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Bambino introverso: che fare?

di Isabella Ricci - 01.12.2016 Scrivici

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Cosa fare se si ha un bambino introverso: i consigli della psicologa per aiutarlo ad aprirsi rispettando il suo carattere

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Bambino introverso cosa fare

Molti genitori e molti educatori sembrano preoccuparsi quando notano nel carattere di un bambino una certa timidezza, una riluttanza a lasciarsi coinvolgere nelle attività di gioco, a socializzare con gli altri bambini. L’introversione viene quasi sempre stigmatizzata dal senso comune come un tratto di personalità poco adattivo: infatti, ad essere considerate in una luce positiva e favorevole all’adattamento sembrerebbero altre caratteristiche, come l’apertura all’esperienza, la socievolezza, l’estroversione, la loquacità, l’energia. Cosa fare se si ha un bambino introverso?

Innanzitutto chiariamo che il continuum introversione-estroversione non indica una progressione da una disposizione caratteriale negativa verso una positiva, in quanto le due polarità non sono sinonimo di maggiore o minore adattamento, ma semplicemente due modi diversi di essere, che in ogni caso non sono quasi mai assoluti, e che dipendono in gran parte dal temperamento, cioè dal substrato biologico della personalità. Questo concetto fa riferimento al livello ottimale di attivazione che un organismo tende naturalmente a raggiungere e a mantenere.

In questo senso le persone che già possiedono un elevato livello di eccitazione interna ricercherebbero in misura minore stimolazioni esterne ed avrebbero un carattere più tranquillo e solitario. Al contrario, individui con un minore livello di attivazione interna sarebbero propensi a cercare nel mondo esterno sensazioni forti e stimoli continui. Questa disposizione renderebbe il loro carattere più estroverso. In realtà le spiegazioni biologiche delle caratteristiche di personalità non sono esaustive, perché accomunano l’individuo ad un ente sempre uguale a se stesso, appunto “per carattere”, mentre la persona, pur avendo delle caratteristiche stabili, è continuamente aperta alla possibilità di cambiamento, in relazione alle esperienze di vita, ai contesti di sviluppo e alle relazioni con le figure significative, non solo in infanzia, ma lungo tutto l’arco di vita.

Iniziamo quindi a considerare l’introversione semplicemente come una caratteristica della personalità che non va connotata negativamente, come un indice di chiusura e di ripiegamento nei confronti del mondo esterno.

Non dimentichiamoci che le persone introverse sono spesso quelle più sensibili e che tra queste personalità si annoverano moltissimi artisti, scrittori, musicisti.

Il problema non sembra dunque riguardare la salute mentale dell’individuo, nel senso che un carattere più timido e tranquillo non deve per forza far pensare all’anormalità o alla patologia.

Tuttavia molto spesso questa diversità viene colta dai compagni di gioco ed il bambino rischia di essere isolato o in occasione dell’inserimento scolastico di diventare vittima di episodi di bullismo. Con questo termine si fa riferimento al mobbing infantile, cioè a una serie di comportamenti di prevaricazione attuati da uno o più individui a danno di una vittima designata. La scuola è il principale contesto in cui questo fenomeno si manifesta, ma non l’unico. Ancora una volta è lo stereotipo sociale che identifica il bambino più estroverso come un soggetto forte e vincente, mentre il bambino più introverso, timido e ritirato come un soggetto debole, una vittima su cui attuare azioni offensive.

In presenza di un bambino timido e più ritirato è inutile essere intrusivi e cercare di renderlo come tutti gli altri bambini. Spetta a chi interagisce con lui, genitore o educatrice, mitigare gradualmente certe caratteristiche del bambino, nel rispetto del suo carattere, cercando di catturare il suo interesse e di coinvolgerlo nelle attività di gioco senza forzare i suoi tempi e i suoi modi.

Innanzitutto rispettando il suo carattere e le sue inclinazioni, senza metterlo sotto pressione. Inutile ripetergli con fare nervoso “vai a giocare anche tu” perché avremo l'unico risultato i farlo sentire ancora più frustrato e impaurito. Rassicuriamolo: a scuola ci vorrà forse un po' più di tempo ma alla fine si farà degli amici e dovrà scegliere con calma quelli più simili a lui; se qualcuno lo infastidisce con atti di bullismo o lo fa sentire a disagio invitarlo a non tenersi tutto dentro ma a comunicarlo ai genitori o all'insegnante; parlare apertamente con gli insegnanti per spiegare le difficoltà del bambino in modo che si crei un'asse costruttiva scuola-casa per aiutarlo e ascoltarlo.

In generale possiamo comunque fare qualcosa per aiutarlo a socializzare:

  • dare noi l'esempio: naturalmente il bambino timido amerà stare con i genitori soprattutto se anche loro si chiudono in sé stessi, fatevi vedere socievoli ed espansivi;
  • non forzatelo mai: non bollatelo dicendo “ma perché non vai a giocare, sei troppo timido!”, perché non fareste che imprimere nella sua identità questa connotazione e alla fine si convincerà di non poter mai essere diverso;
  • lasciatelo libero: preferisce giocare solo con un bambino invece che buttarsi nella mischia? Non pensate che sia una sconfitta, è una sua scelta e l'importante è che si senta a suo agio e libero di esprimersi senza essere giudicato. Finalmente sta giocando con altri bambini al parco e voi gli state appiccicate perché temete che possa farsi male o essere preso in giro o litigare? Lasciatelo libero di vivere questa esperienza di gioco in modo autonomo

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