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Perché mio figlio dice sempre no?

di Chiara Mancarella - 31.07.2017 Scrivici

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Perché il bambino dice sempre no? Quando si tratta di un semplice capriccio e quando viene utilizzato per esprimere la propria identità? I consigli della pedagogista per gestire la fase oppositiva dei figli

In questo articolo

Il bambino dice sempre no

Considerata la stagione in cui ci troviamo immaginiamo questa scena: siete sotto l'ombrellone e vostro figlio è in acqua già da un paio di ore, è ora di andare via, quale sarà la sua risposta? Un forte e secco “No”! Pazienza se le sue labbra sono diventate viola o le dita hanno assunto un colore bianchiccio, all' “ultimo” tuffo della giornata proprio non ci vuole rinunciare.

Inizia allora un tira e molla, dapprima allegro poi estenuante per arrivare, quasi fosse un crescendo rossiniano, ad urla di terrore da far rabbrividire anche il palestrato vicino d'ombrellone. All'ennesimo richiamo e all'ennesimo rifiuto finalmente vostro figlio esce dal mare come se niente fosse e tra un sorriso imbarazzante e un rimprovero vi chiedete perché è così disobbediente? 

Vediamo perché il bambino dice sempre no e come comportarsi in questi casi

Fase oppositiva del bambino 

Da quando i bambini iniziano a parlare, il “NO” sarà una delle parole che sentirete maggiormente pronunciare. Intorno ai due-tre anni prendono sempre più consapevolezza e controllo di loro stessi. Individuano il loro sé da quello degli altri ed acquisiscono una personalità sempre più marcata. Attraverso il “NO” il bambino si sente autonomo e ciò mette a dura prova la pazienza dei genitori.

Il "no" non è un capriccio

A quest'età i capricci sono all'ordine del giorno, ma attenzione a non fare confusione! Abbiamo detto che il No è un modo per esprimere indipendenza pertanto va preso seriamente, ma anche con un certo distacco. È importante capire che il bambino stia attraversando una fase del suo sviluppo e che tutti i No che sentirete pronunciare rientrano assolutamente nella norma, si ma che fatica, direte voi!

Perché dice sempre no? 

Semplice, è una parola breve e ad effetto. Ci sono bambini che la pronunciano con una certa facilità, altri che aggiungono la mimica facciale spalancando gli occhi, altri ancora dopo averla pronunciata restano a bocca aperta per qualche secondo e aprono le braccia, che dire, meriterebbero l'Oscar! È, inoltre, una parola che gli adulti stessi pronunciano il più delle volte nei loro confronti: “No, no e no” lo hanno detto se la pappa è stata rovesciata, se si sono avvicinati alle prese della corrente o se il vaso antico della nonna stava per fare una brutta fine.

I bambini sono abituati a sentirlo ed è normale che rientri a pieno titolo nel loro ancora acerbo vocabolario. C'è da dire però che spesso viene fatto un uso improprio della parola, a volte viene usato senza conoscerne il vero significato o il contesto in cui inserirlo, ma i piccoli lo pronunciano per il gusto di dirlo.

Lo psicologo Yuko Munakata sostiene “che è sbagliato pretendere che un bambino ci ascolti semplicemente ripetendo una, due, tre volte lo stesso comando. Semmai sarebbe più efficace provare a scatenare in loro una reazione. La cosa migliore è fare in modo che le azioni che vengono chieste non richiedono uno sforzo mentale particolare, ma un confronto pratico con la realtà. Secondo lo studioso tutto ciò che viene detto è immagazzinato e riportato alla luce al momento opportuno. 

Come gestire i "no"?

Dire semplicemente “avere tanta pazienza” non è sufficiente. Ok, che sia una fase di crescita dei bambini lo abbiamo capito, ma non basta per gestire questi momenti (non chiamiamole crisi, per favore!). Cosa fare allora? Molti esperti parlano dei “terribili due anni” e per sopravvivere i genitori dovrebbero seguire pochi consigli. Vediamoli insieme:

  • Offrire una scelta. Il più delle volte i bambini pronunciano il No ad una domanda dei genitori. Rigirate la cosa invece a vostro favore, ponete a vostro figlio una domanda che comporti una scelta in cui presentate due opzioni (non di più per non confondere). Per esempio: “Vuoi mangiare la carne o il pesce?” In questo modo offrirete al bambino la possibilità di rispondere in maniera precisa, piuttosto che limitarsi ad un semplice No.
  • Stabilire delle regole. Fissare all' interno della famiglia delle regole che siano rispettate da tutti i componenti e non solo dai bambini è un utile strumento educativo. Ci sono delle regole a cui non si può proprio chiudere un occhio, prima di tutto quelle che riguardano la sicurezza in casa e fuori e poi quelle legate alla routine della giornata (lavare le mani prima di mangiare, lavarsi i denti, fare il bagnetto…)
  • Non limitarsi al No. È importante andare oltre questa parola, cercare di capire in che circostanza viene detta è fondamentale per conoscere più a fondo i nostri figli. Rimproverarlo offendendolo non è produttivo e soprattutto educativo. Chiamare il bambino “bugiardo” o “cattivo” lo porterà ad avere un atteggiamento più ostile nei vostri confronti. Mai offenderlo quindi se ad essere sbagliato è il suo comportamento. Le cosiddette parolacce, anche se possono sembrare lievi, nei piccoli hanno un effetto devastante. Sono solo un mezzo di sfogo, così come le botte, per chi le dice che non portano da nessuna parte, anzi tendono solo a peggiorare le cose. Ricapitolando abbiamo detto che verso i due anni i bambini imparano a dire No e lo ripetono spesso e volentieri. Non va confuso con i capricci, anche questi tipici dell' età, e questa fase di ribellione tende a diminuire verso i tre anni.
  • Compito fondamentale dei genitori è sempre quello di dare il giusto esempio nel crescere i propri figli. Compito dei figli, invece, è quello di prendere tutto ciò che di buono sono in grado di offrire i genitori! 

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