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Come comunicare in maniera efficace con i bambini? Risponde la pedagogista

di Chiara Mancarella - 23.03.2017 Scrivici

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Come comunicare in maniera efficace con i bambini, capirli e farsi capire? I consigli della pedagogista per creare uno scambio circolare continuo di informazioni tra genitori e figli, rispettando i loro strumenti espressivi

In questo articolo

Come comunicare in maniera efficace con i bambini

La comunicazione è la capacità di trasmettere informazioni, attraverso l’uso di diversi canali, da un individuo all’altro. Comunicare deriva dal latino e significa “condividere”, ovvero dividere con gli altri. Per poter comunicare sono necessarie alcune condizioni: un ambiente, oggigiorno è sempre più diffuso il mondo virtuale, un contenuto (cosa voglio comunicare), e un destinatario (a chi comunico). A seconda del soggetto a cui desideriamo trasmettere le nostre informazioni facciamo riferimento ai vari codici linguistici a noi conosciuti. L’oralità è sempre quella che si preferisce, i più grandi oratori della storia, tra tutti Cicerone, infatti, utilizzavano le loro doti comunicative per parlare con sicurezza ed efficacia ad un pubblico più o meno vasto.

Come comunicare con i bambini. Consigli per i genitori

Non esiste ovviamente un solo modo di comunicare, uno di questi è la comunicazione intrapersonale, ossia è il rivolgersi a noi stessi. È quel tipo di comunicazione che fa riferimento ai sentimenti, ai pensieri, alle emozioni e ai valori che ci appartengono. Quella interpersonale, invece, consiste nel trasmettere i nostri pensieri a chi ci ascolta. Varia da individuo ad individuo perché ognuno di noi è diverso e in quanto unico mette in atto una serie di meccanismi e stati d’animo che non possono essere uguali per tutti.

Ma come comunicare in maniera efficace con i bambini?

Comunicazione e linguaggio nei bambini

Partiamo dal presupposto che lo sviluppo del linguaggio avviene per gradi e che il primo scambio sociale avviene con lo sguardo. Il neonato che incontra per la prima volta gli occhi della madre rappresenta un porto sicuro in cui trovare pace e rifugiarsi. I primi tempi si basano quindi sullo sguardo e il contatto fisico, ma non solo. È con il pianto e il sorriso che ogni bambino comunica al mondo la sua presenza.

Piano piano iniziano i primi vocalizzi, la ripetizione di sillabe, la cosiddetta lallazione, per poi arrivare alle parole-frasi attraverso le quali esprimono un intero concetto,e, infine, alle frasi vere e proprie.

Il ruolo dell’adulto in questa fase di sviluppo è fondamentale. Spesso si cade nell’errore di inventare nuove parole per indicare oggetti e i bambini ripetono senza capirne effettivamente il significato. Questo pseudo vocabolario dei “non-nomi” in realtà è solo dannoso perché crea nella mente del bambino una gran confusione.

Come comunicare con i bambini attraverso il gioco

Abbiamo parlato di sguardo, di pianto, ma è con il gioco che il bambino esprimono realmente il loro “io” e tramite esso capire e ricevere importanti informazioni dal mondo infantile. È stata considerata un’attività poco importante o una perdita di tempo per diversi secoli. La svolta si è avuta verso il 1700 quando il bambino non viene più considerato un adulto in miniatura, ma un soggetto con una sua identità. I grandi pedagogisti del XIX° secolo, e soprattutto Frobel, hanno rivalutato l’infanzia proprio partendo dal gioco. Il pedagogista tedesco affermava che “ogni atto umano è creativo” e nel bambino la creatività è facilmente individuabile nell’attività ludica.

Come dargli torto! Attraverso il gioco il bambino sperimenta, crea, inventa fa uscire fuori la sua spontaneità, il modo di essere, il mondo interiore di cui parlavamo prima. Attraverso il gioco il bambino vive! È il suo magico modo di comunicare, mai, infatti, l’adulto dovrebbe sminuire questa attività tanto importante per i piccoli. Mai dovrebbe essere considerata una perdita di tempo. Ogni adulto dovrebbe invece capire l’impegno e l’importanza che ci sono dietro un pettinare una bambola o spingere una macchinina. Bambini lo siamo stati tutti e ognuno di noi ha sempre preso molto seriamente il “suo” gioco. È la più alta tipologia, insieme al disegno, di comunicazione infantile. Rappresenta una delle comunicazioni non verbali più nobili per un bambino.

In situazioni problematiche può essere un utile strumento per capire il disagio e giungere ad una soluzione.

Ricordo perfettamente una bambina che stava vivendo un grosso cambiamento in famiglia e riuscì a comunicare il suo malessere proprio giocando, trasmettendo cioè la situazione familiare con le bambole.

La comunicazione non verbale: un utile strumento di osservazione

La comunicazione non verbale è importantissima quando si ha a che fare con i bambini: sguardi, gesti, disegni e lo stesso gioco sono strumenti di osservazione fondamentali per evidenziare eventuali stati d’animo negativi. Spesso a parole non si riesce ed esprimere il nostro mondo interiore o manifestare apertamente cosa ci preoccupa, pertanto è bene non sottovalutare mai gli altri canali comunicativi.

Abbiamo detto, all’inizio del nostro discorso, che comunicare significa trasmettere qualcosa agli altri. Non si tratta di una relazione univoca, ma chi riceve un messaggio deve creare un’ interazione, uno scambio.

La comunicazione efficace di Gordon

Lo psicologo clinico Gordon sostiene che una comunicazione diventa efficace quando esiste, appunto, un’ interazione di fattori non solo relazionali, ma anche affettivi, cognitivi, culturali e sociali. Quando cioè tra mittente e destinatario si viene a creare uno scambio circolare continuo di informazioni. Uno degli ambienti dove è possibile tutto ciò è sicuramente la scuola.

La comunicazione a scuola: come parlare e farsi ascoltare dai bambini

Avere a che fare ogni giorno con tanti alunni significa confrontarsi con personalità e bisogni diversi. L’ insegnante non può utilizzare un unico metodo comunicativo perché non tutti i bambini sono in grado di recepirlo. Compito del docente è quello di mettere le sue conoscenze a servizio della sua classe utilizzando tutte le strategie necessarie per permettere ad ognuno di codificare la lezione così com è in grado di apprenderla. Oggigiorno la lezione tradizionale è di gran lunga superata, le tecnologie e il nuovo modo di fare scuola permettono a chiunque di apprendere anche ai soggetti che presentano delle difficoltà di apprendimento.

Ma anche il rapporto insegnante-alunno deve essere reciproco, spesso in alcune famiglie si vivono situazioni difficili e alcuni bambini e ragazzi ricercano in un docente un’ ancora di salvezza o una persona di fiducia al quale riferire il proprio disagio.

È bene creare sempre un clima sereno e collaborativo all’ interno della classe, dare a tutti la possibilità di confrontarsi senza essere giudicati. Chiedere ogni tanto agli alunni di salire in cattedra e fare lezione secondo il loro stile non va contro un’ istituzione troppo rigida e burocratica, ma permette di accogliere un nuovo modello educativo e comunicativo. Partire dai loro interessi, dai gusti musicali per arrivare a parlare di letteratura latina non è fantascienza, ma una probabile realtà. Siamo nel XXI secolo signori adeguiamoci ai cambiamenti! 

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