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Educare seguendo le credenze popolari e familiari

di Chiara Mancarella - 31.01.2020 Scrivici

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La pedagogista ci spiega in che modo tendiamo ad educare seguendo le credenze tramandate di generazione in generazione

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Educare seguendo le credenze

Molti genitori utilizzano ciò che conoscono per trasmetterlo ai propri figli, questo vale per qualsiasi campo, lo è anche per l'educazione. Partiamo subito col dire che chi presenta un bagaglio culturale psicopedagogico non ha la formula o il manuale del perfetto genitore, proprio perché anche gli esperti a loro volta hanno ricevuto un'educazione tramandata da generazione in generazione, quello che però si può dire è che le conoscenze hanno portato alla luce ed hanno analizzato e perfezionato ciò che agli occhi di un "comune" genitore, passatemi il termine, può risultare nascosto.

L'educazione del passato

L’educazione di ieri era basata principalmente sul trasmettere i saperi e le esperienze per dare al bambino la possibilità di essere come gli adulti. Sono ben noti, infatti, i dipinti in cui i bambini venivano ritratti come degli adulti in miniatura, questo perché  all’infanzia non veniva concessa la giusta importanza, ma soprattutto il bambino non era riconosciuto in quanto essere pensante.

Da allora grossi passi avanti sono stati fatti in campo pedagogico, l’infante viene riconosciuto come un individuo con i propri bisogni e dotato di una personalità in grado di trasmettere agli altri il proprio bagaglio di esperienze necessarie per aprirsi al mondo che è ben diverso da quello di un adulto.

È stato detto più volte, educare significa “tirar fuori” tutto ciò che di buono c’è nella persona.

Il ruolo dei genitori

Insegnamenti impartiti quando mamma e papà erano piccoli sono stati immagazzinati e vengono spesso riproposti nel loro ruolo genitoriale nei confronti dei figli. L’adulto sin da piccolo ha avuto la prima idea di cosa significhi essere genitore, in maniera positiva o negativa, ha sperimentato sulla sua pelle determinate dinamiche educative. Chi non ha avuto una presenza costante di entrambi i genitori o ha avuto modelli genitoriali devianti ha maturato da grande la convinzione di non voler essere come suo padre o sua madre, ciò dipende molto da quel legame di attaccamento, tanto caro allo psicologo Bowlby, che si crea tra le figure parentali e il bambino.

L’essere genitore, inoltre, cambia notevolmente a seconda della fase di vita che il figlio sta attraversando.

I ricordi dell'educazione ricevuta

Oggi, le cose sono di gran lunga cambiate, i futuri genitori sono preparatissimi, leggono, si informano, frequentano corsi sulla genitorialità prima ancora che il bebè veda la luce. Ma attenzione, perché  anche in questo caso, anche se si volesse dare un impianto moderno alla famiglia che si sta formando sono in agguato tutte le credenze, gli usi e le tradizioni delle famiglie di origine, in pratica che sia la nonna, la zia o la suocera tutti devono dire la loro, dare consigli e indicazioni…perché loro ci sono già passate!

Va benissimo ricevere consigli, anche non richiesti, ma attenzione ai rischi!

A volte la memoria potrebbe riportare alla mente dei ricordi sfasati, non precisi, perché quel ricordo in realtà rappresenterebbe l’insieme di più informazioni ricevute, quindi non veritiero.

Altro rischio da non sottovalutare è che i genitori sono cresciuti ognuno con gli insegnamenti impartiti dai loro genitori e pertanto potrebbero trasferire stili educativi diversi. La stessa cosa vale anche se i genitori del bambino provengono da culture diverse.

Quello che si può fare per non dare ai bambini idee confuse circa l’educazione è di avere una linea educativa unica, ovvero divento genitore quindi metto in atto il meglio che ho ricevuto dai miei genitori, lo confronto con l’educazione che ha avuto il mio partner, senza giudicare o considerare la propria educazione migliore dell’altra, mi documento su come comportarmi in determinati momenti di vita del bambino.

Se i “consigli della nonna” non li vogliamo abbandonare perché un fondo di verità c’è sempre è bene anche considerare che lo stile educativo deve essere associato e adeguato all’epoca in cui si sta vivendo per lo stesso motivo di cui si diceva prima ovvero per non confondere la mente del figlio.

L'autovalutazione

Sono state condotte diverse ricerche riguardo le credenze educative, leggendo Il ruolo educativo della famiglia (a cura di Dario Bacchini) viene riportata una ricerca su come i genitori vedono il proprio ruolo e in particolare è stata analizzata l’autovalutazione. I risultati hanno mostrato che i genitori con elevati livelli di efficacia percepita:

  • Sono attenti e rispondono con sollecitudine ai bisogni dei bambini;
  • Riconoscono e incoraggiano i comportamenti positivi dei figli;
  • Usano spesso espressioni positive, calorosità, gesti affettuosi;
  • Adoperano raramente la punizione fisica, preferendo il ragionamento e la disciplina induttiva;
  • Sollecitano gli scambi attivi e le interazioni con i figli, creando un ambiente che stimola lo sviluppo cognitivo, il gioco e il linguaggio;
  • Valorizzano le esperienze precoci e in seguito concedono autonomia ai figli, senza essere eccessivamente protettivi e preoccupati;
  • Di fronte alle difficoltà mostrano un atteggiamento attivo e orientato alla soluzione dei problemi, piuttosto che trasmettere emozioni negative e pessimismo.

Uno degli aspetti che incide fortemente nell’educazione è la serenità emotiva del genitore. Ansia, stress, preoccupazioni varie condizionano e compromettono quell’equilibrio necessario all’interno della famiglia per permettere al bambino, ma anche all’adolescente, di crescere in maniera tranquilla.

Concludendo, l’educazione che abbiamo ricevuto non la possiamo cambiare, ma si può fare molto per far combaciare entrambe le cose: tradizione e modernità.

Sia ben chiaro il rispetto verso il prossimo e l’essere educati sono qualcosa che non conoscono epoche o modelli educativi e i bambini apprendono prima che con la parola con l’imitazione. Cari genitori, sveglia, perché educare è un compito estremamente difficile, si fa in due, ma per una terza persona.

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