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Ci sono emozioni che i bambini non tollerano

di Emmanuella Ameruoso - 07.03.2016 Scrivici

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Ci sono emozioni negative per i bambini, che non sopportano e possono diventare traumatiche con l'età. I consigli della psicologa per evitare emozioni che possono trasformarsi in veri e propri dolori

In questo articolo

Emozioni negative per i bambini

Generalmente si suddividono le emozioni positive da quelle negative, ma non esiste una differenziazione di questo tipo poiché tutte le emozioni sono indispensabili per la sopravvivenza. Ci sono però delle emozioni che i bambini non tollerano e che possono diventare traumatiche con l’età. Restano cioè impresse nella loro memoria tanto da condizionare fortemente i comportamenti futuri.

Prima dei 6 anni sono emotivamente sinceri, poiché sperimentano in questo periodo i propri stati d’animo e si confrontano anche con quello degli altri. In seguito, son capaci di mascherare le proprie emozioni, soprattutto se nel contesto familiare non hanno avuto modo di esprimersi e se le loro emozioni non sono mai state ascoltate o capite. L’emotività è presente sin dalla nascita e molti studi confermano che i piccoli associano le emozioni ad eventi concreti come ad esempio la gioia alle carezze, la rabbia alle provocazioni dei fratelli, la tristezza a una ramanzina e la paura al buio, a un tuono o a un rumore molto forte.

Ma se molto piccoli, non essendo ancora in grado di difendersi dinanzi a emozioni molto intense, come per la paura e la rabbia, può capitare che si destabilizzino e diventino dei bambini insicuri. Anche il rifiuto e la solitudine rappresentano una minaccia alla loro autostima.

Cosa si dovrebbe evitare:

  • Lasciare il bambino solo a giocare per un tempo non necessario poiché a lungo andare la sua condizione potrebbe essere percepita come abbandono e lui si sentirebbe poco importante (‘adesso devo cucinare’, ‘non puoi venire con mamma’, ‘ho da fare’, ‘lasciami in pace’). Andrà poi sempre alla ricerca di conferme prima da parte dei genitori e poi degli altri.
  • Accettare continuativamente i suoi silenzi. Difficilmente il fatto che lui non parli può essere considerato positivo ma al contrario una difficoltà ad esprimersi in maniera spontanea e ad essere se stesso. È importante quindi che lui si confidi ed esterni le sue difficoltà condividendole.
  • Incoraggiare la sua introversione. Se non manifesta le sue emozioni il bambino tenderà a somatizzare con sintomi di vario tipo e diventare nervoso, violento o aggressivo.
  • Considerarlo un bambino “timido” e appellarlo in questo modo potrebbe favorire un senso di frustrazione mal tollerato una volta adolescente.

Cosa poter fare

Le emozioni particolarmente intense che taluni comportamenti suscitano quali il rifiuto, il tradimento, l’abbandono o l’umiliazione restano per tutta la vita e si trasformano in veri e propri dolori.

Quando portare un bambino dallo psicologo

  • Rassicurarlo quando piange. Dinanzi ai suoi pianti è bene poter differenziare un bisogno da un semplice capriccio. Se il bambino piange disperatamente poiché sente di non essere ‘tutelato’ o perché spaventato o dinanzi a qualcosa che non sa fare bisognerebbe tranquillizzando e coccolarlo con le dovute maniere e parlandogli.
  • Dargli spiegazioni plausibili quando non si può giocare con lui o quando si deve uscire. Dare indicazioni sull’orario di rientro potrebbe essere un modo per attribuirgli importanza e condividere al ritorno del tempo a giocare al suo passatempo preferito. Se si promette qualcosa poi andrebbe mantenuta!
  • Evitare di etichettarlo o punirlo inutilmente sarebbe un modo per non umiliarlo. Per esempio se il bambino ha difficoltà a trattenere la pipì oppure a svolgere una mansione.

A volte si dimentica che sono dei bambini e che non hanno le stesse capacità degli adulti poiché ancora in via di sviluppo. Altre ancora che non hanno scelto di nascere e per questo non hanno responsabilità alcuna dinanzi alle incapacità genitoriali o ai loro conflitti irrisolti.

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