L'associazione Bolognanidi lancia l'allarme: i nidi d'infanzia stanno chiudendo e perdono in qualità. Lo dimostra il report sui servizi educativi 2013 redatto dall'associazione che confermano, in accellerata, i dati Istat.
Le notizie che riguardano i nidi variano di anno in anno, ma il contenuto è sempre lo stesso: i servizi languono e le liste d'attesa sono lunghissime, sopratutto nei piccoli centri e nel sud Italia. Da qualche tempo poi si aggiunge l'allarme delle rette troppo alte che diventano un gravoso onere per le famiglie. Per il resto dell'anno vige il silenzio o si torna sul tema solo per raccontare qualche fatto clamoroso.
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L'offerta:
Il nostro paese è indietro rispetto alla copertura d'offerta del 33% che la Comunità Europea ci chiedeva di raggiungere entro il 2010. I nidi sono stati riconosciuti come cruciali per lo sviluppo di un paese sia nel Trattato di Lisbona che in quello di Barcellona, tuttavia la soglia d'investimento in Italia è più basso rispetto ad altri paesi europei e si ferma allo 0,15%.
Il pensiero diffuso:
I nidi sono qualcosa di molto importante per un paese, molto più di quello che siamo portati a credere. Se chiediamo ad un cittadino perché i nidi sono necessari, state certi che la risposta sarà di carattere pratico: "Noi mamme dobbiamo andare a lavorare e come facciamo se i nonni sono lontani? A chi li lasciamo?" Così risponde Lucia V., una giovane mamma trapiantata a Milano e originaria di Palermo. Questa mentalità è radicata. I bambini stanno bene a casa, ma se la mamma è costretta a lavorare il nido diventa una risorsa concreta. Tuttavia è necessario capire cosa sia un buon servizio educativo e quale sia la sua importanza.
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I bambini:
I pedagogisti indicano i tre anni l'età in cui il piccolo comincia una vera socializzazione. Avvalendoci di questo dato riteniamo che per il bambino non sia importante la frequentazione di una struttura dove si possono incontrare altri bambini perché "...tanto iniziano a giocare dai tre anni...", ma prima dei tre anni le cose che i bambini possono imparare, vivendo in comunità, sono davvero molte: non ultima la condivisione. "Imparare la condivisione, condividere giochi, attenzione e spazi è un apprendimento delicato che se affrontato bene aiuta a formare una buona consapevolezza del sé", racconta Daniela, educatrice di nido da oltre 30 anni. I servizi educativi sono un luogo dove si acquista la consapevolezza dell'altro e si impara l'autonomia: abbandonando il pannolino, lavandosi le manine, indossando i primi indumenti, imparando a gestire la pappa e a condividere un gioco con tanti altri bambini magari molto diversi per razza, cultura e modi. Si tratta di un passaggio impegnativo per tutti, anche per i genitori. Un passaggio che se fatto in modo sano è di grandissima importanza.
I bambini che frequentano un buon servizio ottengono migliori risultati a scuola e abbandonano meno frequentemente gli studi. Il nido risulta essere uno dei migliori luoghi di integrazione per le persone con fragilità sociali, sia in termini di risultati che di efficienza nell'utilizzo delle risorse economiche da parte di chi organizza il servizio.
I servizi e le donne
Secondo un documento del Cnel a cura dell'economista Daniela Del Boca la nascita di un figlio nella vita di una donna è una delle prime cause d'abbandono del lavoro. Le donne italiane sono le meno produttive nel campo del lavoro, e anche le meno feconde. Siamo una nazione che non cresce. Una donna su cinque esce dal mondo del lavoro dopo la nascita del primo figlio, la media aumenta a una su tre dopo il terzo figlio.
L'importanza dei nidi
In quest'ottica crediamo si possa e si debba prestare molta attenzione alla salute dei nidi in quanto importanti equalizzatori sociali, capaci di sostenere le donne, la crescita demografica, quella economica, e sopratutto capaci di migliorare il benessere del bambino.
Quanto dovrebbe costare veramente frequentare l'asilo nido?
La normativa
Fin dalla nascita i nidi sono stati servizi a domanda individuale normati dalle Regioni e gestiti dai Comuni. Il quadro normativo non aiuta, sia perché i Comuni stanno attraversando un momento di forte crisi, dovuto anche i limiti che impongono il patto di stabilità, sia perché il federalismo fiscale che potrebbe aiutare a trovare risorse, presenta molti problemi di attuazione e per il momento non consente di valutare e programmare gli investimenti.
I costi
Oltre l'80% della spesa per i servizi la fanno i lavoratori. Negli ultimi anni i Comuni hanno adottato sempre più la pratica della convenzione e della concessione a privati. I servizi rimangono così di responsabilità del pubblico che li governa, mentre la gestione passa ad altri: cooperative, associazioni aziende speciali ecc. In tal modo è stato possibile produrre ad una contrazione dei costi derivati però quasi totalmente dall'abbassamento degli stipendi dei lavoratori (fino al 20% della busta paga).
Pubblico e privato: gestioni dirette e non
I servizi a gestione indiretta devono sottostare alle stesse normative regionali dei servizi a gestione diretti. Ciò dovrebbe garantire la medesima qualità, ma nei fatti non risulta sempre possibile. I servizi indiretti sono meno controllati o controllati con preavviso. Si tenga presente poi che i margini di guadagno dei privati sono quasi sempre bassi e la necessità impone di risparmiare su tutto. "L'ultimo anno di nido dovevo far bastare quattro pasti a sei bambini. Sei pasti per sei bambini erano spesso un'esagerazione spiega Rossella P. (un'educatrice) ma quattro per sei è davvero troppo poco." Il contratto di Rossella, citiamo un esempio tra moltissimi, è a progetto, si chiude ogni fine mese con uno stipendio di ottocento euro al mese (parte in nero) ferie e malattie non pagate. "La responsabilità c'è, perché si tratta di accudire sette bambini dai sei mesi ai tre anni. Nella maggior parte della giornata sono sola, ad esclusione del momento del pasto. Spesso però, e sempre per questioni di risparmio, non era presente la seconda operatrice. Dopo tre anni di questa vita e senza sbocchi nel pubblico che offrirebbe delle possibilità contrattuali buone, sono costretta a lasciare il lavoro, nonostante mi piaccia e abbia investito tempo e ed energie conseguendo una laurea." Molto spesso i nidi in convenzione non dispongono di cucine interne. La pappa viene fornita da mense che forniscono i pasti. Il nido pubblico invece spesso ha cucine interne dove le pietanze vengono preparate e servite al momento. Oltre che ad un discorso nutrizionale, che ovviamente vede con favore la cottura e l'immediata somministrazione dei pasti, c'è anche un discorso educativo importante. La cucina interna è una spesa. Esige lavoratori interni che rivestono il ruolo del collaboratore. "Noi facciamo un po' il lavoro della mamma racconta Tiziana, collaboratrice da oltre venticinque anni rassettiamo, potiamo gli alberi in giardino, laviamo le lenzuola, cuciniamo, facciamo manutenzione ordinaria e aiutiamo le educatrici durante i momenti più intimi della giornata, quando i bambini si svegliano, durante i pasti che sono a metà mattina, a pranzo e a merenda. Interveniamo anche nei momenti in cui il piccolo si fa male, o nei momenti particolari che si possono creare durante la giornata."
L'altra tendenza che avevamo solo tratteggiato in apertura è l'aumento delle rette. Nel 2010 il Comune di
Lecco
, secondo un'indagine dell'associazione CittadinanzAttiva, è risulto il più caro in termini di tariffazione: quasi seicento euro al mese di retta. Questa impennata delle rette a carico dei genitori ha creato un abbassamento della domanda e conseguente chiusura delle strutture. Attualmente i nidi comunali sono sufficienti e hanno azzerato le liste d'attesa. La retta mensile (nelle fasce Isee più alte), va oltre i seicento euro, contro le ottocento dei privati, e il lavoro sta diminuendo. La stessa storia si è ripetuto curiosamente nel comune di
Portofino
, dove il nido ha chiuso per mancanza di iscritti. In provincia di
Macerata
, una della zone più colpita dalla crisi, si sono avviati corsi per le mamme disoccupate, che dopo la frequentazione di un corso di qualche ora possono ospitare bambini dai tre mesi fino ai tre anni nei loro appartamenti. Un modo, secondo le politiche territoriali della zona, di incentivare l'occupazione. Un modo, aggiungiamo noi, di offrire un servizio di minor qualità a costi inferiori. Esempi di questo tipo ce ne sono molti. Anche
Bologna
, da sempre attenta ai servizi e città riconosciuta a livello nazionale, ha chiuso in un anno tre nidi privati in convenzione per le stesse problematiche di spesa. Eppure, se la tendenza è questa, ci sono comunque Comuni che sembrano investire. E' il caso di
Trieste
, che a settembre ha aperto una nuova struttura in città. Se al nord si chiude e si abbassa la qualità, al sud dove fino ad ora non c'è stata molta offerta si va anche in direzione di nuove aperture con lo slancio dovuto anche ad un recente finanziamento (governo Monti).
La Regione Abruzzo quest'anno ha reso pubblico l'avviso "Nido Anch'io" che prevede quasi un milione e mezzo a favore di circa 23 comuni per sostenere i costi dei servizi nel tentativo di contenere le liste d'attesa. Le liste d'attesa nella capitale sembrano fisiologiche, tanto che a settembre non trovano posto 996 bambini al nido (dati di agosto) e 1262 alle scuole d'infanzia. Sul sito dell'Associazione Bolognanidi potrete trovare in dettaglio la situazione nelle diverse regioni.
Conclusioni
Tutto ciò che chiude è difficile che riapra, e ciò che è nato abbassando la qualità sarà difficilmente migliorabile in corso d'opera. Per mantenere in vita i servizi e avere un alto standard qualitativo è necessario un investimento economico da parte dallo Stato. Crediamo poi sia altrettanto urgente un'ampia campagna di sensibilizzazione sull'utilità e la necessità dei servizi. Far conoscere ai cittadini l'importanza dei servizi è fondamentale per poterli tutelare, ma crediamo che anche il mondo politico, che spesso legifera rispetto al settore, dovrebbero avviare un serio dibattito e un percorso conoscitivo rispetto alla questione. I nidi sono da sempre strumentalizzati durante le campagne elettorali, e purtroppo poco sostenuti dopo. Capirne le difficoltà e coglierne l'importanza sono questioni altrettanto urgenti quanto quelle di reperimento di nuove risorse economiche
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