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Svezzamento biologico: risponde il pediatra

di Francesca Capriati - 01.07.2021 Scrivici

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Fonte: shutterstock
Svezzamento biologico: il prof. Andrea Vania ci spiega i vantaggi dello svezzamento bio, come scegliere i prodotti e consigli pratici

Svezzamento biologico: risponde il pediatra

Partire con lo svezzamento è entusiasmante ma pone anche i neogenitori di fronte a diversi dubbi e domande. Quali cibi bisogna proporre? Come essere certi che siano sicuri e di qualità? Lo svezzamento biologico trova sempre maggior consensi e i prodotti bio vengono scelti da un numero crescente di famiglie, per l'alimentazione di grandi e piccoli. Ma quali sono i benefici e i vantaggi di uno svezzamento biologico? Lo abbiamo chiesto al Professor Andrea Vania, già Responsabile del Centro di Dietologia e Nutrizione Pediatrica del Policlinico Umberto I / Università Sapienza di Roma.

In questo articolo

Quando iniziare

A differenza di qualche anno fa le linee guida in merito allo svezzamento sono più flessibili (ad esempio molti pediatri non propongono più la tabella degli alimenti da introdurre gradualmente). Ma quando iniziare lo svezzamento e con quali alimenti?

Non c'è dubbio, in passato siamo stati piuttosto rigidi nei passi da fare per avviare i bambini ad alimenti diversi dal latte, atteggiamento che ormai quasi tutti abbiamo abbandonato. Tuttavia alcuni punti fermi – che l'OMS di tanto in tanto ricorda a tutto il mondo – non andrebbero dimenticati né considerati qualcosa che seguiamo solo se ci va. Il più importante è che è opportuno attendere i 6 mesi compiuti (180 giorni di vita) prima di proporre alimenti diversi dal latte.

Vero soprattutto nell'allattato al seno, ma vero anche in chi questa fortuna non ce l'ha. Pochissimi bambini possono necessitare di un'anticipazione, ma sarà il Pediatra a valutare il singolo caso. Quanto agli alimenti da usare, è ormai considerato obsoleto un vecchio modo di procedere, che prevedeva di iniziare l'alimentazione complementare con la frutta.

Se uno degli scopi del divezzamento è dare una quota calorica un po' più alta, non lo ottengo certo sostituendo il latte (70 kcal/100 g) con la frutta (circa 20 kcal/100 g)! E anche se non ci sembra, sempre di sostituzione si tratta, date le piccole dimensioni dello stomaco del lattante.

Come iniziare lo svezzamento

Che consigli possiamo dare alle mamme che stanno per introdurre i loro bambini allo svezzamento: ad esempio che quantità, quali alimenti prediligere e come organizzare i pasti durante la giornata?

I pasti del bambino, fino a circa 2 anni di vita, hanno una composizione identica in termini di nutrienti, ovvero contengono quantità analoghe di carboidrati, proteine e grassi sia nel pranzo che nella cena, e le quantità sono piccole, perché i fabbisogni del piccolo, col passare dei mesi, aumentano molto poco, e dopo l'anno alcuni (proteine, grassi) tendono semmai a diminuire, per kg di peso.

Dare numeri ha poco senso, ogni bambino è diverso, ma è importantissimo, per i riflessi che questo può avere sulla salute futura, aver almeno presenti dei limiti: tra 6 e 12 mesi la quota proteica deve essere particolarmente bassa (ad es., non più di 15-20 g di carne), quella di grassi particolarmente alta (è adeguato un cucchiaio di olio per ogni pasto non di latte), non vanno mai aggiunti né sale né zucchero.

Sull'organizzazione della giornata, va ricordato che questo periodo della vita serve a portare il bambino verso l'alimentazione dell'adulto, la quale tende a rispettare una cultura e dei canoni familiari, regionali, nazionali: in Italia, usualmente, i due pasti principali sono il pranzo e la cena, dunque gli stessi ritmi dovrebbero valere anche per il piccolo.

Svezzamento bio, sì o no?

Secondo l'ultimo Rapporto"Bio in cifre 2020" redatto da ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) eSINAB (Sistema di Informazione Nazionale sull'Agricoltura Biologica), un numero crescente di famiglie italiane ha deciso, soprattutto in questo ultimo anno, di virare verso un'alimentazione biologica. Ma lo svezzamento biologico è davvero la scelta migliore per i nostri figli?

Non c'è dubbio che, potendoselo permettere economicamente (non dimentichiamoci che il settore "bio" soffre – intrinsecamente, direi, dato che i costi di produzione sono più alti e la resa inferiore – di prezzi al dettaglio spesso più elevati), il biologico sia una scelta da privilegiare: meno inquinanti e conservanti, e spesso anche maggior attenzione al "km 0", anche per questioni di conservazione degli alimenti "bio", che hanno una vita a scaffale ridotta, rispetto agli alimenti prodotti con metodiche più aggressive.

Se la domanda è invece rivolta alla contrapposizione tra biologico e cosiddetto baby-food, va ricordato che ognuno dei due ha vantaggi e svantaggi. I baby-food hanno un controllo igienico-sanitario maggiore e limiti di tolleranza per inquinanti vari decisamente minori rispetto a qualsiasi cibo non di quella categoria, ma hanno lo svantaggio di gusti sempre uguali (un omogeneizzato di una certa ditta ha sempre lo stesso sapore) e piuttosto appiattiti verso il "neutro"; il "bio" ha limiti di tolleranza più bassi rispetto agli altri cibi del mercato, anche se più alti del baby-food, ma ha l'innegabile vantaggio della varietà di qualità disponibili, e di gusti ogni giorno diversi (la zucchina di oggi non ha mai lo stesso sapore di quella di ieri).

Cosa significa BIO

Cosa significa davvero "biologico" e come possiamo essere sicuri di proporre solo cibi BIO?

Gli alimenti biologici hanno sempre un marchio specifico, il "logo biologico UE", che viene concesso da organismi certificatori autorizzati, i quali testimoniano che sono stati rispettati i Reg. CE 834/07 e CE 889/0, o il Reg. CE 1235/08 nel caso di importazione da Paesi terzi, che comunque devono aver rispettato i primi due regolamenti citati, per la produzione di quel cibo.

Biologico in sé significa che sono state rispettate una serie di norme e prescrizioni ben precise (ad es., no OGM, no radiazioni ionizzanti, solo ingredienti e coadiuvanti autorizzati dal Reg. CE 889/0, ecc.), troppo lunghe da elencare qui per esteso, ma che si possono facilmente trovare online, ad esempio qui.

Come scegliere i prodotti giusti

Come scegliere i prodotti biologici e quali sono quelli più adatti per lo svezzamento?

In pratica direi che non esistono alimenti inadatti al divezzamento, fatta eccezione per il pepe ...prodotto che comunque ben difficilmente verrebbe in mente (spero!) di usare nel bambino piccolo. Tutti gli altri alimenti sono utilizzabili, dando la preferenza, come detto, ai prodotti biologici e rispettando il più possibile, per verdure e frutta, la stagionalità.

I vantaggi dello svezzamento biologico

Quali sono i vantaggi, per la salute dei bambini, ma anche per l'ambiente, della scelta di fare uno svezzamento biologico?

Promuovere il biologico ha indubbi vantaggi di salute, proprio perché si riduce e (quanto meno) si ritarda l'esposizione a tutta una serie di prodotti chimici che utilizzano sia l'agricoltura che l'allevamento che l'industria di trasformazione non-biologici.

Questi stessi vantaggi si riflettono ovviamente anche sull'ambiente, ormai saturo di inquinanti di tutti i generi. Né va dimenticato che un effetto disinquinante sull'ambiente lo ha ancor di più l'accoppiata biologico + km 0, per il ridotto o ridottissimo uso di trasporto a lunga distanza delle derrate alimentari.

Svezzamento o autosvezzamento?

Abbiamo scelto di utilizzare cibi e prodotti bio, ma adesso come procedere? Quale tipo di svezzamento consiglia: quello tradizionale, con un'introduzione graduale degli alimenti e degli ingredienti, oppure un autosvezzamento biologico, consentendo ai bambini di assaggiare ciò che mamma e papà preparano anche per loro stessi?

Non credo sia possibile dare una risposta semplice e concisa a questa domanda, perché sono tanti i fattori da tenere in considerazione, e se molti riguardano certamente il bambino e la necessità di avviarlo il prima possibile alla maggior varietà di gusti che possiamo proporgli, altri toccano invece la famiglia. Penso ad esempio all'organizzazione in termini di lavoro, ma anche alla comodità del singolo genitore verso un atteggiamento o un altro.

Per la mia personale esperienza, e per quel che sento fare da tantissimi colleghi con cui mi interfaccio, credo che l'attuale tendenza da parte di molti pediatri – e di molte famiglie – sia una via di mezzo tra l'avvio tradizionale dell'alimentazione complementare e quella responsiva (anche nota come "autosvezzamento", per quanto improprio sia il termine).

Tuttavia, anche quando si utilizzi l'approccio più tradizionale (per esempio perché i genitori si sentono a maggior agio con un'indicazione precisa di pappe, di come organizzarle e prepararle) è bene che la famiglia – sottolineo: la famiglia – sia svezzata al più presto da questa modalità, che può esser utile, seppure non in tutti i bambini, nei primi mesi del divezzamento, ma che già verso gli 11-12 mesi dovrebbe lasciar spazio a modalità più interattive di approccio al cibo: piatti più possibile simili, anche se non identici (per quanto detto all'inizio), a quelli del resto della famiglia, separazione di primo, secondo e contorno, salvo che non si mangi tutti un piatto unico come una pasta e legumi, ecc.

Importante è, questo sì, rispettare i limiti quantitativi sopra accennati, e rispettare la fame del bambino, o la sua mancanza di fame: nella maggior parte dei casi il bambino si regola bene da solo, e se smette di mangiare è perché è sazio, anche se a noi può sembrare che abbia mangiato poco.

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