In questo articolo
Accettare le paure dei bambini
La paura è un’emozione primaria che tutti, grandi e piccini, proviamo nella vita; ha una funzione di autoprotezione, utile poiché, mettendoci in allarme di fronte a situazioni potenzialmente minacciose o che potrebbero causarci sofferenze, ci aiuta ad attivare risposte di attacco o di fuga, risultando così fondamentale per la nostra sopravvivenza.
Questa emozione naturale e necessaria compare già durante l’infanzia: i bambini infatti sono impegnati nell’esplorazione di un mondo sconosciuto, ignoto e ricco di possibili minacce e la paura esorta loro a stare all’erta e a difendersi, attraverso l’apprendimento di strategie sempre nuove.
Qualsiasi genitore naturalmente auspica per i propri figli una totale felicità e serenità, tendendo per questo, a volte, a una iper-protezione da ciò che può risultare fonte di sofferenza, dispiacere o paura.
La paura non va stigmatizzata
In realtà, per quanto spiacevole, la paura non deve essere evitata o considerata un'emozione inadeguata, né tanto meno ci si deve vergognare per il fatto di provarla. Anzi, ciò che occorre far presente ai piccoli è esattamente l'opposto: avere paura è una cosa normale, è un'emozione insita in noi, quindi "va bene avere paura, anche i grandi ce l'hanno".
Il bambino, trovando da parte degli adulti di riferimento uno spazio di ascolto per ciò che lo spaventa o lo preoccupa, sentirà di poter contare su qualcuno in grado di contenere e rielaborare dei vissuti spesso per lui non ancora sopportabili. Ciò comporterà una sempre maggiore fiducia in sé e negli altri, acquisendo la consapevolezza di poter riuscire ad affrontare i suoi timori.
Le paure che possono assalire i piccoli di casa vestono maschere diverse, alcune più tipiche dell'età evolutiva, altre più soggettive, legate all'esperienza personale e alla propria storia individuale. Molte sono tramandate culturalmente, come nel caso delle leggende metropolitane.
La paura dell'estraneo
Uno dei primi timori, anche in senso cronologico, è quello legato all'estraneo.
Nel momento in cui il bambino inizia a differenziarsi dall'altro e, di conseguenza, impara a distinguere le figure di riferimento dagli sconosciuti, si manifesta un istinto autoprotettivo che lo spinge verso una diffidenza iniziale rispetto a ciò che è estraneo e che non sa classificare come buono o cattivo.
Nel corso dello sviluppo, ogni conquista di maggiore autonomia può accompagnarsi anche alla paura.
Quando i bambini imparano a gattonare e poi a camminare, ad esempio, iniziano ad esplorare l'ambiente e a scoprire cose nuove. Al piacere che scaturisce da queste nuove acquisizioni può affiancarsi, nel piccolo, la paura di essere abbandonato: ogni traguardo infatti coinvolge inevitabilmente un processo di separazione che può suscitare un sentimento di insicurezza, riferito al timore di perdere i propri punti di riferimento, fonte di contenimento, calore e contatto fisico. Nei più piccoli, la possibile ansia di separazione si manifesta perché non sono ancora capaci di realizzare che la figura di riferimento può allontanarsi, senza sparire, per poi ritornare.
Ecco dunque che risulta fondamentale che l'atteggiamento di mamma e papà riesca a trasmettere al bambino quella fiducia e quella sicurezza di cui necessita, per affrontare il distacco e la separazione.
A tal proposito, anche il momento del sonno, in modo particolare la notte, può risultare molto difficile per i bambini, poiché sancisce un lungo distacco dalle figure di riferimento, distacco che può talvolta attivare sentimenti di abbandono. Il buio si popola di personaggi fantastici, mostri, streghe, fantasmi minacciosi: figure che nell’immaginario del piccolo possono diventare reali, rappresentando una minaccia contro cui lottare, spingendolo così a ricercare la vicinanza dei genitori. Nella notte e nel buio non è facile ritrovare dei punti di riferimento e la paura, essendo legata a ciò che non si può vedere, che non si conosce, a ciò che è ignoto, suscita spesso sentimenti di solitudine e la convinzione che vi siano mostri in agguato sotto al letto o dentro all’armadio!
La paura della morte
Intorno ai sei anni il bambino inizia ad avere curiosità circa la ciclicità della vita e, di conseguenza, può sovente manifestare la paura della fine e anche della morte.
Gli eventi legati al termine della vita, come ad esempio la perdita di un nonno o di una nonna, possono infondere molta paura e può capitare che i piccoli provino un senso di colpa per quanto accaduto o che mettano in relazione il proprio comportamento all’evento stesso. In questi casi è quindi importante modulare le informazioni sulla base dell’età del bambino, rassicurandolo e cercando di rispondere con chiarezza, semplicità e sincerità alle sue legittime domande.
Esistono anche alcune paure trasmesse dalla cultura e dai suoi strumenti di comunicazione. In particolare i mass media giocano un ruolo importante nella diffusione di certi timori legati all’ambiente circostante: i messaggi violenti, ad esempio, sono presenti con frequenza in televisione o su internet, due mezzi accessibili anche ai bambini. Se questi ultimi non sono affiancati dai genitori che ne aiutano la visione e ne facilitano la comprensione, tali messaggi possono confondere e impaurire i più piccoli, non ancora in grado di gestire autonomamente le emozioni suscitate.
La paura sociale
Con la crescita, infine, possono presentarsi paure inerenti alla vita sociale e al confronto con i coetanei, che nelle situazioni più critiche possono talvolta sfociare in comportamenti di ritiro o di evitamento. In questi casi, il timore di sentirsi sbagliati o giudicati o, ancora, di non essere all'altezza dei pari possono essere indice del fatto che il bambino, in fase di sviluppo, continua ad avere bisogno di sicurezza e protezione.
Come aiutare i bambini
Esistono diverse risorse che è possibile mettere in campo come utili strumenti di supporto: le favole, le fiabe e i racconti danno, ad esempio, l’opportunità di identificare nei personaggi le paure, riconoscerle e soprattutto di prendere coscienza di modalità funzionali per superarle. Se i bambini non sono ancora in grado di verbalizzare le loro emozioni è possibile fare ricorso all’ausilio di altre attività espressive, quali il disegno o il gioco, che rappresentano un ottimo palcoscenico in cui affrontare simbolicamente i timori, metterli fuori di sé, guardarli e padroneggiarli.
In conclusione, è importante che in prima istanza l’adulto accolga il bambino e la sua paura, ascoltandolo in modo empatico e legittimando il suo vissuto. In un secondo momento, potrà aiutare il piccolo a riconoscere il suo timore, dargli un nome, comprenderlo, consentirgli un canale di espressione e gestirlo: in questo modo, la paura non sarà respinta, negata o minimizzata.