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Pianto del neonato: capirlo e consolarlo

di Emanuela Cerri - 13.09.2008 Scrivici

Il pianto del neonato è la prima forma di comunicazione col mondo e serve per attirare su di se' l'attenzione dei genitori o per mettersi in comunicazione con chi si prende cura di lui

Il pianto del neonato è la prima forma di comunicazione e serve per attirare su di se' l'attenzione o per scaricare un momento di tensione o angoscia.

E' per questi motivi che un bambino molto piccolo piange spesso, a starci bene attenti però, i vari tipi di pianto non sono tutti uguali fra loro.
Se per il neonato il pianto è comunicazione però, per i suoi genitori questo stesso pianto fa rima con angoscia, tensione e mal di testa vari: per gli adulti è sintomo di forte sofferenza fisica o psichica, inoltre, soprattutto nei primi tempi dopo la nascita quando si è ancora inesperti, proprio non si riesce a comprendere il significato di quel pianto.

Non bisogna farsi prendere dal panico, ma piuttosto cercare di capirne la ragione. I motivi di pianto del neonato generalmente sono:
pianto per fame o sete: il pianto è breve o ritmico, sempre più intenso se il bambino non viene soddisfatto;
pianto di dolore: è un pianto disperato, inconsolabile, che può durare a lungo (anche ore), provoca sudorazione e viso paonazzo;
pianto per fastidio: se è stanco o annoiato il bambino piagnucola in modo lamentoso;
pianto per sfogo: a volte il bambino piange prima di addormentarsi. E' un pianto che si attenua a poco a poco e serve a scaricare un po' di tensione.

Se avete capito qual è la necessità del bambino in quel momento, esaudite le richieste in modo da tranquillizzarlo. Se invece non capite il perchè, controllate che non ci sia nulla che possa dargli fastidio: naso chiuso, pannolino sporco, vestiti stretti, poi provate a tenerlo in braccio per consolarlo, in una posizione che gli piace e parlategli sottovoce, mettete un sottofondo musicale dolce.

Crisi di pianto e capricci
I capricci dei bambini possono sfociare in crisi di pianto coleriche, con cui viene espressa la rabbia dovuta a qualcosa che si vorrebbe avere o a qualcosa che si vorrebbe evitare.

Prima dei tre anni, il bambino non è ancora in grado di esprimere verbalmente le sue emozioni, per questo mette in scena pianti lunghi ed estenuanti.
Se il pianto è dovuto a un capriccio e il bambino è ancora piccolo è bene tenerlo in braccio, stretto, in modo che si senta contenuto e non possa eventualmente graffiarsi o farsi del male. Bisogna cercare di stargli vicino, senza cedere però al capriccio perché altrimenti il bambino capirebbe che questo è un buon sistema per ottenere le cose.
Dai tre anni in sù è bene cominciare a insegnare al bambino a dare un nome alle emozioni che prova e quindi a riconoscere e nominare la rabbia, ma anche a contenere le reazioni.

Pianto per stanchezza
Se la giornata del bambino è stata intensa e lui non ha riposato, è facile che scoppi a piangere facendo capricci, dicendo che vuole un cosa e poi rifiutandola.
In questi casi è bene parlare dolcemente ma con fermezza al bambino, dicendogli che ha bisogno di riposare e metterlo a dormire in silenzio e con dolcezza, senza stimolarlo ulteriormente. Il pianto può continuare anche nel lettino, ma in breve si addormenterà.

Pianto per spavento o per dolore
Se mentre sta giocando il bambino cade e si fa male, spesso, più che per il dolore, piange per lo spavento. Infatti, a volte i bambini prima di piangere si girano ad osservare la reazione del genitore: se il viso del genitore è tranquillo allora per il bambino significa che non è successo nulla di grave e magari si rialza e continua a giocare; se il viso del genitore è spaventato allora il bambino scoppia in un pianto disperato.
Per questo è bene mantenere sempre la calma, per trasmettere al bambino tranquillità e serenità (anche se noi ci siamo presi un bello spavento!).

E' importante coccolare il bambino, prendendolo in braccio, anche se è già grandicello, perché in questi momenti i bambini hanno bisogno di tornare un "po' piccolini" e di essere coccolati.  Metodo vecchio come il mondo ma sempre rassicurante ed efficace il bacino sulla ferita o sul bernoccolo e, dopo pochi minuti, basterà dirgli che è tutto guarito e il bimbo tornerà tranquillo a quello che stava facendo.

Piange così tanto da andare in apnea
Può capitare a volte che nel pianto il bambino resti qualche secondo in apnea.
In genere tra i 6 mesi e i 2 anni, in seguito a una crisi di pianto per spavento o per rabbia può succedere che il bambino smetta di respirare anche per una decina di secondi, le labbra diventano bluastre e possono verificasi anche spasmi muscolari. In alcuni casi perde i sensi. Dopo neanche un minuto il bambino riprende a respirare regolarmente.
Non bisogna preoccuparsi eccessivamente perchè non c'è effettivo pericolo, non si creano danni al cervello nè epilessia e il fenomeno scompare spontaneamente entro i 5 anni di età.

Cosa fare:
- adagiare il bambino supino, per aumentare la circolazione del sangue verso il cervello;
- non mettere nulla in bocca al bambino, perchè potrebbe soffocare;
- non scuotere il bambino perchè potrebbero formarsi ematomi nel cervello;
- mantenere la calma e, dopo che è passata la crisi, consolare il bambino accarezzandolo, mostrandosi tranquilli;
- se la crisi è insorta per un capriccio, non cedete al ricatto, altrimenti il bambino potrebbe procurarsi altre crisi per ottenere altre cose.

Chiamare immediatamente il medico se:
- il bambino resta in apnea per più di un minuto;
- rimane incoscente per più di un minuto;
- ha meno di sei mesi e diventa cianotico;
- diventa completamente pallido;

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