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Cosa vogliono fare i bambini da grandi? I sogni dei bambini e il ruolo dei genitori

di Francesca Capriati - 04.10.2017 Scrivici

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Fonte: iStock
Cosa vogliono fare i bambini da grandi? Come cambiano le risposte con gli anni e come possiamo, noi genitori, coltivare la speranza di poter diventare chiunque

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Cosa vogliono fare i bambini da grandi

Da piccola volevo fare il veterinario per salvare la vita degli animali. Poi sono cresciuta e ho pensato di voler fare l'avvocato. Infine, alle superiori, ho incontrato un professore che mi ha spinto a coltivare la mia vera passione, quella per la scrittura. Di certo sono fortunata perché posso fare un lavoro che mi piace e di questi tempi non è poco.

Cinque anni fa chiedevo a mio figlio quattrenne cosa avesse voluto diventare da grande e lui rispondeva "il pilota di aerei militari". In camera aveva una piccola flotta di caccia e MIG e diceva sempre che dopo essere diventato pilota mi avrebbe portato con sé sul suo aereo.
Oggi, il piccolo novenne ha sviluppato una comune passione per il calcio e naturalmente dichiara che farà il calciatore.

Gli adulti chiedono spesso ai figli, ma anche agli amichetti o ai figli degli amici, cosa vogliono fare da grandi.

Perché poniamo questa domanda?

Penso che da un lato, nel nostro profondo, vogliamo invitarli a pensare ai loro sogni e a coltivarli. Il mondo è dei bambini e anche il futuro, che è tutto da costruire e aperto a mille possibilità, è loro.

Chiedere ai bambini cosa vogliono diventare significa educarli all'idea che in fondo tutto è possibile e se a cinque anni sogni di diventare astronauta hai tutto il diritto di poter esprimere il tuo sogno senza che chi ti ascolta ti risponda con un sorriso di compatimento.

La maggior parte dei bambini risponde di voler diventare pompiere, o poliziotto, o dottore. Quando crescono il fascino della divisa comincia a scemare e le risposte virano più su giornalista, scienziato, attore, velina.

Il mondo della televisione e la mediocrità dilagante influenzano moltissimo i bambini nella crescita. E' innegabile che se a tali dis-valori non si contrappone con vigore l'intervento dei genitori che "raccontano" ai bambini l'esistenza di una possibilità concreta di diventare ciò che si desidera, loro cresceranno con l'unico obiettivo di fare più soldi possibile e "diventare famoso".

Poco contano cosa si fa fare, quali siano i propri talenti, la possibilità di fare un mestiere che sia utile per gli altri.

Insomma, se da un lato è importante l'esempio dei genitori, indipendentemente dal lavoro che essi svolgono e da quanto li gratifichi, dall'altro conta forse ancor di più il loro atteggiamento nei confronti del "tema lavoro". Non tarpare le ali ancora prima che vengano spiegate, non piegarli con la nostra disillusione, trasmettere ai bambini (e agli adolescenti) l'idea che se hai una passione vera e sogni di diventare un medico o un pilota di aerei è giusto che questo sogno venga coltivato.

Almeno fino a quando (semmai ciò dovesse accadere) non si infrangerà sul muro della realtà.

I lavori sognati dai bambini

Una ricerca condotta da De Agostini Publishing ha stilato una sorta di classifica dei lavori più amati e desiderati dai bambini e non manca qualche sorpresa.

I maschietti:

  • il 22% sogna di diventare cuoco professionista, a dimostrazione che i cooking talent in televisione affascinano grandi e piccoli;
  • al secondo posto c'è lo speleologo;
  • al terzo posto il poliziotto;
  • al quarto posto con il 19% il calciatore.

Le femminucce

  • al primo posto resiste un classico evergreen: la maestra
  • al secondo posto troviamo la cantante
  • al terzo posto la parrucchiera.

Tema: cosa vuoi fare da grande

Assegnare il classico tema in classe su cosa vogliono fare da grandi è non solo un modo per consentire ai bambini e ragazzi di esprimere i loro sogni senza filtri o paure, ma anche per scattare una fotografia dei tempi moderni, per capire come evolve la società e quali sono le aspirazioni dei giovani, che sono senz'altro influenzate dalla famiglia e dai media.

Chiedere ai bambini di quinta elementare cosa vogliono fare da grandi vuol dire scoprire un mondo di sogni tutti da realizzare: chi vuole diventare veterinaria, chi disegnatore di auto di lusso, chi paleontologo (per soddisfare una passione mai sopita per i dinosauri) , chi ballerina o calciatore.

Ma se si pone la stessa domanda ai ragazzi che frequentano le scuole medie ci si scontra con una più realistica aspirazione, spesso legata alla famiglia, agli esempi più vicini, alle condizioni sociali e all'influenza dei mass media.

E mi viene in mente il bestseller “Io speriamo che me la cavo” del maestro Marcello D'Orta che raccolse sessanta temi scritti dai bambini della scuola elementare di Arzano, un comune in provincia di Napoli.

In uno di questi, alla domanda, Che mestiere vuoi fare da grande? Rispondeva così

Io, il mestiere che io vorrei fare da grande, non è uno solo, ma tanti. Vorrei fare il saldatore, lo stagnino, l'ambulante. Mio padre è lui che fa tutte queste cose, per questo io voglio fare questi mestieri! lo però non so bene il mestiere che io vorrei fare da grande. Certe volte quando mio padre guadagna bei soldini, io li vorrei fare quei mestieri, altre volte, quando bestemmia il patreterno che non trase una lira, allora non li vorrei fare.

Quando Giovanni mi sfotte vorrei fare il boia. lo sono sicuro che se farei il boia riuscirei bene.
Un altro mestiere che mi piacerebbe fare è l'oste. L'oste è felice, io lo vedo che lui è felice! Un oste abbita dirimpetto alla mia casa, e fischia sempre.

Mia madre dice che qualunque cosa voglio fare da grande, devo prima pensare a studiare. Che se non piglio almeno la licenza elementare, neppure lo scupatore posso fare; però io a uno scupatore che stava nel mio vico glielò chiesto lui che teneva, e quello mi ha risposto: «Guagliò, fatti i cazzi tuoi!».

A me non mi interessa io che mestiere farò da grande, basta che guadagno. Mio padre dice che senza i pisielli (soldi) non si fa niente nella vita, e quando dice questo si guarda con una faccia schifata davanti allo specchio, e io capisco che sta là là per sputarsi in faccia, e mi fa pena.

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