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Cara mamma, quando te ne vai...salutami!

di Emmanuella Ameruoso - 12.05.2015 Scrivici

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Lasciare il bambino senza salutarlo quando si va via di casa è diseducativo. La psicologa ci spiega il perché e consiglia come comportarsi

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Il bambino piange se non vede la mamma

Gentile dottoressa, ogni qualvolta esco di casa non so mai come comportarmi con mio figlio poiché piange sempre. Ho escogitato anche un modo per non farmi vedere, distraendolo con i giochi o giocando a nascondino fino a non farmi trovare dato che, in effetti, vado via. Ma lui continua a piangere. Non so più cosa fare, ma soprattutto se faccio bene a non salutarlo in quanto tutte le volte mi sento in colpa.

Si può pensare che lasciare il bambino senza salutarlo quando si va via di casa, magari di soppiatto...sgattaiolando via, sia un modo per farlo stare tranquillo, per non farlo piangere. Ma non è così. Di fronte all’assenza materna il piccolo scoppia in un pianto senza fine poiché non comprende realmente cosa sia successo.

In effetti, secondo la sua logica e formazione neuro cognitiva, per lui la mamma scompare, significa cioè che l’ha persa per sempre. Non è in grado ancora di conservare mnemonicamente la rappresentazione mentale della figura di accudimento per cui piange manifestando la sua paura, il suo spavento e la sua sofferenza.

Il bambino attraversa diverse fasi nella crescita che lo conducono a formulare delle connessioni logiche e cognitive in base alla maturazione neuro cerebrale. È per questo che l’aspetto deduttivo o intuitivo non è così sviluppato come nei più grandi o negli adulti. Piaget (1971) nel suo studio sull’epistemologia genetica parla di evoluzione per stadi del pensiero del bambino:

  • il periodo dell’intelligenza senso motoria (0-24 mesi),
  • preoperatorio (2-6 anni),
  • delle operazioni concrete (7-11/12 anni),
  • delle operazioni formali (11-12 anni).

Mentre il primo è prevalentemente istintivo e il bambino non possiede una rappresentazione interna degli oggetti ben definita e chiara, cioè non fruisce di immagini mentali né di parole per gestire mentalmente la realtà che lo circonda, quindi il suo rapporto è immediato e senza scopi, il secondo include il gioco simbolico nel quale il piccolo acquisisce una rappresentazione stabile del mondo esterno (riesce ad immaginare una cavallo al posto di uno sgabello, di un uccello al posto di un aquilone).

Le immagini sono comunque isolate tra loro e non vi è un nesso. Solo dopo i 6 anni riesce, invece, a coordinarle tra loro, ma ha comunque difficoltà a utilizzarle in situazioni astratte. È nell’ultimo stadio, intorno ai 11 ai 12 anni, che acquisisce la capacità ipotetica-deduttiva per la quale l’astrazione diviene più semplice.

È, di conseguenza, facile comprendere quanto sia difficoltoso per un bimbo piccolo conservare l’immagine materna e rappresentarla mentalmente nonostante ne associ il ricordo. A tal proposito, di notevole importanza risulta essere anche l’attaccamento che il piccolo riversa nei confronti della sua figura di riferimento e la difficoltà a distaccarsi da essa. In una situazione di allontanamento, infatti, al bambino viene spontaneo ricercare la mamma e, una volta rassicurato dalla sua presenza, continua a svolgere le sue attività con normalità. Diversamente, la sua richiesta di attenzione diviene eccessiva poiché non riesce a tranquillizzarsi.

L’allontanamento viene vissuto come un abbandono al quale non dà una spiegazione, ma essendo particolarmente piccolo vive il senso dell’abbandono. Non vi è una separazione netta tra lui e la mamma dato che ancora percepisce l’unità e, quindi, ha bisogno di lei. Crescendo la situazione cambia, ma essendo sempre legato ha necessità di percepire una costanza della presenza affettiva. Questo lo aiuta a sentirsi maggiormente sicuro di sé e a fidarsi delle persone che si prendono cura di lui.

Cosa è possibile fare?

  • Parlare sempre sinceramente e comunicare al bambino un eventuale programma della mattina e della giornata, spiegandogli cioè che si sta uscendo per un motivo preciso (lavoro, spesa, commissione, visita specialistica)
  • Cominciare gradualmente con piccoli distacchi per poi procedere con orari più lunghi
  • Rassicuralo continuamente sulle sue eventuali paure di abbandono
  • Considerare importante il suo stato d’animo e fargli percepire con empatia che si è compreso come lui si sente
  • Dare fiducia e trasmettere fiducia
  • Allontanarsi e rientrare con il sorriso
  • Raccontare come si è evoluta la giornata e chiedere a lui come ha trascorso la giornata in sua assenza
  • Farsi accompagnare alla porta e lasciarsi salutare.
  • Ciò che è più importante, è non sottovalutare le richieste del bambino, ma soprattutto non sminuire la sua sofferenza usando strategie che non hanno un riscontro educativo, ma favorire un graduale distacco agevolando la sua indipendenza affettiva.
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