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La psicologa ci spiega come aiutare i bambini a superare la paura di sbagliare

di Emmanuella Ameruoso - 16.10.2019 Scrivici

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Come aiutare i bambini a superare la paura di sbagliare? La psicologa ci spiega come interpretare questa difficoltà e come intervenire

In questo articolo

Come aiutare i bambini a superare la paura di sbagliare

Alessia ha 11 anni e frequenta la seconda classe della scuola media inferiore. Da qualche tempo, quando viene interrogata trema e si blocca tanto da non riuscire a rispondere correttamente. Nonostante abbia studiato molto il giorno prima, nell’esposizione non riesce a dire tutto, molte cose le dimentica e le ricorda soltanto al termine “come se ci fosse un vuoto, pensa a tutt’altro e la risposta non le viene in mente".

La paura di sbagliare è molto comune nei bambini. In alcuni di loro, tale timore li blocca tanto da non riuscire a rispondere adeguatamente alla situazione.

Ma da cosa deriva?

L’ansia da prestazione è presente sia nei bambini e sia negli adulti. Deriva dall’infanzia e molto spesso sono proprio i genitori ad indurla inconsapevolmente.

Come? Le richieste eccessive nei loro confronti o aspettative troppo grandi che i bimbi non sono in grado di soddisfare producono, a volte, delle sofferenze difficili da comprendere e affrontare.

Un genitore che non è riuscito a realizzare il proprio sogno spinge il figlio a farlo “io non ho potuto studiare, tu hai questa possibilità”, “sei nato tu e la mia vita è cambiata”, “devi fare meglio di papà o di mamma” o, al contrario, il confronto con un genitore realizzato porta il figlio a dover rispondere ad un prototipo familiare che non riconosce pienamente. Anche il non accettare che il proprio bambino abbia delle difficoltà, sia più lento o meno interessato, cioè non sia alla stessa stregua degli altri, porta gli stessi adulti a pressarli.

L’ansia è quindi la conseguenza di dinamiche che si strutturano sin dal primo giorno di vita.

Entro un certo limite l’ansia aiuta ad affrontare le situazioni della vita poiché produce, a livello fisiologico, una risposta ormonale che innesca il processo di attivazione, di attenzione e di controllo utili per affrontare una prestazione. Ma a livelli eccessivi produce un’inibizione come ad esempio un blocco.

In tal caso, il fatto di non riuscire a rispondere grava sull’ immagine di sé ed il soggetto è portato alla fuga per sottrarsi ad una situazione che lo demoralizza. Molti episodi di abbandono scolastico derivano proprio da questo genere di esperienze.

Come riconoscerla?

È possibile che il bambino metta in atto una serie di comportamenti da cui è possibile scorgere il suo disagio.

  • Se si osserva un’eccessiva attenzione al perfezionismo, se troppo attento ai particolari e impiega molto tempo per terminare un compito poiché manca sempre qualcosa, allora è il caso di discuterne assieme e cercare di spiegargli che, anche non raggiungendo la perfezione, il risultato si ottiene lo stesso. Attenzione: solo se ciò in lui provoca ansia o agitazione o non porta a termine il compito o non si sente mai adeguatamente preparato. Solitamente, l’eccessiva attenzione ai dettagli e la difficoltà a raggiungere la compiutezza produce frustrazione. Se “manca sempre qualcosa”  vi è incertezza, insicurezza e quindi disagio e sofferenza.  Procrastinare significa anche rinunciare e molti evitano proprio di trovarsi nella situazione di insuccesso o fallimento evitando di mettersi in discussione.
  • “Non ce la farò”. Il pessimismo per difendersi dall’insuccesso è un altro modo che il bambino utilizza per evitare umiliazioni, dispiaceri e situazioni di disagio è proprio non investire nel suo apprendimento. Ciò significa che sarà disattento durante le lezioni, si perderà nei suoi pensieri, tralascerà i suoi studi proprio perché non crede nella sua riuscita.
  • La profezia che si auto avvera: l’autosabotaggio. Anche se più difficile da cogliere, i bambini possono mettere in atto dei comportamenti che come risultato portano all’insuccesso. Le strategie possono essere tante. Per esempio distrarsi durante il compito, dare fastidio ai compagni, impegnarsi in attività che li distolgono dallo studio proprio prima del compito, perdono oggetti o quaderni che servono per la scuola. Insomma, tutto ciò che come fine ultimo è proprio sabotare, inconsapevolmente, la prestazione ed evitare la delusione.
  • Dispersione scolastica. Non è raro che un ragazzino abbandoni la scuola e ciò può dipendere da mille fattori: esperienze di bullismo, la derisione da parte di alcuni compagni, l’insuccesso scolastico dovuto a svariate difficoltà, l’insicurezza e tanti altri fattori già elencati portano a rinunciare ad un progetto scolastico per conservare e proteggere un’immagine di sé defraudata della propria autostima.

Paure nei bambini

Come aiutarlo?

Non sempre il bambino ha come obiettivo quello dei genitori.

E’ importante, quindi, seguire le sue inclinazioni senza forzarlo ad essere ciò che non vuol essere. Va spronato a mettersi in gioco e ad affrontare le situazioni che potrebbero trasformarsi in belle esperienze significative per lui.

Sicuramente pillole di fiducia e autostima sarebbero utili per raggiungere dei risultati abbastanza promettenti. Il bambino in quel momento è in grado di dare ciò che può, e nel tempo, se sollecitato e gratificato, può acquisire maggiore fiducia in se stesso e portare avanti i suoi studi e le sue attività. Può quindi migliorare ma ha bisogno di essere compreso.

Non esiste soltanto la scuola, il bambino ha bisogno di avere delle distrazioni, di divertirsi e quindi di essere ricompensato dopo aver raggiunto anche un minimo risultato. Portarlo al cinema, al parco, ad una festa, comperargli un gelato o qualcosa che gli piace potrebbe sollecitare il suo impegno. Sempre senza esagerare.

Oltre ai “premi” di tipo materiale ha bisogno anche di sentirsi accettato e amato: manifestare a parole il proprio compiacimento lo risolleverà dalla ricerca del consenso. Non sarà lui a richiederlo ma sarà il genitore a mostrare la sua soddisfazione “sono orgoglioso di te”, “sei stato bravo”, “hai raggiunto un buon risultato”, “prova ancora, a prescindere dal risultato”.

E se non riesce poiché ha difficoltà e si sente umiliato al confronto con i suoi compagni, allora è il caso di sostenerlo poiché sicuramente ce la sta mettendo tutta: “la prossima volta andrà meglio”, “prova ancora, potrai riuscirci”, “a me interessa che tu stia bene a prescindere dagli altri”.

Essere genitore non è sempre facile, ma neanche essere figlio lo è. Un adulto questo lo comprende, un bambino qualche volta.

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