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Come educare i bambini a non vergognarsi delle proprie debolezze

di Chiara Mancarella - 31.05.2017 Scrivici

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Come educare i bambini a non nascondere le debolezze? I consigli della pedagogista per aiutare i più piccoli a essere se stessi e non vergognarsi delle proprie fragilità

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Come educare i bambini a non nascondere le debolezze

Essere vulnerabili oggi può essere considerato quasi un’offesa alla società moderna. Una società fatta di persone alla costante ricerca di una perfetta dimensione, capaci di mostrare una personalità forte, eclettica, in grado di reagire agli imprevisti che la vita offre, comportandosi di conseguenza sempre con una certa sicurezza.

Questa continua conferma a se stessi e agli altri si ripercuote, come non potrebbe, anche sui bambini e gli adolescenti. In una società come la nostra, infatti, sembra che non ci sia posto per quel lato debole che appartiene ad ognuno di noi e che chiamiamo vulnerabilità. È un lato del carattere che a volte può far paura, perché non siamo abituati a spogliarci della nostra corazza di “super-eroe” e far vedere le nostre debolezze e fragilità a chi ci sta intorno.

E nei bambini? La stessa cosa, ovviamente, avviene nei bambini. La consapevolezza del proprio sé inizia a farsi strada già nell’infanzia ed è con la scolarizzazione che il bambino fa vedere agli altri la propria personalità. All’inizio viene mostrato ogni lato del carattere, le paure, la determinazione per raggiungere un obiettivo, i punti di forza e di debolezza. Quando il confronto con gli altri è sempre più presente e mercato ecco che ciò che poteva intenerire, quell’emotività e sensibilità che tanto piacevano quando era piccolo lasciano il posto ad un carattere apparentemente forte.

Alla base di tutto ciò c’ è sempre la solita disperata richiesta: farsi accettare dal gruppo di coetanei! Non tutti però reagiscono allo stesso modo, la maschera dell’ “accettazione sociale forzata” non appartiene a chiunque. C’è chi riesce ad essere forte anche puntando sulle proprie debolezze e chi, fregandosene del giudizio degli altri, vive serenamente la propria vita. Sono comunque dei casi isolati, utili però per farci credere che i ragazzi di oggi non sono dei pesci che procedono tutti nella stessa direzione.

Aiutare bambini e adolescenti ad essere se stessi

Il compito degli adulti è quello di essere una guida per i bambini e i ragazzi, sia che essi siano figli, alunni o facciano parte di qualche gruppo sportivo. Credere in loro stessi, nelle loro capacità dovrebbe essere il primo insegnamento. Nell’infanzia e nell’adolescenza la personalità è molto vulnerabile, soggetta alle continue richieste di una società che vive di apparenze. L’errore che fanno molti adulti sono i confronti con i coetanei dei propri figli. Il voler paragonare la riuscita di un compito o di una situazione crea nel soggetto un’insicurezza tale da portarlo a non accettarsi mettendo in moto dei meccanismi di isolamento o di camuffamento del proprio io solo per piacere ai genitori.

Quando poi le aspettative non vengono soddisfatte allora il bambino o il ragazzo può andare incontro a dei seri problemi di personalità. Il voler nascondere a se stessi e agli altri il proprio lato “debole” potrebbe generare in questi soggetti un rifiuto della propria identità, di quello che realmente è.

La fragilità, è bene ricordarlo, appartiene a tutti, uomini e donne, grandi e piccoli. Educare sin da bambini a non vergognarsi delle proprie debolezze è segno di rispetto per questo nostro lato della personalità e rispetto nei confronti degli altri. Ognuno di noi è diverso e reagisce alle situazioni in maniera differente, chi davanti ad un evento si mostra forte perché lo è realmente e chi, invece, finge di esserlo per non deludere gli altri.

Insegnare a non nascondere le debolezze

Il gioco è uno strumento fondamentale attraverso il quale il bambino trasmette il suo mondo interiore su oggetti inanimati. Osservare i bambini mentre giocano è un utile esercizio che possiamo fare per capire meglio i nostri figli. Giocando, infatti, vengono fuori tutte quelle emozioni che solitamente si tengono nascoste. La stessa cosa si può dire anche riguardo i videogiochi. Bambini o adolescenti che nella quotidianità mostrano, in questo caso, un atteggiamento debole improvvisamente si caricano di una forza tale che non pensavano di avere.

Un consiglio che posso dare, può sembrare scontato, ma a volte viene messo poco in pratica: è il dialogo. Molto spesso i genitori sostengono di comunicare con i figli, ma gli argomenti che tirano fuori riguardano di solito quelli legati al “dovere”, come la scuola o la buona riuscita nello sport.

  • Dialogare però significa anche parlare di tutto, senza trascurare argomenti che possano sembrare imbarazzanti o delicati. Abbiamo accennato più volte che l’esempio è un grande compito che interessa i genitori. La personalità dei figli o una parte di essa spesso è simile a quella del padre e della madre. Per tale motivo raccontando episodi della loro infanzia o adolescenza ai figli può aiutarli a sentirsi adeguati con il loro sé diverso, a volte, da quello degli altri.
  • Un altro suggerimento che mi sento di dare è la lettura di storie, vere o immaginarie, che abbiano come argomento la stessa emozione o lo stesso disagio che sta vivendo nostro figlio. Non dimentichiamoci però che il libro va fatto scegliere a loro perché nessuno come noi stessi sa conoscersi fino in fondo. Immedesimarsi nel protagonista può essere utile per trovare da solo la risposta al suo problema e l’accettazione, in questo caso, della propria debolezza. La stessa cosa si può fare, ovviamente, anche con la visione di un film, anche in qui è bene che venga scelto dal diretto interessato.

Una volta che il proprio lato debole del carattere sia stato riconosciuto ed accettato, per il soggetto non sarà più difficile mostrarlo agli altri. La paura di non piacere è sempre presente ed è la causa purtroppo dell’ isolamento fisico e psicologico che vivono molti giovani di oggi, anche giovanissimi. Il più delle volte il non sentirsi adeguati può portare a compiere dei gesti estremi. Per tale motivo la famiglia prima e la scuola dopo dovrebbero essere attenti al minimo cambiamento per non dover dire un domani: “perché non l’ho fatto prima?

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