molto marcata e diviene una sofferenza allorquando la propria immagine è posta in secondo piano da un individuo con le stesse caratteristiche, ma più brillante sul piano professionale o più attraente fisicamente.
Una figlia può rappresentare un prolungamento narcisistico di sé e quindi capita che la bambina cerchi in tutti i modi di compensare un desiderio atavico della madre realizzando le sue aspettative. In questa dinamica, la riuscita priva la regina del suo valore “defraudandola” del trono reale; situazione che verrà vissuto come un “affronto” e che genererà astio.
Recuperare il rapporto
Sul piano emozionale non è concepibile accettare che un legame così forte possa essere turbato da rancori, risentimenti e incomprensioni. Il conflitto ha sempre una funzione cioè quella di mantenere il contatto con una madre che, seppur imperfetta, offre un proprio bagaglio esperienziale comunque interiorizzato dalla ragazza e attraverso il quale, crescendo, definisce la propria identità. Una volta differenziatasi manifesterà la sua personalità e per farlo dovrà riuscire ad esprimere la sua sofferenza nei confronti di un affetto frustrante, confidandosi con le amiche o con il proprio partner, evitando cioè di reprimere le sue emozioni.
Questo le permetterà di lasciare un canale aperto al rapporto anche coinvolgendo, seppur parzialmente e saltuariamente, la madre in qualcosa che la riguarda. La comunicazione è importante e parlare apertamente consente di acquisire consapevolezza e favorire la salvaguardia del rapporto, anche se questo richiede tempo. Ammettere i propri sentimenti non è semplice, soprattutto se negativi, ma è un atto di notevole coraggio e di forza interiore che induce la donna ad accettare le proprie debolezze e i propri impulsi distruttivi. Ciò può essere liberatorio e farlo agevolerà la comprensione e acconsentirà di risalire all’origine dell’ostilità che ha condizionato per tanto tempo il rapporto